Kombu, wakame, nori, le varietà più famose e vendute di alghe. Come usare le alghe in cucina, la loro storia e tutte le proprietà di un vero e proprio super food.
A mare le odiamo, le evitiamo e nonostante tutto, ce le ritroviamo attaccate addosso all'uscita dall'acqua, un incubo: parliamo delle alghe, molto più di un filamentoso residuo del mare. Si tratta di un vero e proprio alimento universale, che ci accompagna da sempre. Negli ultimi anni sono state annoverate tra i "cibi del futuro" come gli insetti, ma in realtà gli esseri umani mangiano le alghe fin dalla notte dei tempi. In alcune culture questa tradizione è rimasta invariata, come in Cina, Corea o Giappone, in altre un po' meno: in Occidente solo alcuni popoli del Sud Europa hanno continuato a sfruttare questa incredibile risorsa marina. Vediamo allora quali sono le alghe commestibili migliori al mondo e come possiamo usarle in cucina.
È impossibile parlare di una storia delle alghe in cucina perché di fatto non ha un vero inizio. Le alghe sono state uno dei primi alimenti dei nostri più lontani antenati. Non parliamo delle solite civiltà antiche, parliamo letteralmente dei primi ominidi sulla Terra. Le alghe sono state raccolte e consumate dalle popolazioni costiere di tutto il mondo e sono tra le più antiche forme vegetali viventi ancora oggi. La cosa sorprendente è che queste verdure sono rimaste sempre uguali a loro stesse nel corso dell'evoluzione, portandoci a due ragionamenti molto affascinanti:
Nel corso dei secoli le civiltà che affacciano sul mare hanno imparato a sfruttare questo alimento dalle ricchissime proprietà alimentari: le alghe contengono tante vitamine, sali minerali, hanno proprietà antiossidanti e depurative, hanno un alto contenuto proteico e un'irrilevante dose di calorie. In Occidente hanno trovato una nuova linfa vitale a partire dagli anni Ottanta ma sono molto poche le ricette tradizionali che hanno questo prodotto come protagonista. Discorso diverso in Oriente: da sempre il Giappone è il primo consumatore e primo esportatore di alghe del pianeta. Ancora oggi la maggior parte del prodotto viene dalle coste dell'arcipelago nipponico, ma molti Paesi europei si stanno mettendo al passo, soprattutto la Francia, la nazione da cui è ripartita la lunga corsa dell'alga in cucina.
Il piatto più famoso a base di alghe della nostra cucina è uno squisito antipasto napoletano, uno degli street food più amati: le zeppoline di alghe. Si tratta di una "pasta cresciuta" arricchita da alghe verdi commestibili, poi fritte in abbondante olio di semi, una vera delizia. In realtà le alghe sono protagoniste di diversi piatti della tradizione italiana e non, quasi sempre in preparazioni piuttosto leggere. Troviamo delle insalate nella zona del delta del Po ad esempio e diversi usi in frittura nella cucina pugliese. Restano un qualcosa di nicchia, in disuso, ma grazie allo sforzo di alcuni chef molto importanti, anche le persone comuni stanno imparando ad apprezzare queste verdure. Vediamo le tipologie più importanti.
Cominciamo proprio dall'alga usata per le zeppulelle: la lattuga di mare è un'alga commestibile fatta essiccare e ridotta in fiocchi. Tipica del Mediterraneo e dei mari più freddi, è molto usata anche in Giappone dove prende il nome di aosa. In Scozia si trova tra le scogliere delle Highlands e viene usata in un modo molto curioso: d'estate in una classica insalata, d'inverno in una zuppa simile alla minestra maritata, con carne e verdure. Molto curioso anche l'uso che se ne fa in Scandinavia, Irlanda e nel Sud-Est Asiatico perché in questi Paesi si mangia cruda, in purezza, come una lattuga "classica". In Italia l'uso più comune è per le frittelle di alghe partenopee. Purtroppo quest'alga è sempre più difficile da trovare nelle pescherie e prolifera l'importazione da mari lontani, favorendo il prodotto surgelato rispetto al fresco anche nei ristoranti. Non a caso è sempre più raro trovare le zeppoline di alghe nei menu delle grandi pizzerie, zeppole che sono state il must degli antipasti di questo tipo di ristorazione. La difficile reperibilità ha fatto propendere i pizzaioli più accorti verso le paste cresciute classiche, senza lattuga di mare. Perché sono diventate così rare? A causa del cambiamento climatico: la lattuga di mare è tipica del Mediterraneo ma necessita comunque di una temperatura piuttosto bassa. Purtroppo la temperatura dei nostri mari è aumentata di oltre un grado, cifra che può sembrare bassa ma che in realtà è preoccupante.
