La pizza napoletana ha aperto la via ma oggi troviamo tantissimi stili ben diversificati e riconoscibili che sono apprezzati dal grande pubblico. Quasi tutti vengono dalla tradizione, come la pizza pisana o quella romana, già più celebre, ma occhio alle nuove correnti come la Pizza a Degustazione o la Pizza Casertana.
Un’espressione di tali irrefrenabili desideri che vi sembrerà di ascoltare la voce di Dio, ma sarà solo una pizza. Un impasto semplice, sulla carta un niente: un palpito d’acqua, farina, lievito e sale, amalgamati dalla maestria dei maestri. Pizza napoletana, a degustazione, in teglia, all’italiana, in padellino e perché no, anche la Chicago Style per un piatto iconico che ha conquistato tutto il mondo partendo da Napoli dall’Antica Grecia. Ci spiega lo storico e scrittore Angelo Forgione che “Ci sono dei testi di Platone che riportano una preparazione di una Pita, stile focaccia, con su olio, olive e cipolle ma ci sono anche rimandi all’Egitto. Se ci pensiamo ancora oggi per pizza si intende anche solo un disco di pasta schiacciato: la stessa pizza di scarole non è un prodotto che potremmo definire classico nel nome, ma è una pizza. Poi è chiaro che la trasformazione nella pizza come la conosciamo oggi l’ha creata il popolo napoletano nel ‘700” e da questa data si è poi sviluppata in diverse tipologie, in tutto il mondo. Vediamo quali sono le principali, non solo quelle italiane, ma anche le versioni nate e cresciute al di fuori dei confini del Belpaese.
La pizza verace, quella che segue un disciplinare, l’unico tipo di pizza riconosciuto in ambito internazionale. Un disco tondo, dalla pasta morbida e dai bordi alti dovuti all’aria che durante la manipolazione del panetto la sposta verso l’esterno, cotta esclusivamente con il forno a legna. In origine erano 4 le varianti della pizza napoletana per il condimento: Marinara, con pomodoro, aglio, origano ed olio extravergine d'oliva; Margherita, con pomodoro, mozzarella, basilico ed olio extravergine; Cosacca, con pomodoro e pecorino; la pizza fritta con ricotta, provola, cicoli. Il tutto testimoniato dallo scrittore Francesco de Bourcard a metà ‘800 che, come ci racconta Forgione, "Curò quella collezione di napoletanità, che fu scritta da varie penne. Il capitolo Il Pizzajuolo lo scrisse Emmanuele Rocco". La prima pizza di cui si ha traccia è però un'altra, oggi pressoché introvabile: Mastunicola, addirittura nel ‘600. Un disco di pasta condito con lardo, cigoli, scaglie di formaggio di pecora, pepe e basilico. La marinara invece nasce "molto greca": origano, capperi, olive nere di Gaeta ed acciughe perché ad inizio del ‘700 il pomodoro non era molto usato in ambito alimentare, ma tenuto ancora come pianta ornamentale. Per gustare la pizza napoletana classica vi suggeriamo Enzo Coccia e la sua La Notizia, in Via Michelangelo da Caravaggio, Napoli.
Dal classico al moderno, la pizza casertana è una filosofia di pensiero oltre che uno stile: piccola di diametro, contraddistinta da un cornicione molto pronunciato ed idratato. Caratteristiche tipiche sono l’alveolatura e la sofficità al palato. Impasto particolare con lavorazione lunga e maturazione di 48 ore. Per provare la pizza in stile casertano proponiamo I Masanielli di Francesco Martucci, in Viale Giulio Douhet, 11, Caserta oppure Carlo Sammarco 2.0 in Via Antonio Gramsci, 60 ad Aversa.
Restiamo in Campania ma andiamo a Sud, nei pressi di Vico Equense: siamo negli anni ‘50 e Luigi Altamura, detto Gigino (che ha tutt’oggi la pizzeria), inventa casualmente la pizza a metro. Cotta nel forno a legna, segue le stesse preparazioni di quella verace e condita allo stesso modo ma spesso viene divisa in più gusti grazie a delle striscioline di pasta messe a dividere il metro (che in alcuni casi ha una lunghezza anche maggiore). Possiamo definirla l’antesignana della pizza al taglio. La pizzeria di Gigino si chiama Pizza A Metro Da Gigino L'Università della Pizza ed è a corso Giovanni Nicotera, 15, Vico Equense.
