Come e perché si formano gli archetti all'interno del nostro calice di vino? Qual è il motivo della loro presenza e come riconoscere un prodotto più o meno alcolico osservando le cosiddette lacrime?
Ci avete mai fatto caso? Li avete mai notati quegli archetti che si formano sui bordi interni del calice quando facciamo roteare un vino, sia esso indistintamente bianco o rosso? Sapete il motivo per il quale si formano, cosa indica la loro presenza, perché in alcuni casi il loro numero varia e sono più o meno distaccati l'un l'altro? Andiamo a scoprire qualcosa in più sul mondo del vino, facendoci anche aiutare dalla scienza (professori perdonateci, noi proveremo a semplificare i concetti), spiegando tutto ciò che riguarda questi misteriosi archetti.
La formazione degli archetti all'interno del calice è, di fatto, tutta una questione di chimica. Probabilmente pochi di noi l'avranno studiato ai tempi della scuola ma bisogna considerare l'Effetto Marangoni per spiegare la presenza di questi archetti sul vetro.
Partiamo innanzitutto dalla composizione del vino: esso è formato per lo più da acqua e alcol etilico (anche detto etanolo), ovviamente in percentuali differenti. Basti pensare come la quantità della prima si aggiri attorno all"80% del totale. Queste componenti evaporano a velocità diverse ed è l'alcol a farlo per primo. Roteando il bicchiere più o meno velocemente (sarebbe comunque preferibile in maniera più lenta) permettiamo all'alcol di toccare una superficie maggiore del calice e tale processo ne facilita l'evaporazione. Questo è alla base anche degli odori sprigionati dal vino, ‘trasportati' proprio dall'alcol che, in quanto sostanza volatile, permette a loro di fuoriuscire e a noi di poter effettuare una migliore analisi olfattiva.
La formazione degli archetti, proviamo a farla semplice, è dovuta a una reazione chimica formulata dal fisico italiano Carlo Marangoni. Teniamo in considerazioni le differenti tensioni superficiali (vale a dire la forza con la quale le particelle di un liquido, su una superficie esterna, si attirano l'un l'altra) delle componenti del vino. L'acqua ha una tensione superficiale maggiore rispetto, per esempio, all'alcol che, evaporando, permette di accrescere la tensione superficiale del liquido. Fatto sta, roteando il bicchiere si forma un anello più o meno spesso di liquido sulle pareti del bicchiere. Un anello tanto più denso e spesso quanto maggiore è la presenza di alcol nel vino. Questo anello, come l'abbiamo definito, a un certo punto diverrà talmente pesante da cedere alla forza di gravità: è in questo momento che alcune gocce si staccheranno da tale strato per discendere verso il fondo del bicchiere, dando vita ai cosiddetti archetti. Più o meno numerosi e più o meno distanziati tra loro. E anche per queste differenze c'è una motivazione precisa.
Girando lentamente il vino nel calice permettiamo quindi la formazione dell'anello sopra citato, con le gocce che iniziano a scendere in maniera più o meno distanziata. Se gli archetti risultano particolarmente ravvicinati questo è sinonimo di una gradazione alcolica particolarmente alta del vino stesso. Se invece le gocce (in Francia chiamate ‘lacrime') scendono maggiormente lontane l'una dall'altra (o del tutto assenti, in alcuni casi), allora il vino è poco alcolico, al di sotto almeno dei 13 gradi. Anche la velocità con la quale le gocce calano dopo la roteazione indica il diverso grado alcolico: più lenta sarà la discesa, più alta sarà la gradazione. In caso di super alcolici come per esempio le grappe, infatti, si formerà un anello particolarmente spesso con gocce lente a discendere e molto ravvicinate tra loro.
Quindi facendo delicatamente roteare il vino nel calice, tramite la sola analisi visiva, possiamo capire se stiamo bevendo qualcosa di più o meno alcolico. Si sta parlando, ovviamente, in maniera generale: nello specifico infatti pur usando il medesimo tipo di calice con all'interno lo stesso vino, gli archetti possono formarsi differentemente. Il motivo? Il modo in cui il bicchiere è stato precedentemente trattato e lavato: così come per la birra e i merletti di Bruxelles, infatti, la pulizia del boccale (o in questo caso del calice) influisce sulla formazione di questi residui sul vetro. Se la superficie interna insomma non è pulita o risciacquata a dovere la formazione degli archetti potrebbe essere pregiudicata o falsata. Una cosa comunque è certa: la presenza o meno degli archetti e il loro numero non sono indicativi della qualità del nostro vino.