L'alga rossa siciliana ha, giustamente, un nome siciliano: ‘u mauru, che in catanese vuol dire "magro". Non è il nome scientifico dell'alga ma ormai tutti la conoscono così ed è talmente identitario da dare il nome anche alla pietanza per cui è usata. ‘U mauru a Catania è infatti un'insalata a base di quest'alga rossa condita con sale e limone. Non molti lo sanno ma in realtà questo "mauru" è una sorta di "curry" di alghe, un insieme di più varietà che crescono in simbiosi e che vengono raccolte tutte insieme. Se siete biologi marini magari le potete pure vedere le differenze ma vi assicuriamo che per i "comuni mortali" questo è impossibile, sia alla vista sia al gusto. Se siete proprio curiosi, le tipologie sono quattro e il loro nomi scientifici sono Chondrus crispus, Calliblepharis jubata, Grateloupia filicina, Gigartina acicularis.
Tipologia di alga molto particolare, quasi misteriosa: per crescere ha bisogno di tantissimo tempo e di un mare gelido, non a caso viene da Hokkaido, parte settentrionale del Giappone, a due passi dalla Russia. È uno dei principali elementi del ramen perché è una buona fonte di acido glutammico, l'amminoacido responsabile del gusto umami. Le proprietà organolettiche dell'alga kombu sono davvero uniche perché oltre all'umami è ricca di fibre e iodio: questo minerale è fondamentale per la crescita e lo sviluppo (ed è per questo che le alghe kombu sono più grosse delle altre alghe) ma ne contengono così tanto da causare gravi problemi alla tiroide in Giappone. Questa materia prima è molto discussa in patria proprio per le controindicazioni: in abbinamento a un consumo regolare di soia, l'ipertiroidismo è praticamente inevitabile. In una dieta equilibrata come quella mediterranea, la kombu è invece consigliatissima proprio per queste proprietà. Occhio all'uso che ne fate in cucina: è un vero esaltatore di sapori, una sorta di "doping" per i vostri piatti, se ne usate troppa avrete l'effetto contrario e la pietanza sarà immangiabile. Piccolo segreto a margine: l'alga kombu è l'unico ingrediente che viene espresso in centimetri nelle ricette giapponesi e non in peso (solitamente ogni foglio è lungo 10 centimetri).
Questa alga è la naturale congiunzione tra due Paesi distanti, uniti dalle nefandezze della storia: cresce nel Pacifico, in particolari condizioni che si ritrovano non solo Giappone ma anche in Perù. Va da sé che l'alga arame sia diventata nel corso del Novecento uno degli ingredienti fondamentali della cucina nikkei. Solitamente usate come contorno, quest'alga è da condire con olio di sesamo e da abbinare agli ortaggi (consigliamo carote e cipolle). È un prodotto molto indicato per l'alimentazione sportiva grazie alla capacità ipotensiva e all'alto contenuto di potassio. In Giappone solitamente viene abbinata a ingredienti leggeri e dal sapore un po' scarico come seitan, tofu o l'immancabile riso gohan.
Premesso che anche quest'alga si può trovare in Giappone (lì si chiama darusu) con l'alga dulse torniamo in Europa. La principale fonte di approvvigionamento di questo ingrediente è il Regno Unito, seguito dal Maine negli Stati Uniti e dalla Francia. È un'alga florida nell'Oceano Atlantico, nei mari più freddi, e trova terreno fertile sulle coste d'Irlanda e UK. L'alga dulse è una delle più consumate e apprezzate dell'antichità, come fosse un energizzante a basso costo, tra le popolazioni celtiche: fa parte della razione quotidiana data ai guerrieri celti prima nelle lotte intestine, poi per combattere gli invasori dell'Impero Romano. Anche i vichinghi hanno mangiato a lungo questo vegetale e se ne trovano tracce in Islanda, Norvegia e Alaska. A partire dal XVII secolo e fino al Novecento è stato uno dei prodotti più ambiti della East Coast americana, compreso il Canada ma, come in tutto l'Occidente, è caduta in disuso alla fine della Seconda guerra mondiale. Per anni l'alga dulse è stata "confinata" all'alimentazione vegetariana e vegana ma fortunatamente nel nuovo millennio le cose sono cambiate. Il suo colore è rosso vivo dopo la lavorazione, è sul marroncino quando invece è fresca. Ricchissima di ferro ma fate attenzione alle quantità perché è molto piccante. Consigliamo quest'alga in abbinamento a zuppe e cereali o come insaporitore delle salse.