Una pizza figlia dei fornai, si presenta a forma di lingua ed è una via di mezzo tra una pizza in teglia e la pizza a metro. Stesa e farcita direttamente su una pala, sottile e scrocchiarella, presenta un impasto con olio extravergine e farina di tipo 1. La suggeriamo alla Pizzeria da Spado, via Mercato Nord 5, Mercatello sul Metauro, in provincia di Pesaro e Urbino.
Un disco tondo dalla pasta sottile e croccante, impastato con grano tenero, lievito, sale, ed olio d’oliva o di semi, il tutto steso col mattarello. Secondo i ricettari del dopoguerra, gli anni in cui si è sviluppata questa tipologia, comprende basilico, pecorino e pepe oltre al pomodoro e la mozzarella, con una variante chiamata “Napoli” a cui si aggiungono le alici. Tipica della tipologia capitolina è anche la pizza bianca, che non presenta condimento (magari ripiena di mortadella, per una merenda romana come si deve). Da provare da 180 grammi di Mirko Rizzo e Jacopo Mercuro, in via Tor de' Schiavi 53, Roma, uno degli indirizzi che ha riportato in auge questa tipologia.
Anche qui siamo a Roma, ma ne esiste anche una versione milanese, a cui arriveremo a breve. La pizza al taglio viene stesa, condita e lievitata in grosse teglie rettangolari per essere venduta a peso. Molto diffusa nelle panetterie, di solito subisce il processo del riscaldamento e per questo motivo ha bisogno di un impasto molto acquoso, con farine forti. La versione "al trancio" milanese presenta un bordo molto più alto, la quantità di pomodoro è solitamente esigua mentre la mozzarella è molto abbondante e ricopre l'intera pietanza.
Per mangiare la pizza al taglio su Roma, non si può non nominare il suo "re", Gabriele Bonci, e suggerirvi quindi Pizzarium (via della Meloria, 43) ma dato che lo nomineremo anche più avanti, suggeriamo anche L'Antico Forno Roscioli (ma anche tutto il resto targato Roscioli) in via dei Chiavari 34. Mentre per la pizza al trancio a Milano suggeriamo Ai tre ponti, locale storico di viale Corsica 95 con oltre 200 coperti che presenta una splendida varietà di salumi calabresi.
Una pizza in teglia tonda e spessa, condita solo con un formaggio (grana o mozzarella), acciughe e capperi. Viene consumata come cibo da strada a cui spesso viene aggiunta la cecìna (in particolare nelle zone di Viareggio). Per gustarla suggeriamo la Pizzeria Chimenti Special, Via Emilia 323 Ospedaletto, Pisa.
Nel cuore della Magna Grecia la tradizione della pizza è legata a quella della dominazione come lo sfincione, tipologia nata a Palermo con sopra una salsa a base di pomodoro, cipolla, acciughe, origano e pezzetti di caciocavallo ragusano ma in Sicilia ci sono tante altre tipologie, quasi tutte chiuse a ripieno. A Messina troviamo infatti la "messinese", una variante con ripieno d'indivia, caciocavallo, pomodoro e acciughe salate, simile a quella di Catania, a base di caciocavallo e acciughe dissalate o con broccoli, cavolfiori, patate lesse e addirittura carne speziata. A Siracusa si prepara una pizza schiacciata molto particolare con delle strisce di impasto a coprire la superficie, chiamate “lenze", con una base di pomodoro e formaggio: somiglia ad una crostata.
Vista la varietà dell’offerta suggeriamo più posti: per lo sfincione da Spinnato 1860, anche grande pasticceria e gelateria, a Piazza Castelnuovo 16, Palermo; per la versione catanese invece Urna a Piazza Lorenzo Urna 36, Viagrande; da provare anche il panificio Giummara, in Via Traspontino, 25, Ragusa.
C’è qualcosa che unisce il Piemonte e la Campania? Sì, ed è la pizza. Questa tipologia è largamente diffusa nel nord Italia, al punto che Torino si è appropriata dell’origine di questa pietanza. In realtà la pizza nel ruotino, o pizza al tegamino, cotta in un forno a temperature più basse rispetto a quella della tradizione, si è diffusa parallelamente alla versione verace, in particolare nei panifici della provincia al punto di diventare caratterizzante di Aversa e dei paesi limitrofi. Un disco più idratato ed umido, con un impasto più simile a quello del pane con tempi di cottura lunghissimi, che arrivano fino ai 18 minuti.
