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13 Giugno 2024 15:00

Tutte le differenze tra piadina, cassone e crescione

La piadina e il crescione (detto anche cassone) sono due specialità molto popolari della cucina romagnola. Entrambe vengono farcite e gustate come cibo da strada, ma non sono uguali, pur condividendo lo stesso impasto. Andiamo alla loro scoperta.

A cura di Federica Palladini
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Sono tra gli street food italiani più famosi, due cavalli di battaglia della cucina romagnola: stiamo parlando di piadina e crescione, fatti di ingredienti semplici e genuini, nonostante entrambi possano ormai avere interpretazioni fantasiose e gourmet. Alla base c’è un disco realizzato con acqua, farina, strutto e sale che nella piadina viene cotto e farcito, mentre il crescione si imbottisce a crudo e si chiude come un fagottino ben sigillato. Conosciamo più nel dettaglio queste specialità, scoprendo quali sono le differenze, come si preparano e qualche curiosità.

Cosa cambia tra crescione e piadina?

Distinguerli è molto semplice, perché il primo può essere considerato la versione calzone della seconda: entrambi, infatti, condividono lo stesso impasto istantaneo (non è una pasta lievitata come quella del panzerotto pugliese) e anche lo stesso supporto per la cottura, ovvero il testo romagnolo, ma si differenziano per la forma e la modalità di inserimento della farcitura. La piadina è un disco realizzato con acqua, farina, strutto (in alternativa olio extravergine d'oliva) e sale che viene cotto sui due lati e solo alla fine riempito. Si serve comunemente piegata a metà, anche se spesso la si vede in chiave arrotolata in stile wrap.

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Il crescione romagnolo, invece, si imbottisce a crudo, si chiude a mezzaluna e si sigilla ai bordi con i rebbi di una forchetta, realizzando una cornice dentellata, così da evitare la fuoriuscita degli ingredienti: si posiziona anch’esso sul testo ben caldo (o in una padella antiaderente) e si cuoce prima da una parte e poi dall’altra per pochi minuti. Variazione tradizionale sul tema è quella del crescione fritto, detto guson fret, che invece di essere cucinato sul testo viene immerso nello strutto bollente (o nell’olio) ed è un fagottino di dimensioni più ridotte rispetto ai precedenti.

Che cos’è il cassone?

Si sente spesso parlare anche di cassonecascione, che a seconda delle località prendono diversi nomi tra cui carson, casòun, gusson o guscioni. Si tratta sempre del crescione, ma cambia la zona di provenienza in cui viene preparato e gustato: così lo si conosce nel Ravennate e nel Forlivese, mentre quando sentiamo parlare di cassone significa che siamo nel Riminese. Il termine crescione sembra derivare dall’omonima erba che fungeva da ripieno, semplicemente ripassata con aglio, scalogno o cipolla, ma non è un dato certo. Quello che è sicuro è che le erbe selvatiche erano le protagoniste di questa specialità: nel cassone si potevano trovare le rosole, che sono le foglie della pianta del papavero, oppure gli strigoli, anch’essi spontanei che si impiegano pure come condimento per la pasta. Solitamente venivano tritate, ben strizzate e insaporite in padella, in alcuni casi con un battuto di lardo al posto dell’olio. Adesso che le “regine dei prati” sono più difficili da reperire si utilizzano soprattutto le bietole, molto diffuse nella cucina dell’Emilia Romagna per esempio nel tipico erbazzone reggiano. Come la piadina, anche qui esistono tantissime combinazioni per farcire: salumi, formaggi, pomodoro, mozzarella e altri ortaggi a seconda della stagione.

Crescione con stracchino e prosciutto

Storia e curiosità

La storia della piadina e del crescione sono strettamente legate tra loro in quanto accomunate dallo stesso impasto, utilizzato fin dall’antichità – con i dovuti assestamenti – per realizzare una variante “povera" del pane, che si realizzava con farina di mais e di grano tenero miscelate oppure con sola farina di frumento a seconda della disponibilità. Si tratta, infatti, di un cibo contadino che, però, veniva apprezzato perfino dai poeti: famose sono le lodi alla “piada” di Giovanni Pascoli, che la definisce “il pane nazionale dei Romagnoli”. La facilità con cui si può personalizzare la piadina ha ispirato grandi chef, tra cui il tristellato Massimo Bottura, emiliano di Modena, che l’ha imbottita omaggiando le sue origini con il pesto modenese a base di lardo di Mora Romagnola, aglio, rosmarino e l’aggiunta di Parmigiano Reggiano stagionato 36 mesi e pepe.

Un romagnolo illustre è Pellegrino Artusi (nato a Forlimpopoli), considerato il padre della cucina italiana: i “suoi” crescioni, ovvero quelli descritti nella ricetta 195 della Scienza in Cucina, sono fritti e più sofisticati, ripieni di spinaci conditi con “un soffritto di olio, aglio, prezzemolo, sale e pepe; poi si aggraziano con un po' di sapa – uno sciroppo a base di mosto – e con uva secca, a cui siano stati levati gli acini. In mancanza della sapa e dell'uva secca si supplisce con lo zucchero e l'uva passolina”. A Novafeltria, un piccolo comune in provincia di Rimini, ogni anno tra la fine di maggio e il primo weekend di giugno si svolge la Sagra del Cascione e delle Erbe Spontanee, un evento ad hoc per celebrare questo gustoso connubio, simbolo dei sapori del territorio.

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