È senza dubbio l'alga più scenografica di tutto il lotto: è lunga, spessa, molto scura, cresce in gran profondità e ricorda i rami degli alberi. È "l'alga della salute" per eccellenza, non a caso fa parte da secoli della medicina alternativa in Cina, Corea e Giappone. Le proprietà dell'alga hijiki sono incredibili: è un rinvigorente, abbassa il tasso di colesterolo, previene le carie, migliora le condizioni generali della gravidanza, è perfetta per cicatrizzare le ferite. Un vero e proprio super food estremamente sottovalutato per anni dalle nostre parti che sta trovando una sua nicchia nella cucina vegana (ottime con porri, carote, cipolle, radicchi, ravanelli) e nell'alta cucina italiana. Il sapore marcato dell'alga hijiki la rende un ostacolo stimolante per tantissimi chef, molti dei quali la usano come condimento vegetale per la pasta con risultati sorprendenti. Su tutti Davide Maffioli, chef stellato di Varese che ha da poco chiuso il proprio ristorante, e Francesco Apreda, il re delle spezie italiane, che usa quest'alga come condimento di un'astice blu, col Parmigiano Reggiano.
È l'alga più famosa al mondo, quella che sicuramente conosciamo meglio: i maki che ordiniamo nei ristoranti giapponesi sono rivestiti proprio di alga nori. Principalmente legata al sushi, è di gran lunga l'alga più consumata del pianeta: solo il Giappone ne produce 11 miliardi di pezzi ogni anno, ma quest'alga viene prodotta ed esportata da tutto l'Estremo oriente quindi la cifra è molto più alta. Siamo abituati a vederla nero-verde ma il colore che arriva fino a noi non è veritiero: in realtà la nori è un'alga rossa che per essere mangiata va lavata, tritata, idratata e poi essiccata al sole o in grossi forni. Proprio come il caffè, è la "tostatura" a dare il caratteristico colore a questo prodotto. I primi ad aver scoperto l'uso alimentare dell'alga nori sono stati i cinesi, ben 1500 anni fa: arriva poi in Giappone solo nel 1400 e da questo momento in poi i giapponesi se ne innamorano. Il mercato interno di alga nori è floridissimo perché i giapponesi mangiano questo prodotto tutti i giorni, in ogni modo possibile: oltre al classico sushi, è protagonista anche negli aperitivi in cui l'alga diventa una sorta di cestino da riempire con ciò che più aggrada lo chef. Un'abitudine che sarebbe bene importare dal Sol Levante è l'uso che ne fanno i bambini: le alghe nori sono vendute a quadratini, in buste di plastica, proprio come le patatine fritte in Italia. I piccoli le adorano e i genitori sono contenti perché stanno dando ai propri figli qualcosa di nutriente e sano da sgranocchiare.
La "santissima trinità" delle alghe giapponesi è kombu, nori e wakame, quindi restiamo su quest'ultima. Particolarmente indicata per la preparazione di piatti delicati, solitamente è un contorno che va ad arricchire le insalate con cipolle, lattuga e cetrioli. Molti la gustano anche in purezza, condita con limone e/o aceto. A differenza delle altre alghe incontrate finora, la wakame non ha particolari proprietà benefiche: è una sorta di alga kombu depotenziata. Si tratta comunque di un alimento sano, ricco di vitamine e calcio, ma non più di altri vegetali. L'alga wakame è molto facile da coltivare, infatti il Giappone ha un'influenza ridotta in questo caso, ma la diffusione di questa verdura in tutto il mondo sta creando moltissimi problemi, tant'è che l'Unione internazionale per la conservazione della naturaha inserito l'alga wakame tra le specie più invasive del pianeta.
Abbiamo visto le alghe più celebri e vendute del pianeta ma ci sono altre tre "alghe" solitamente vendute come tali ma che alghe non sono. La più importante è senza dubbio l'agar agar, il polisaccaride usato come gelificante che ha permesso la nascita della cucina molecolare ideata da Albert e Ferran Adrià. Questo elemento si ottiene grazie a diversi tipi di alghe ma è un lavorato naturale derivante dalle stesse, non un'alga vera e propria.
Caso ancora più emblematico è "l'alga spirulina" che in realtà è solo una biomassa essiccata di un'alga: non si tratta di un vero vegetale dunque ma di un cianobatterio. Proprietà simili alla spirulina ce l'ha "l'alga" Klamath, chiamata così in onore di un lago in Oregon, negli Stati Uniti, da cui si ricava gran parte della materia prima. Anche in questo caso parliamo di un prodotto lavorato e non di un'alga. È comunque bene sottolineare che le proprietà benefiche che li hanno resi famosi sono reali (ma non sono alghe, anche se vengono venduti come tali).