Report accusa Fileni: i polli non solo non sono biologici ma sono maltrattati e uccisi crudelmente. L'azienda risponde in maniera molto dura alle critiche.
Sta facendo scalpore l'inchiesta di Report sui polli biologici di Fileni che, a quanto pare, avrebbero molto poco di "bio". Fileni è la terza produttrice nazionale delle carni avicole, prima se parliamo di carni bianche da agricoltura biologica: le immagini di Report sono raccapriccianti e mostrano maltrattamenti, uccisioni sommarie, vere e proprie torture su animali che, oltre a essere inermi, dovrebbero per legge vivere all'aperto per almeno un terzo della propria vita. Così non è secondo Report ma Fileni non ci sta e smentisce quasi tutti i punti dell'inchiesta. Vediamo cosa sta succedendo.
Il servizio di Report documenta le terribili condizioni di vita dei polli negli allevamenti intensivi Fileni, sia in quelli "classici" sia in quelli biologici. In sintesi sembra che questi luoghi assomiglino più a dei campi di concentramento che ad allevamenti.
Le immagini, arrivate grazie alla LAV (Lega Anti Vivisezione), sono dure, molto crude, e ci mettono di fronte a una realtà che avviene quotidianamente in tantissimi allevamenti intensivi in tutto il mondo. I polli di Fileni sono della razza broiler, come il 98% dei polli italiani, perché in grado di crescere tantissimo in pochissimo tempo, sviluppando le parti del pollo più richieste dal mercato. La broiler è una razza geneticamente selezionata, quindi non esistente in natura, arrivata fino a noi grazie a varie crudeltà. I polli broiler vivono solo 4 settimane, poi vengono macellati ma morirebbero lo stesso: hanno un petto enorme, le zampe non riescono a sostenere il peso della propria carne. Il mese di vita che hanno questi polli sarebbe atroce anche in una situazione naturale: sono soggetti a malattie cardiorespiratorie e muscoloscheletriche a causa del corpo deforme che gli porta dolori continui e fatica nei movimenti. Sembra assurdo ma questa manipolazione genetica non è illegale.
La prima cosa che fa notare Report è proprio questa: Fileni non dovrebbe usare i polli broiler ma solo animali a lenta crescita. I polli vengono poi uccisi con la torsione del collo, oppure schiacciandoli con i piedi o ancora, uccisi a calci. Le immagini ottenute in diversi giorni di indagine e in molteplici allevamenti mostrano polli mai usciti dai capannoni (dovrebbero vivere 1/3 della propria vita all'aperto). Perfino i "Rusticanello", l'etichetta di polli allevati all'aperto di Fileni, non vedrebbero la luce del sole: starebbero tutti stipati a Borghi, in Emilia Romagna, al primo piano dello stabile. Altro nodo importante è quello dell'alimentazione degli animali: Fileni dice che i polli sono ogm free ma le etichette del mangime mostrate dalle telecamere dicono il contrario. Inoltre il gran numero di pollame farebbe superare la soglia di emissioni di ammoniaca a ripa bianca, sostanza dannosa, e di cattivi odori nella zona.
L'accusa mossa dalla trasmissione di Rai 3 è molto pesante: la denominazione bio non è neanche lontanamente rispettata, anzi, gli allevamenti Fileni sarebbero inquietantemente simili al lager di Auschwitz.
Come puoi ben immaginare l'azienda di Macerata non è stata con le mani in mano a subire le accuse e sul proprio sito smentisce quasi tutti i punti toccati da Giulia Innocenzi nel servizio, in alcuni casi attaccando direttamente la giornalista. La risposta di Fileni è molto dura e costringerà Report a un'ulteriore contromossa per salvaguardare la propria credibilità.
