Spesso bistrattato, quasi sempre evitato nelle diete, in realtà il burro è un prodotto antico con tante proprietà benefiche. Negli ultimi anni la rivincita grazie a numerosi studi che difendono questo latticino (se consumato in una quantità equilibrata). Vediamo la sua storia, le diverse varietà e gli usi in cucina.
Anni di articoli, libri, servizi su diete e grassi hanno demonizzato il burro, un prodotto antichissimo di cui si hanno testimonianze dal 3000 a.C. partendo dai Babilonesi per arrivare a Indiani, Romani, Greci, Arabi, Egiziani. Il burro è ancora oggi uno degli alimenti base della cucina nonostante le molte "campagne diffamatorie".
Che sia ricco di grassi è vero e questi grassi sono dispersi in piccole quantità di acqua che lo rendono morbido. Deriva dalla parte lipidica del latte e può essere estratto con vari metodi.
Secondo la legge italiana la denominazione di burro "è riservata al prodotto ottenuto dalla crema ricavata dal latte di vacca e al prodotto ottenuto dal siero di latte di vacca" e non può contenere grassi diversi aggiunti. La normativa comunitaria prevede che il burro abbia un tenore minimo di grasso dell’82%, il 2% di estratto secco e il 16% di acqua; se salato (2%), la materia grassa scende all’80%.
Il burro è, per definizione, il prodotto dello sbattimento della panna. Attraverso un'inversione di fase la massa grassa della panna si separa dalla parte liquida dando così vita al burro. Un prodotto dall’alto contenuto calorico e grassoso, ma c’è un grosso "ma" in tutto questo: le catene molecolari del burro sono più brevi. Gli acidi grassi a corta e media catena sono più solubili in acqua e si assorbono a livello intestinale per proseguire nel fegato, senza passare dalle vie linfatiche, a differenza di altri grassi di origine animale e di quelli di origine vegetale.
Come detto, la più antica traccia della produzione del burro è risalente all’epoca babilonese, in un bassorilievo raffigurante una zangola primitiva, conservato a Bagdad del III Millennio a.C. Per le tecniche vere e proprie di burrificazione dobbiamo aspettare gli Arii, un popolo nomade delle nazioni indoeuropee, che nel 1500 a.C. sviluppano la tecnica del burro chiarificato: questo è ottenuto dopo una sua cottura a bagnomaria, che elimina la maggior parte dell’acqua e della caseina. La storia arriva poi in Egitto con dei geroglifici conservati al Pergamonmuseum di Berlino. Del burro si parla nell’Antico Testamento e negli scritti Romani, che applicano il prodotto in campo medico e cosmetico.
Durante l’Alto Medioevo in Scozia si usa a bordo delle navi e come protezione per gli scafi, mentre in Scandinavia come crema corpo per il bagno. Per oltre 4000 anni il burro è stato ottenuto, usato, trasportato e forse assaggiato: ma bisogna attendere il Basso Medioevo prima di vederlo come ingrediente della cucina quotidiana e il 1872 per ottenerlo a livello industriale. Wihelm Feldt, un americano proveniente dalla Germania, mette appunto il separatore che, grazie alla forza centrifuga, riesce a scremare il latte in modo meccanico. Prima di questa importantissima invenzione, fare il burro era una faticaccia: si utilizzava la zangola che andava scaldata a mano, si versava la panna filtrata e si abbatteva col pistone finché non diventava solida.
La versione breve della risposta è “due”. Possiamo infatti differenziare il burro in base al tenore di grassi al suo interno: quello classico contiene tra l’82 l’85%, mentre quello a leggero scende al 60-62%.
Ma c'è anche la versione estesa della risposta ed è “sette”. Oltre ai due già citati ci sono burro ordinario, burro salato, burro anidro, che si ottiene da creme con almeno il 99,8% di grassi ed un massimo di 0,1% di acqua, il burro ghee, una tipologia che ha più del 99,6% di grassi e il butteroil, simile al burro anidro ma con la percentuale che scende da 99,8 al 99,6%.
