Che ingredienti ha la pasta sfoglia confezionata? Perché sa di alcol? E che cosa sono quei puntini neri che a volte appaiono? Sono solo alcune delle domande più comuni che coinvolgono questo prezioso alleato in cucina.
La pasta sfoglia è un vero passepartout, capace di risolvere pranzi, cene e aperitivi con creatività e versatilità. Che si tratti di ricette dolci o salate, è un ingrediente che si presta a infinite varianti, dalle torte salate ai fagottini ripieni, fino ai dessert (anche quelli più elaborati). Tuttavia, realizzare la pasta sfoglia in casa richiede una certa manualità e tempo a disposizione, ed è per questo che quella confezionata diventa la scelta più popolare, così da ottenere buoni risultati rapidamente e (decisamente) con meno fatica. Un alimento comune che, come altri che spesso si utilizzano, dal lievito madre ai pomodori, fa sorgere sempre qualche dubbio: di seguito, rispondiamo alle domande più frequenti.
Nella pasta sfoglia già pronta si trovano ingredienti che vanno oltre quelli della ricetta fatta in casa, realizzata nella sua versione base con farina, burro, acqua e sale. Nei prodotti commerciali la lista di componenti tende a farsi più lunga. Ci sono in genere: farina di frumento, acqua, sale, grassi (burro, ma anche vegetali come quello di colza o di palma, oppure margarina) e alcuni additivi che servono soprattutto a migliorare la consistenza, il gusto e la conservazione. Tra questi ecco i mono e digliceridi degli acidi grassi, degli emulsionanti che hanno come sigla E471 (classificati “poco raccomandabili” da Altroconsumo, in quanto possono compromettere l’equilibrio del microbiota intestinale, causando infiammazioni croniche e aumentando il rischio di tumori se assunti in grandi quantità), l’acido citrico (E330), che è un correttore di acidità e l’alcool etilico, che preserva l’alimento più a lungo. I diversi brand in vendita al supermercato non sono tutti uguali: leggere bene l’etichetta ti aiuta nell’acquisto.
Approfittiamo subito per rispondere a questa domanda molto comune. L'odore di alcol nella pasta sfoglia confezionata è spesso dovuto al trattamento con alcol etilico, che viene usato come conservante: per evitare la formazione di muffe, si spruzzano pochissime quantità di etanolo sulla superficie del prodotto (lo notiamo anche nel pan bauletto). Per questo all’apertura è possibile avvertire chiaramente l’aroma, che sparirà una volta cotto. Tuttavia, anche i processi di fermentazione naturale degli ingredienti possono contribuire a creare questo sentore: verifica che la confezione non sia stata conservata per troppo tempo (può capitare di averla “dimenticata”) o in modo non ottimale, e che non ci siano alterazioni, per esempio untuosità o, al contrario, secchezza, che potrebbero indicare la non commestibilità.
Si tratta di un fenomeno che accade soprattutto quando la pasta viene conservata in un luogo troppo umido o a contatto con l’aria e si verifica specialmente con la pasta sfoglia fatta in casa. Le cause, però, non sono univoche. Può essere dovuto all’uso di una farina poco proteica, che velocizza il degrado enzimatico dell’impasto, provocando la formazione di puntini scuri superficiali: per questo nelle versioni casalinghe fa la sua comparsa tra gli ingredienti l’aceto, che ha la funzione di abbassare il pH. Oppure entrano in gioco "impurità" delle farine, come crusca o altri residui, o ancora l’ossidazione dei grassi. Se non ci sono altri segni di deterioramento non rappresentano un problema per l’utilizzo della sfoglia.
Sia la pasta sfoglia casalinga, sia quella comprata si possono congelare (tanto che al supermercato si trova anche nell’apposito reparto dei refrigerati). Una volta realizzata, la prima si avvolge nella pellicola alimentare o nel sacchetto gelo e si ripone nel freezer dove dura per 3 mesi. Per lo stesso tempo si preserva la seconda, tenendola all’interno della confezione. Una volta cotta, invece, la pasta sfoglia in freezer dura uno o due mesi. In generale, è importante che non entri in contatto diretto con altri alimenti, e che quando scongelata non venga ricongelata, ma consumata nell’arco di 24 ore.
Ormai sappiamo che non c’è una risposta univoca a questa domanda. Se hai comprato la sfoglia fa fede l’indicazione in etichetta, che solitamente riporta la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”: significa che se mangiato anche dopo la data, l’alimento non è pericoloso per la salute, ma potrebbe perdere le qualità organolettiche, così da risultare meno performante al momento dell’utilizzo. Bisogna fare comunque attenzione se presenta indizi di danneggiamento per cui è meglio non usarla, come cattivo odore, rancido, pungente o sgradevole, consistenza secca o viscida e comparsa di muffa. Vale anche per la pasta sfoglia home made. Insomma, se è scaduta, ma integra, buttarla è un peccato mortale.
La sua consistenza friabile e leggera potrebbe trarre in inganno soprattutto chi non conosce la ricetta: la pasta sfoglia è un cibo molto calorico, che può oltrepassare anche le 500 kcal per 100 grammi. Si compone principalmente di grassi (l’originale è il burro), che superano in media i 20 grammi ogni 100 (in quelle light si aggirano attorno a 12 e 15), con una buona percentuale di quelli saturi (quasi la metà), mentre il resto sono perlopiù carboidrati (tra i 30 e i 45 gr). Inoltre è utile fare attenzione anche alla quantità di sale presente, ricordando che l’OMS ne consiglia il consumo totale giornaliero di 5 grammi: nei prodotti confezionati la tabella dei valori nutrizionali è un’ottima bussola per fare la scelta migliore.