Comincia dalla vita al chiuso dei polli perché la comunicazione è stata fatta in precedenza alla stessa Rai 3: "Il capannone mostrato dalla Innocenzi è diverso da quello menzionato dai due operatori intervistati che affermavano che all’interno i pulcini avevano 10 giorni. Per questa ragione, è corretto che all’interno vi fossero animali di età diverse. Non vi sono prescrizioni vincolanti sul momento dal quale l’animale biologico deve poter fruire degli spazi aperti, poiché l’unica prescrizione normativa concerne il fatto che i broiler bio devono poter trascorrere almeno 1/3 di vita all’aperto, anche a seconda delle stagioni e delle condizioni meteo. È quindi normale che l’inizio delle aperture possa variare, non solo da allevamento ad allevamento, ma persino da capannone a capannone o da stagione a stagione".
Report mostra poi 80.000 polli nell'allevamento di Maiolo che sarebbe parte della certificazione bio ma Fileni dice che il documento mostrato dal servizio riguarda il sito di Borghi e non di Maiolo, "fermo da oltre 12 anni". Sul documento c'è quel preciso comune perché ci sono ampie superfici di terreno adibito a biologico ma non hanno nulla in comune perché quel centro di allevamento è in fase di ristrutturazione. Respinge anche le accuse dell'uso di ogm dicendo però che questi componenti sono "normali e comuni per tutto il settore avicolo e, a ben vedere, anche per tutto il food europeo, salvo in quei prodotti dove viene espressamente escluso l’uso di ogm per la preparazione".
Molto dura la risposta sull'abbattimento arbitrario degli animali: Fileni non ha alcun interesse a uccidere un numero di animali maggiore rispetto a quanto "necessario" perché la pratica "sarebbe crudele e antieconomica". L'azienda di Macerata dice di non aver mai avuto segnalazioni in tal senso "neppure dalla Lega Anti Vivisezione". Fileni cita anche il Regolamento Europeo relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento per giustificare la dislocazione cervicale del collo ma, in realtà, il regolamento non giustifica la pratica, la consente solo "come metodo di riserva per lo stordimento", per un massimo di 70 animali al giorno e mai per capi sopra i 3 chili.
Secondo il servizio di Giulia Innocenzi questi allevamenti farebbero superare la soglia di emissioni di ammoniaca a ripa bianca, sostanza altamente nociva: lo dimostra con delle rilevazioni che però secondo Fileni vanno contestualizzate. L'azienda non smentisce i valori mostrati in televisione ma dice che i valori medi giornalieri rispettano il limite pari a 270 microgrammi/metrocubo: "I valori alti, infatti, si riferiscono a specifici picchi orari che, ponderati con le altre ore giornaliere, rientrano nel suddetto limite di 270. Peraltro, le misurazioni dell’Arpam sono state effettuate tutte in un solo punto (peraltro posto in posizione prevalentemente sottovento rispetto all'allevamento) e non sono mai stati confrontati con rilevazioni a monte, come sarebbe stato necessario fare per potere caratterizzare correttamente un’area su cui insistono non solo l’allevamento, ma anche terreni agricoli (con potenziali pratiche di spandimento di liquami e fertirrigazione) e altre attività (come il depuratore comunale da 60000 abitanti equivalenti) che possono contribuire, anche significativamente, alla produzione e rilascio di ammoniaca nell'aria". I valori registrati dalle centraline provinciali sono di PM10 e PM 2,5 non hanno subito alcun incremento dopo la costruzione degli allevamenti e non comportano pericoli per la salute umana. Smentita anche l'assenza di luce naturale all'interno degli allevamenti, con tanto di foto e specifiche delle finestre per una combinazione di luce naturale e artificiale regolarmente ammessa nel mondo del biologico.
Il battibecco punto per punto continua con varie altre smentite, che però sono di "dovere" e non riportano veri e propri dati fino ad arrivare all'accusa diretta a Giulia Innocenzi, che secondo l'azienda farebbe questo servizio per una presa di posizione personale e non per informare. È probabile che la cosa non finisca qui ma speriamo che a prescindere da torti e da ragioni, gli animali vivano al meglio la propria vita perché questa è la cosa più importante.