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2 Maggio 2021 13:00

Tutti i segreti del Sassicaia: la romantica storia di uno dei vini più ricercati al mondo

Il Sassicaia è uno dei vini italiani più famosi al mondo, eletto nel 2018 miglior vino del Pianeta dalla rivista Wine Spectator. La sua nascita è legata alla caparbietà e al genio di una famiglia, gli Incisa della Rocchetta, piemontesi innamorati dell'Alta Maremma in Toscana: una storia fatta dall'amore per il territorio, per la ricerca e dalla grande passione per i cavalli. Dalla vendemmia 1968 a oggi questo vino racconta 50 anni di successi.

A cura di Francesca Ciancio
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Vogliamo farvi conoscere più da vicino le etichette top italiane e internazionali che hanno lasciato un segno nel panorama enologico mondiale. Sono spesso vini che hanno alle spalle storie lunghe e interessanti e che raccontano come il mondo enoico sia cambiato in meglio anche grazie a loro. Inauguriamo questa serie partendo da un vino italiano, il Sassicaia.

Osannato, battuto all'asta a prezzi importanti, bevuto nei più grandi ristoranti del mondo, considerato dalla stampa di settore tra le etichette più blasonate del pianeta, il Sassicaia è il "Super Tuscan" per eccellenza, ovvero un vino che nasce da un blend di uve straniere in terra di Toscana e che ha una genesi che è un continuo intreccio di vicende che si muovono tra Toscana e Piemonte. Un vino mitico non può che avere una storia epica e prima di parlare del vino in sé, vogliamo raccontarvela.

Gli inizi del mito partono dal Piemonte

L'astigiano Leopoldo Incisa della Rocchetta lavorava nel governo imperiale del Lombardo Veneto quando fu colpito da una malattia che in parte lo paralizzò. Non ancora cinquantenne si ritirò a Rocchetta Tanaro per dedicarsi all'industria dei bachi da seta e agli studi vitivinicoli che ben presto lo impegnarono a tempo pieno. I suoi manuali ampelografici sono tra le prime testimonianze scientifiche della presenza di varietà di viti straniere in Italia. Lui stesso – nella seconda metà del XIX secolo – poteva vantare 175 tipologie di viti coltivate in vaso. Tra queste Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc risultavano tra le più preziose. Furono proprio i suoi manuali a diventare una risorsa inestimabile per il suo pronipote Mario, con il quale la storia del mito Sassicaia prende forma.

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Combattente a cavallo durante la prima guerra mondiale, non abbandonerà l'animale dopo le battaglie e lo porterà con sé a Pisa dove frequenta la facoltà di Agraria. L'amore per i cavalli purosangue lo fa incontrare con Clarice della Gherardesca, discendente di uno dei casati più antichi di Toscana, quello del conte Ugolino protagonista di un canto dell’Inferno di Dante, per capirci, e insieme mettono radici a Bolgheri. La sposa portò in dote 600 ettari e una decina di poderi, grazie ai quali nacque la prima oasi faunistica privata in Italia. Era il 1959 e da lì iniziò l'impegno del marchese Mario Incisa della Rocchetta per lo sviluppo dell'Alta Maremma.

Il genius loci del marchese: Bolgheri quando non era ancora Bolgheri

Lo sapevate che il marchese fu tra i fondatori e primo presidente del Wwf italiano? E fu anche proprietario della scuderia Dormello Olgiata (fondata con l’allevatore Federico Tesio), dove nacque il mitico cavallo Ribot, il più famoso di tutti i tempi. Molto del denaro investito in quella che sarebbe diventata Tenuta San Guido, l’azienda del Sassicaia, verrà dai premi in denaro conquistati dal mitico animale.

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Proprio a Mario Incisa della Rocchetta calza bene il concetto di “Genius loci”, pronto a intravedere, con decenni di anticipo, la vocazione di questa parte di Toscana, all'epoca ancora sinonimo di paludi e malaria. Gli inizi furono sull’amata collina del podere di Castiglioncello di Bolgheri, dove Mario fece una cosa impensabile per quei tempi, piantare Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e altri vitigni francesi tra la macchia mediterranea del poggio. Senza cantina, né un enologo, il marchese comincia a fare vino da una vigna impiantata in un terreno pietroso (da cui il nome) e che guarda il mare.

La prima annata in commercio la 1968 (ma per uso familiare se ne produceva già dalla metà degli anni ‘40), poco dopo arrivano anche le barriques francesi per la fermentazione in legno (idea ispirata da un altro patriarca del vino italiano, il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga dell’azienda San Leonardo); nel 1978 in una degustazione alla cieca organizzata dal magazine londinese Decanter, il Sassicaia ‘72 risulta essere il miglior vino tra 33 Cabernet Sauvignon del mondo. Il sogno di un bordolese in terra di Toscana era diventato realtà e, con esso, l’idea che un vino potesse e dovesse invecchiare per essere ancora migliore. A onor del vero, altre figure “mito-enologiche” si incrociano nella genesi di questo vino e sono quelle del marchese Piero Antinori, consigliere di Incisa, nonché suo distributore e l’enologo Giacomo Tachis, consulente degli Antinori, che avrà sempre un confronto acceso ma proficuo con il padre del Sassicaia.

Il vino dei primati

Alla scomparsa di Mario – avvenuta nel 1983 – subentra il figlio Nicolò. Intanto il “bordolese-bolgherese” guadagna la prima Doc riservata. È il primo vino italiano infatti a conquistare questo privilegio e sancisce che la zona di produzione del Bolgheri Sassicaia Doc sia limitata al solo podere Sassicaia e che l’uvaggio base sia costituito da un minimo di 80 per cento di Cabernet Sauvignon.

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È il vino della “nobiltà” perché le uve alloctone erano ad appannaggio dei casati nobiliari. Inoltre solo persone blasonate potevano attendere così tanto tempo per un vino, mentre tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso questa produzione era ancora funzionale al sostentamento delle famiglie agricole. Tra i primati c’è anche quello del prezzo, non il più alto, ma di certo tra quelli importanti nel panorama dell’enologia mondiale. Possiamo dire che è il padre di tutti i Super Tuscans, diventati noti seguendo le sue orme: pensiamo ai Tignanello, Solaia, Masseto, Ornellaia.

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Nel 2018, nel cinquantesimo anniversario della prima bottiglia messa in commercio, il Sassicaia 2015 arriva sul tetto del mondo grazie alla rivista americana Wine Spectator che lo nomina migliore vino in assoluto. A festeggiare accanto a Nicolò c’è la figlia Priscilla, attuale amministratrice della tenuta. Con il 2021 c’è un’altra celebrazione da tener d’occhio, ovvero i 50 anni del vino con l’ultima annata sul mercato, la 2018. Un’etichetta che festeggia le nozze d’oro celebrando una storia non lunghissima ma assai densa e che ha tracciato da subito la rotta giusta per il successo del vino italiano all’estero. Una rotta che assomiglia al lungo viale dei cipressi “alti e schietti” cantati da Giosuè Carducci e alla pista dritta per l’allenamento dei cavalli che passa proprio lì accanto.

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Quello che i piatti non dicono
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