La decisione della World’s 50 Best Restaurants di spostare la cerimonia 2022 da Mosca a Londra a causa del conflitto potrebbe essere solo il primo passo verso la rinuncia all'alta cucina per la Russia, dopo gli investimenti degli ultimi anni.
La Russia negli ultimi 5 anni ha lavorato duramente per scrivere il proprio nome nel mondo del fine dining ma ora sta mandando tutto all'aria. Una delle conseguenze (tra le più trascurabili a dire il vero) dell'invasione dell'Ucraina è la parola fine a tutti gli sforzi fatti dagli chef per imporre l'alta cucina russa agli occhi del mondo. La ciliegina sulla torta sarebbe dovuta arrivare a luglio, con la presentazione della World’s 50 Best Restaurants 2022 a Mosca, ma la più influente classifica del pianeta ha deciso di spostare la sede della cerimonia a Londra. Una dura presa di posizione comunicata con tempestività, all'indomani dei primi bombardamenti fatti dalle forze armate russe. La 50 Best ha annunciato su Twitter la propria decisione disattivando i commenti al post: non ha commentato la scelta, ha solo comunicato la nuova sede (forse anche per semplici incombenze organizzative).
La Russia ha fatto il suo ingresso sul palcoscenico del fine dining grazie ad Anatoly Komm nel 2011: uno chef stravagante che ha portato la cucina molecolare a Mosca e che ha piazzato il suo Varvary, un bellissimo ristorante nei pressi del Cremlino, al 48° posto della World’s 50 Best. Dopo la chiusura si è trasferito in Svizzera e per molti anni è stato l'unico cuoco russo presente su una Guida Michelin.
Il 2019 è stato l'anno d'oro per la ristorazione russa: ben cinque ristoranti si piazzano nella World’s 50 Best, il White Rabbit (numero 13), il Twins Garden (19) e il Selfie (65) a Mosca, e l'Harvest (#92) e il CoCoCo (#104) a San Pietroburgo. Nel 2021 arriva perfino al Guida Michelin, con la Russia che diventa il trentatreesimo Paese al mondo a essere inserito nel circuito più iconico dell'alta cucina.
I risultati importanti ottenuti dai cuochi russi hanno costretto i ristoratori del resto del mondo a fare uno scatto mentale: per anni i russi sono stati visti come dei bancomat ambulanti, i clienti perfetti in grado di spendere cifre esorbitanti e mantenere in vita ristoranti ben lontani dalla sostenibilità economica. All'improvviso non è stato più così perché gli imprenditori hanno cominciato a spendere (anche) in casa propria. Nella sola Mosca ci sono oltre 15 mila ristoranti, la maggior parte dei quali costretti a usare solo prodotti locali dalle leggi imposte da Putin anni fa: il White Rabbit di San Pietroburgo, 25° ristorante al mondo con Vladimir Mukhin, ha basato tutta la propria potenza su questo tema. In che modo direte voi? Siamo abituati a pensare alla Russia come una terra ostile e difficile, in cui non si produce nulla ed è vero, nell'accezione mediterranea di "produzione agroalimentare". In realtà ci sono prodotti di mare eccezionali come il beluga del Caspio, le trote della Carelia, le tinche di Arkhangelsk che arrivano dai mari e dai laghi della Russa, prodotti che sono usati da sempre nell'alta cucina di tutto il pianeta.
Le leggi di cui abbiamo parlato sono le controsanzioni che Putin ha applicato nel 2014 su frutta, verdura, carne, pollame, pesce e formaggi importati da Stati Uniti ed Europa: anziché abbattere la tempra dei cittadini, le imposizioni hanno spinto i produttori locali a reagire di conseguenza, tirando fuori dei prodotti di assoluta eccellenza. Uno dei motivi che ha spinto la Michelin a puntare su questo Paese, stando a quanto dice il direttore mondiale della guida, è stato proprio questo: "Gli ispettori sono stati sedotti in particolare dall'altissima qualità dei prodotti locali. La Russia è una meravigliosa espressione della natura: dalle coste del mare ai boschi selvaggi, dalle erbe aromatiche al pesce di prim'ordine… Ci sono tante scoperte da fare".
Oggi tutto questo è saltato in aria: la decisione di spostare la sede dalla World’s 50 Best Restaurants 2022 da Mosca a Londra sarà solo la prima, oscura, conseguenza della guerra in Ucraina sulla ristorazione russa. Con l'import e l'export bloccati dalle decisioni degli Stati membri della NATO, tutto il fine dining russo potrebbe tornare indietro, fino ai tempi della Guerra Fredda.