Tutte le banane sono cloni, sono sterili e non hanno semi (o quasi). Può sembrare incredibile ma le banane sono geneticamente tutte identiche tra loro.
La banana che mangi a Trento è la stessa che mangi a Bari. Non è tanto per dire, è proprio identica perché quasi tutte le banane comuni sono cloni, quindi geneticamente tutte uguali. Per lo stesso motivo le banane non hanno i semi: la loro pianta, proprio come quella del fico e dell'ananas, è partenocarpica, quindi non necessita di semi per riprodursi. Vediamo nel dettaglio questa curiosa storia.
Anche se la immaginiamo sempre come un frutto tropicale proveniente dal Sudamerica, in realtà le prime tracce dell'albero di banano le troviamo in Papa Nuova Guinea per poi spostarsi in Cina, Malesia e Filippine, arrivando fino in Africa. Le prime banane in America Latina arrivano solo nel 1500 grazie ai portoghesi che sbarcano in Brasile. Oggi effettivamente la maggior parte delle banane viene proprio dal Sudamerica ma è importante sottolineare che non sono native del Nuovo Mondo e che le troviamo anche in altre parti del globo.
Altra cosa importante è l'evoluzione del frutto. Le banane gialle, senza semi, squisite, che conosciamo oggi sono figlie di un lentissimo processo di lavorazione. Questo processo non è chiaro del tutto ma si presume che le due piante "originarie", la Musa acuminata e la Musa balbisiana, abbiano subito una serie di incroci per arrivare al frutto odierno. Inizialmente le banane erano molto diverse da quelle che conosciamo oggi: avevano frutti molto grossi, con semi altrettanto grossi al proprio interno. Una sorta di mini anguria allungata. Queste banane non avevano mercato: troppo scarto da buttare per i consumatori e, più banalmente, troppo tempo da perdere per togliere tutti i semini dall'interno. Le persone si annoiavano e quindi preferivano altri frutti. I contadini però, pian piano, hanno cominciato a selezionare le piantine arrivando al risultato di oggi. È come se avessimo addomesticato un frutto, rendendolo sterile e innocuo.
Il risvolto negativo della questione è che le piante moderne siano sterili. Le banane non hanno semi. E come si riproducono? Per "partenocarpia", il che vuol dire che queste piante non hanno bisogno di semi per sviluppare un nuovo frutto. Per avere una piantagione consistente i coltivatori prendono una pianta, ne tagliano alcune parti e impiantano queste parti nel terreno: l'operazione viene ripetuta centinaia di volte. Questo processo si chiama "talea" e permette ai rami di rigenerare le parti mancanti, dando così vita a un nuovo esemplare, identico al precedente. Le banane nate dall'ultima parte tagliata sono geneticamente identiche alle banane nate dalla prima parte tagliata. Tutte cloni dello stesso albero. Il risultato è davvero incredibile anche perché parliamo di uno dei frutti più comuni e più coltivati al mondo.
Sappiamo di aver detto che le banane sono sterili e senza semi ma in realtà dobbiamo fare una precisazione: le banane hanno i semi. Sono minuscoli, quasi invisibili: in alcuni casi non si vedono proprio in effetti, in altri sono più evidenti. Si tratta dei piccoli puntini scuri nella parte centrale del frutto.
Questi "buchini" sono l'involucro dei semi abortiti dalla pianta. Non hanno consistenza e infatti non ce ne accorgiamo al palato però ci dicono molto sul processo di selezione subito dal frutto: in origine questi semi erano molto più grandi, ce n'erano centinaia, erano solidi e simili a quelli della mela. Chi mai avrebbe comprato un frutto così "fastidioso" da mangiare? Nessuno, ed è per questo che l'ingegno umano ha portato questa importantissima evoluzione.
Avere miliardi di cloni ci espone però a un problema: il prezzo è avere piantagioni molto più vulnerabili alle malattie. Le piante con gli anni sviluppano una sorta di "anticorpi", diventando sempre più resistenti: avere tutti i ceppi uguali annulla questo "sistema immunitario" anche perché non c'è una variabilità dei frutti. Sono geneticamente identici, non possiamo incrociarle con varietà resistenti a un'ipotetica malattia perché non esistono altre varietà. Proprio per questo motivo negli anni Cinquanta la "Gros Michel", la banana più venduta dell'epoca, viene letteralmente spazzata via da un fungo che si diffonde in tutte le piantagioni. Quella banana l'abbiamo persa per sempre.
Secondo la Fao, inoltre, la Fusarium wilt, una malattia causata da un fungo, rischia di distruggere la maggior parte dei bananeti del pianeta. Questo fungo, scoperto in Asia e arrivato in Africa, Medio Oriente e in alcune zone del Sudamerica, ha origine direttamente nel suolo e può sopravvivere decenni senza possibilità di essere distrutto dagli attuali fungicidi a nostra disposizione. L'unico modo per combatterlo è impedire che si diffonda, evitando lo spostamento di piante malate o di particelle di terreno infette.