Creare delle aree marine protette in cui non si può pescare aiuterebbe i pescatori e combatterebbero i cambiamenti climatici: lo confermano due importanti studi.
Può sembrare un controsenso ma non lo è, abbiamo le prove: vietare la pesca e tutte le attività che impattano l'ecosistema marino aiuterebbe tutti, pescatori compresi. Gli americani direbbero che con questo sistema si otterrebbe una "win-win", ovvero una situazione in cui tutti ottengono il risultato sperato senza dover fare compromessi. Questo perché bloccare la pesca, aiuta la pesca e oltre a questa attività ne beneficerebbero l'ambiente e il turismo. In realtà questo principio sarebbe antichissimo, su questo si basano le stagioni di divieto di pesca e caccia, ma gli studi vanno oltre e si concentrano sull'importanza di creare delle vere aree protette di grandissime dimensioni.
Ci sono due recenti studi pubblicati su due portali celeberrimi come One Earth e Science che confermano questa ipotesi: la protezione del mare paga. Il primo studio è stato effettuato sulle riserve marine dai ricercatori della Ocean-Climate Platform dello Stockholm Resilience Centre dell’Università di Stoccolma e conferma l'importanza delle aree naturali protette. Lo studio è stato fatto su base statistica analizzando decine di migliaia di articoli scientifici e 241 zone protette in giro per il mondo: è emersa tutta l'importanza della biodiversità e l'incidenza sulla quantità e sulla qualità del pesce. I riscontri non riguardano solo i prodotti ittici e le nostre tavole: migliora la temperatura dell'aria, la stratificazione dell'acqua e tutto ciò contribuisce alla cattura della CO2 da parte del mare.
L'articolo di Science si concentra invece sulla gigantesca Papahānaumokuākea Marine National Monument, alle Hawaii, e sui pesci che transitano in zona. Solitamente gli studi riguardano gli animali stanziali, come aragoste e altri crostacei, questi ricercatori hanno invece preso ad esame le specie di tonni ad alto valore commerciale (come il celebre pinne gialle) che passano dalla zona della riserva perché al centro delle rotte migratorie. La pesca è aumentata del 54% per il pinne gialle e del 12% per i tonni obesi non solo nella zona della riserva ma fino a 100 miglia nautiche (oltre 185 chilometri di diametro). Anche la pesca di altre specie è aumentata e per gli autori tutto questo è un merito della riserva che incrocia le rotte dei tonni. Secondo gli scienziati questo esempio dovrebbe spingere altri Paesi del mondo a istituire più zone protette così da migliorare la nostra situazione climatica e la pescosità dei mari.
Proprio in virtù di quanto emerso dagli studi la comunità scientifica chiede a gran voce l'istituzione di un'area protetta che circondi l'Antartico con tassativo divieto di pesca. L'ecosistema della zona è tra i meglio conservati al mondo e da questo equilibrio dipendono molte delle sorti del nostro pianeta. Qui si sviluppano i krill, tanti uccelli marini, moltissime specie di pesci e microrganismi oltre alle foche. Anche se pensiamo a questa zona come un paradiso incontaminato in realtà non è così: da oltre 40 anni c'è un'incosciente pesca intensiva soprattutto del merluzzo antartico e del krill che mette in pericolo tutta la regione e contribuisce ai cambiamenti climatici. Istituire questa "corona" protettiva intorno all'Antartico sarebbe fondamentale per salvaguardare l'intera alimentazione mondiale.
Una riserva esiste dal 2016 ed è anche molto grande (oltre un milione di chilometri quadrati e un divieto di pesca fino al 2052) ma l'area è ancora troppo ristretta per avere un effetto concreto sui cambiamenti climatici che si stanno abbattendo su tutti noi.