Il sostituto più famoso del burro sta tornando sugli scaffali, complice la richiesta di alimenti che non siano di origine animale. Conosciamo meglio quali sono le sue caratteristiche, che spesso si rivelano prettamente funzionali, ma senza vantaggi nutritivi.
La margarina è un prodotto di origine vegetale impiegato sia nelle cucine domestiche, sia nell'industria alimentare. Si tratta di un alimento versatile che ha un costo generalmente inferiore rispetto al burro, di cui è probabilmente l’alternativa più nota tra i grassi impiegati in cucina: la sua permanenza sugli scaffali ha subito fortune alterne, con un periodo di grande popolarità intorno agli ‘80 e ‘90 seguito da una vera e propria demonizzazione a causa di scoperte medico-scientifiche che ne avevano dimostrato la potenziale pericolosità sulla salute, in particolare per l’apparato cardiovascolare. Negli ultimi anni, grazie a un metodo diverso di lavorazione, la margarina sta riprendendo di nuovo piede nei supermercati, complice anche l’aumento della richiesta di cibi che non derivano da animali. Torniamo indietro e vediamo quindi che cos’è, come si produce e perché comunque resta una scelta da ponderare bene al momento dell’acquisto.
La margarina è un'emulsione solida composta principalmente da oli e grassi vegetali (possono essere una miscela, o usati singolarmente, tra olio di semi di girasole, di arachidi, di colza, di soia, di germe di mais, di cocco, karitè…) e acqua (il latte per legge in Italia è vietato), a cui si aggiungono additivi che servono a stabilizzarla nella consistenza, a conferire le proprietà organolettiche e ad averla disponibile a lungo. Non è un alimento naturale come il burro, ma deriva da un procedimento chimico industriale che ne conferisce le caratteristiche peculiari: cremosità, facilità nell’essere spalmata e inglobata negli impasti, convenienza dal punto di vista del prezzo e conservabilità. La sua invenzione risale al XIX secolo, quando il farmacista francese Hippolyte Mège-Mouriès la sviluppò in risposta a un concorso indetto da Napoleone III per fornire alla marina francese un sostituto del burro che fosse più economico e duraturo.
Tradizionalmente, la produzione della margarina coinvolgeva un processo chiamato idrogenazione dei grassi, brevettato nel 1902 dal chimico tedesco Wilhelm Normann: i grassi insaturi (liquidi) venivano parzialmente saturati, prendendo una consistenza “burrosa”. Il problema è che ciò portava alla formazione dei cosiddetti grassi trans, che determinano un aumento del colesterolo cattivo (LDL) con relativa diminuzione di quello buono (HDL), responsabile di un possibile sviluppo di patologie cardiovascolari, anche gravi. Adesso, questo tipo di margarine non esistono (quasi) più, rimpiazzate da quelle ottenute dal frazionamento degli oli vegetali: un processo fisico che implica l’uso della temperatura, con una fase di riscaldamento e poi di raffreddamento, e della spremitura, al fine di separare la parte liquida da quella solida eliminando sostanze chimiche come l’idrogeno, che vanno a modificare la struttura stessa dei grassi.
In ambito culinario, la margarina è apprezzata per la sua capacità di conferire morbidezza alle preparazioni. Viene utilizzata nella produzione di biscotti, torte e croissant, perché si amalgama facilmente con gli altri ingredienti e mantiene una consistenza stabile a diverse temperature: essendo di origine vegetale, è priva di colesterolo, caratteristica che inizialmente la rese popolare come alternativa "più salutare" al burro. Ma non è così: le margarine 100% vegetali contengono l’84% dei grassi e in una porzione di 10 grammi troviamo ben 8 mg di sodio – bisognerebbe limitare l’assunzione di sale – e percentuali risibili di minerali e vitamine, mentre il burro, quando è di qualità, prende le buone proprietà del latte da cui deriva. Da sapere: le margarine non sono uguali e in commercio esistono versioni arricchite con vitamine liposolubili, fibre e grassi omega-3, addizioni che vengono spesso reclamizzate sulla confezione in quanto migliorative del prodotto.
La risposta a questa domanda è evidente quando si parla di margarine realizzate con il processo dell’idrogenazione dei grassi, in quanto ne è confermata la nocività. Nonostante questo, anche le varietà non idrogenate presentano alcuni svantaggi dovuti alle materie prime utilizzate e alla loro lavorazione: spesso vengono usati oli scandenti che sottoposti alle alte temperature si degradano ulteriormente. Il prodotto che si ha di fronte è quindi puramente funzionale, ma non ha nessun valore nutritivo. Da questo punto di vista può essere d’aiuto la lettura dell’etichetta, utile anche a chi soffre di intolleranza al glutine e al lattosio, visto che nel processo di produzione la margarina può essere soggetta a contaminazioni: più frequente in quella destinata all’industria, è il mix con oli di origine animale, per esempio l’olio di pesce, diventando così un opzione non più praticabile per chi segue una dieta vegana o vegetariana.