Lo studio dell’Università di Utrecht offre una prospettiva interessante sul legame tra fame e processi decisionali. I risultati evidenziano come il nostro stato fisiologico influenzi profondamente il modo in cui elaboriamo le informazioni e scegliamo tra le opzioni disponibili.
Quando si tratta di prendere decisioni importanti, il consiglio potrebbe sembrare paradossale: meglio affrontarle a stomaco vuoto. Questa inusuale teoria, supportata da una ricerca condotta dall'Università di Utrecht, in Olanda, e pubblicata sulla rivista scientifica PLOS One, suggerisce che la fame, invece di offuscare la mente, possa effettivamente migliorare la capacità decisionale.
Pensare che la fame possa affinare il nostro giudizio sembra strano, considerando che, in uno stato di privazione alimentare, la nostra attenzione tende a concentrarsi su una soluzione immediata, come addentare un hamburger anziché optare per l'insalata portata da casa. Tuttavia, secondo i ricercatori olandesi, la fame mantiene alto lo stato di arousal (o allerta), una condizione psicofisiologica che favorisce risposte rapide e intuitive. Questo stato di attivazione potrebbe aiutarci a evitare di cadere nella trappola di ragionamenti eccessivamente elaborati, spingendoci verso scelte che, seppur intuitive, risultano spesso più vantaggiose.
Per testare questa ipotesi i ricercatori hanno reclutato 81 studenti universitari, sottoponendoli a esperimenti che misuravano la loro capacità di prendere decisioni in condizioni di fame o sazietà. Tutti i partecipanti hanno digiunato durante la notte precedente al test. Al mattino, metà di loro ha ricevuto uno yogurt denso e nutriente per placare l’appetito, mentre agli altri non è stato offerto nulla. Questa distinzione ha permesso di creare due gruppi con livelli di fame nettamente differenti.
I partecipanti sono stati coinvolti in tre compiti distinti. Due di questi prevedevano lo svolgimento dell’Iowa Gambling Task, un classico test psicologico che simula le dinamiche del gioco d’azzardo per studiare i processi decisionali. Il terzo compito consisteva in un questionario volto a valutare la capacità di posticipare una gratificazione immediata in favore di una ricompensa maggiore a lungo termine, come scegliere tra ricevere 27 euro subito o 50 euro dopo tre settimane.
I risultati dello studio hanno rivelato che i partecipanti affamati si sono distinti in entrambi i test dell’Iowa Gambling Task. Questo compito presenta ai soggetti quattro mazzi di carte, due "buoni" e due "cattivi". I mazzi buoni offrono guadagni più piccoli ma costanti e penalità minime, mentre quelli cattivi garantiscono ricompense elevate ma anche perdite maggiori. Gli studenti affamati hanno dimostrato una sorprendente capacità di individuare rapidamente i mazzi più vantaggiosi, scegliendo strategie che, a lungo termine, garantivano risultati migliori. Anche nel questionario sulla gratificazione differita, i partecipanti affamati hanno mostrato una maggiore propensione a preferire ricompense più significative a lungo termine, dimostrando una capacità decisionale più razionale rispetto ai colleghi sazi.
Gli scienziati concludono che la fame potrebbe favorire decisioni più intuitive e spesso migliori, grazie a un sistema cognitivo più focalizzato sugli obiettivi principali. A stomaco pieno, invece, si tende a ponderare troppo, rischiando di rimanere intrappolati in analisi eccessivamente complesse. Tuttavia, questo vantaggio non è universale: se da un lato la fame migliora le capacità di risolvere problemi pratici, dall’altro potrebbe ostacolare il controllo su desideri immediati, come seguire una dieta o resistere alla tentazione di una sigaretta.