Il mondo del burro è piuttosto ampio ma per decidere il tipo di burro da acquistare basta tenere a mente che è un derivato dalla panna. Quest’ultima si può ottenere da due tecniche: affioramento naturale (processo tipico nella produzione dei formaggi a lunga stagionatura) o da centrifughe, prodotto questo considerato più pregiato perché il burro non subisce alcun processo che rischia di alterarne il sapore.
Per dolci secchi, biscotti o una semplice pasta frolla il burro da panne da affioramento sarà sufficiente, mentre per ricette più elaborate il consiglio è di usare il burro da centrifuga. Spesso al supermercato troviamo anche il burro chiarificato, che si ottiene rimuovendo l’acqua residua e le proteine del latte, quindi lasciando solo il grasso, pari al 99% del prodotto. Questo è un burro ideale per le fritture, grazie al suo punto di fumo superiore ai 250° e alla stabilità che garantisce a contatto col calore.
Capitolo a parte per il burro di Malga, da consumare a crudo con del miele o su una fetta di ottimo pane. Questo burro ha una maggior presenza di acqua ed è più profumato, figlio di un latte di pascolo d’alta quota che gli dona un sapore molto diverso e più strutturato. Riconoscere un buon prodotto è semplice: l’aspetto deve essere compatto, solido e lucido con una gamma di colori che va dal bianco al giallognolo; deve emanare un buon odore e deve essere delicato sulla lingua.
Se dovessimo utilizzare un solo elemento per rappresentare un’intera tradizione gastronomica potremmo usare l’olio extravergine per l’Italia, il miele per la Russia, il burro per la Francia.
La nazione dei fratelli Troisgros utilizza il prodotto per gran parte della preparazione delle salse. Il buerre noir ad esempio si ottiene sciogliendo il burro a fuoco lento finché non cambia colore da bianco a nocciola, dopodiché si aggiunge un acido (succo di limone o aceto di vino) che si serve con uova o pesce. Di contraltare il buerre blanc si produce frustando il burro bianco con aceto o vino ridotto finché non si ottiene una crema piuttosto spessa, usata per saltare o per friggere; molti usano il burro chiarificato per aumentare la qualità della frittura. Anche la salsa olandese e la salsa bernese hanno alla base il burro sciolto (e il tuorlo d’uovo). Praticamente sono delle maionesi in cui il burro si sostituisce all’olio.
C’è poi l’uso nella pasticceria, spesso preferito allo strutto in virtù del sapore. In Italia il burro è facilmente reperibile nelle ricette del Nord (al Sud l'uso dell'olio è predominante), con una regina su tutte: la cotoletta alla milanese. Una meravigliosa fetta di lombata di vitello con l'osso, impanata e fritta nel burro, il quale alla fine viene anche versato sulla cutulèta in un tripudio di sapore.
A partire dal secondo Dopoguerra, il burro è stato oggetto di vere e proprie campagne diffamatorie a favore di surrogati o altri prodotti complementari, con una diffusione incontenibile di fake news. In soccorso arriva l’Associazione Italiana Lattiero Casearia che ha stilato un vero e proprio documento anti-bufala a sostegno del burro.
Si parte dalla demonizzazione più semplice e naturale, ovvero “il burro fa ingrassare”. Qui si tratta di una mezza verità e l’Assolatte indica una dose “adeguata” ovvero 10 grammi al giorno, praticamente due fette biscottate con burro e marmellata a colazione, anche tutti i giorni, fanno solo bene essendo “un ottimo alimento, ma solo se fa parte di una dieta varia ed equilibrata”.
L’associazione vira poi su un problema ben più serio, le temute patologie cardiovascolari. Spesso associamo il consumo del burro all’aumento degli infarti, ma secondo molte ricerche, come quello pubblicato sull’European Journal of Nutrition incrociando i dati di 16 studi, non esistono prove che possano avvalorare questa tesi. Il burro infatti contiene nutrienti utili al sistema cardiovascolare come la vitamina A e la lecitina. A tal proposito qualche anno fa ci fu una conferenza a Milano con Roberto Brazzale, numero uno della storica azienda di latticini, gli chef stellati Marianna Vitale e Davide Scabin, lo scrittore Allan Bay e il dottor Pierluigi Rossi, in cui furono presentati dati a sostegno della salubrità del prodotto.