Mentre a Napoli la si cuoceva nei tempi morti del forno, in fase di preriscaldamento del forno o di raffreddamento, a Torino è diventata una vera specialità grazie alle pizzerie degli emigrati, napoletani ma soprattutto toscani. Tante testimonianze negli anni ‘30 di questa preparazione, divenuta caratterizzante della Città della Mole anche perché fino alla fine degli anni ‘60 era l’unico tipo di pizza reperibile. Suggeriamo due locali: su Aversa La Contrada, in piazza Marconi, dove la pizzaiola Roberta Esposito propone un disco di qualità altissima, sia al padellino che tradizionale; mentre per il capoluogo piemontese c’è Il Tegamino di Loiero, via Borgaro 66, Torino.
Per i nazionalpopolari, chiamiamola Pizza Gourmet, una versione nuova che ha fatto storcere il naso a tutti i puristi. La pizza a degustazione non ha un vero disciplinare ma delle caratteristiche ben precise: non deve avere sapori distinti ma deve permettere al cliente di assaporare insieme il gusto dell’impasto e la farcitura; deve avere un impasto morbido ed idratato, possibilmente da lievito madre; deve essere digeribile e quindi deve presentare una lunga lievitazione e maturazione; può rivisitare i classici ma ci deve esssere attenzione agli ingredienti, di altissima qualità e di stagione. Ultimo, ma non ultimo, la pizza a degustazione va servita obbligatoriamente a spicchi ed ogni spicchio deve presentare tutte le caratteristiche della pizza completa. Il capostipite e rivoluzionario è sicuramente Simone Padoan a I Tigli, Via Camporosolo 11, San Bonifacio, a Verona. Da segnalare anche Crosta a Milano con Simone Lombardi in pizzeria, in Via Felice Bellotti, 13
Mentre l’Italia non è riuscita ad unirsi neanche sulla pizza, all’estero gli emigranti spogliati dalle regioni si son dati da fare. Argentina e Stati Uniti, grazie all’immigrazione italiana, hanno sviluppato degli stili ben distinguibili al punto che questi due Paesi si ritengono "inventori della pizza". Continuare a leggere solo se avete uno stomaco forte.
Derivante dalla pizza al tegamino, detta anche Pizza al molde, prevede un impasto con farina, sale e pepe prima di sciogliere il lievito in acqua zuccherata a cui va aggiunto l’olio. La versione “a la piedra” viene cotta sulla pietra refrattaria, come la pizza napoletana con una cottura molto più lunga.
La Canchera è un prodotto molto di nicchia, come si legge su cucinare.tv, il progetto culinario di ArteAr, perché viene tradizionalmente servita fredda. Creata da Oscar Vianini a Buenos Aires, il pizzaiolo si presentava all’uscita dei campi da calcio con una base pizza, con una salsa di pomodoro molto speziata, chiamata Marinara Argentina. In Argentina è sinonimo di pizza economica, di fast food, ma neanche lì è così amata. L’indirizzo obbligatorio è La Mezzetta, Avenida Alvarez Thomas 1321, Ciudad de Buenos Aires.
Negli Stati Uniti molti cittadini sono ancora convinti che la pizza sia un’invenzione italoamericana. I più eruditi si limitano a dire che la pizza è sì italiana ma l’idea di presentarla al trancio è tutta a stelle e strisce. A smentire il tutto c’è Matilde Serao, la prima donna direttrice di un giornale in Europa, che nei suoi scritti parla di un carrettino che gira per via Duomo nella Napoli di inizio ‘900 con delle pizze già tagliate da vendere ai commercianti, anzi, alle commercianti. Storicamente la via ospita tantissime sartorie, con una forte presenza femminile nel mondo del lavoro, essendo le donne le principali fruitrici della “cut pizza”: l’opera della Serao testimonia non solo di quanto gli americani siano in errore ma anche di che città evoluta fosse Napoli all’inizio del ‘900.
Tralasciando le divagazioni storiografiche, se Ted e Marshall hanno affrontato un viaggio di 1300 km da New York a Gazzola’s, sito al 316 Kinzie Street, a Chicago, Illinois, ci sarà stato un motivo.
La Chicago Style Pizza, detta anche Pizza Pie, ha bordi alti e molto burrosi, riempita di formaggio, salsiccia, pomodoro e cotta in teglia con piastra tonda di circa 30 centimetri di diametro e e con un bordo da 5 centimetri. Tutto il contenitore viene rivestito di pasta prima di essere condita. La cottura è a bassa temperatura e lenta, con tempi di cottura tra i 35 e i 45 minuti. Se vi trovate nella città dei Bulls non potete mancare l’appuntamento con i due locali di Gabriele Bonci, al 161 di Sangamon Street e alla Dame Ave numero 1566. Se invece volete provare la Dish Pizza originale, non resta che andare dal migliore: Uno Pizzeria&Grill, aperto dal 1943.