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9 Gennaio 2021 15:00

Un ex McDonald’s trasformato in fast food sociale: la storia dell’Apres M

Un McDonald's in liquidazione trasformato in un avamposto di solidarietà in uno dei quartieri più poveri di Francia. Ad inizio 2020 gli ex dipendenti, i produttori e i ristoratori locali hanno cominciato a donare pacchi alimentari, da fine dicembre hanno fatto il passo successivo con hamburger vegani, pasti caldi e scuole di specializzazione per i meno abbienti.

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La storia dell'Apres M comincia con un fallimento, quello del McDonald's aperto a Saint-Barthélémy, uno dei quartieri più complicati di Marsiglia, dove il tasso di povertà è superiore al 40%. Gli ex dipendenti e gli abitanti della zona, dopo la chiusura del fast food, si sono rimboccati le maniche e hanno ideato un progetto di ristorazione solidale. Partiti con le donazioni dei pacchi alimentari, oggi hanno organizzato pasti caldi (ed ecologici) da distribuire ai meno abbienti e corsi di formazione per gli abitanti del quartiere.

L'unico segno di continuità col passato è rappresentato dalla caratteristica "emme" gialla, gli archi dorati che hanno fatto innamorare Ray Croc, ideati da Dick e Mac McDonald, per il resto è tutto diverso, tutto rivoluzionato. Oggi l'insegna recita "L'Apres M", che letteralmente si traduce con "dopo la M", a comprendere tutto ciò che verrà dopo il fast food che ha lasciato senza lavoro 50 dipendenti.

Cos'è L'Apres M

Un progetto, un'idea, una volontà di fare qualcosa di diverso. Questo è L'Apres M secondo l’ex parlamentare europeo, attivista, sindacalista ed esponente del movimento no global José Bové, uno degli organizzatori del locale. L'ecologo ha detto a Made in Marseille di come "questo luogo possa diventare un simbolo". Il progetto "va oltre questo quartiere o Marsiglia, perché se qui è possibile, sarà possibile ovunque". Bové chiede poi a McDonald's Francia di vendere i suoi locali di Saint-Barthélémy a un euro, come gesto simbolico che faciliti il progetto del fast food locale.

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L'Apres M ha "aperto" donando 1000 pasti, mettendo insieme un banco alimentare, una mensa tradizionale e uno spazio formativo finalizzato all'inserimento di persone svantaggiate nel mondo del lavoro. La distribuzione dei pacchi alimentari è cominciata qualche mese fa perché la fase embrionale del "post fast food" è partita in primavera, poco dopo il primo lockdown in Francia. Da fine dicembre i volontari hanno organizzato i primi menu a base di hamburger biologici o vegani, distribuiti ogni lunedì. Purtroppo però, dicono sulla pagina Facebook gli organizzatori, "ogni lunedì è peggiore perché si presentano più persone affamate, disperate e senza opportunità lavorative". Tutto il materiale per i pasti è fornito gratuitamente dai ristoratori e dai produttori locali che si sono messi a disposizione anche per la cucina e la distribuzione del cibo.

L'iniziativa ha avuto grande risonanza in Francia Meridionale tant'è che La Provence, una delle riviste più lette della nazione, ha inserito L'Apres M tra le imprese più importanti del 2020, anche davanti all'Olympique de Marseille, la squadra di calcio della città. A tal proposito le organizzazioni che si occupano del fast food sociale hanno invitato la società calcistica a partecipare al progetto, purtroppo non c'è stata ancora risposta del club allenato da André Villas-Boas.

Ma perché il McDonald's aveva aperto in una zona povera?

L'Apres M è un'iniziativa di fast food solidale meravigliosa, un unicum mondiale fino a questo momento ma la domanda sorge spontanea: perché l'azienda di San Bernardino ha pensato di aprire in una zona devastata dalla povertà? Perché storicamente il junk food prolifera tra i poveri. L'Organizzazione Mondiale della Sanità nel corso degli anni ha fatto degli studi dimostrando che questi alimenti vengono consumati specialmente nei Paesi in via di sviluppo. Le scarse risorse economiche non permettono di acquistare del cibo salutare, molto più costoso, e qui si fanno strada il cibo industriale e le catene di fast food.

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Il The New England Journal of Medicine ha spiegato che il cibo spazzatura sta spopolando perché trattasi di prodotti ricchi di grassi, zuccheri e sale che conquistano soprattutto i bambini e che sono disponibili a prezzi totalmente accessibili. Uno degli esempi portati dalla rivista scientifica sono le Favelas di Fortaleza, nel nord del Brasile: qui negli ultimi 10 anni il numero degli obesi è aumentato del 20%; ogni anno viene diagnosticato il diabete di tipo 2 a 300 mila persone. Tutti sintomi della cattiva alimentazione e del sovrappeso che dilaga nelle favelas.

Il legame tra basse condizioni economico-sociali e obesità è presente anche nel nostro Paese, soprattutto nel Mezzogiorno. Si stima che un terzo della popolazione italiana sia sovrappeso; una persona su dieci è obesa; nel 6% dei casi l’eccesso di peso è causa di morte prematura.

I fast food hanno offerto l'esperienza del mangiare al ristorante a un prezzo irrisorio, avvicinando le persone povere a questo piacevole passatempo. Se all'inizio della sua storia i benefici morali sono stati più che onorevoli, (poteva essere visto come un livellatore sociale), ormai la presenza dei fast food in zone povere è solo un altro sintomo del degrado sociale del territorio.

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Quello che i piatti non dicono
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