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17 Febbraio 2025 13:00

Tipi di carciofi: 13 varietà da conoscere e i migliori consigli per abbinarle

Dallo spinoso di Sardegna, eccellenza nostrana tutelata dal marchio Dop, al celebre romanesco del Lazio, coltivato sin dai tempi antichi dagli Etruschi, fino al violetto di Sant'Erasmo, prodotto di pregio appartenente alla tradizione lagunare: di varietà di carciofi ne esistono tantissime. Scopriamo le più particolari e come abbinarle in cucina per esaltarne le caratteristiche al meglio.

A cura di Martina De Angelis
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Si vende a mazzi, è un fiore e ha le spine: no, non è la rosa ma il carciofo, uno dei prodotti più amati dell’area mediterranea. La pianta del Cynara scolymus appartiene alla famiglia delle Asteraceae – la stessa di lattuga, tarassaco, camomilla e cardo per citarne alcuni – ed è originaria del Medioriente, in particolare dell’Egitto, dove veniva usata non solo a scopo alimentare ma anche fitoterapico per via dei suoi molteplici benefici.

La parte edule, quella che chiamiamo carciofo, è costituita dalle brattee, le foglie carnose che proteggono l’infiorescenza, e dal ricettacolo florale che tutti conosciamo come cuore. I carciofi presentano solo qualche piccola insidia in fase di pulizia, ma una volta "carpiti" i segreti per farlo correttamente e superato questo scoglio ti ripagano con un sapore e una morbidezza eccezionali, che ti permette di cucinarli in tantissimi modi diversi.

Ma attenzione, non tutti i carciofi sono uguali: di varietà ne esistono a decine e ognuna ha un modo adatto di essere cucinata per esaltare al meglio il suo sapore peculiare. Elencare tutte le varietà di carciofi esistenti è impossibile, ma ecco una selezione delle più particolari tipologie di carciofi italiani, con qualche consiglio su come gustarli al meglio.

1. Carciofo spinoso di Sardegna

Re dei carciofi italiani, premiato con il riconoscimento Dop dal 2011, il carciofo spinoso di Sardegna è una vera eccellenza gastronomica. L’esemplare è piuttosto riconoscibile per la cima violetta e le foglie carnose, dalla consistenza croccante, ma dal cuore così tenero e saporito che può essere mangiato anche crudo, al naturale, subito dopo la raccolta; proprio per questo motivo il modo migliore per gustarlo è in insalata o brasato. In Sardegna gli agricoltori lo chiamano il “bastardo spinato” per via della sua raccolta difficoltosa: si fa solo a mano, tra i primi di settembre e la fine di maggio.

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Carciofo spinoso di Sardegna  

2. Carciofo romanesco del Lazio

Se dici Roma, dici carciofo: la Capitale, ma un po’ tutto il Lazio, ha tra le sue ricette più tipiche proprio il carciofo. E non un carciofo qualsiasi ma una varietà ben specifica, il carciofo romanesco del Lazio chiamato anche “cimarolo” o “mammola”, primo prodotto agricolo italiano a fregiarsi del marchio Igp nel 2002. La sua origine è molto antica – sembra che i primi a coltivarlo furono gli Etruschi – e le caratteristiche molto specifiche: è più grande delle altre tipologie, ha una forma sferica e compatta, nessuna spica e una leggera peluria interna. Il terreno argilloso e il clima temperato delle terre argillose laziali dove viene coltivato lo rende delicato e molto dolce, con un cuore tenerissimo che ha quasi la consistenza di un burro. Da gustare obbligatoriamente in due ricette classiche, il carciofo alla romana e il carciofo alla giudia, si presta anche ad altri mille usi, per esempio fritto o stufato.

3. Carciofo tondo di Paestum

Il Tondo di Paestum è una varietà di carciofo che appartiene al gruppo genetico dei carciofi di tipo "romanesco", ma da cui si differenzia per una serie di particolarità uniche che gli hanno consentito di ottenere nel 2005 il riconoscimento Igp. Tipico della Piana del Sele, in provincia di Salerno, ha un aspetto tondeggiante e compatto, mentre a livello di consistenza e sapore è particolarmente tenero e con un cuore molto carnoso. In cucina puoi usarlo nelle ricette più varie, dalla parmigiana di carciofi al pasticcio di carciofi, ma si presta anche ad essere consumato crudo in insalata, trifolato in padella o cucinato ripienocucinato ripieno.

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Carciofo tondo di Paestum

4. Carciofo brindisino

Igp dal 2011, il carciofo brindisino è molto diffuso perché precoce rispetto alle altre varietà, infatti lo trovi sul mercato già dal mese di ottobre. Le temperature miti della sua zona di coltivazione, che comprende i comuni di Brindisi, Cellino San Marco, Mesagne, San Donaci, San Pietro Vernotico e Torchiarolo, lo rende particolarmente tenero e più sapido di altre varietà, motivo per cui spesso si consuma anche crudo. Viene impiegato in tantissime ricette della tradizione pugliese. Una in particolare da provare? I carciofi “alla brindisina”, farciti con un trito di capperi, menta, aglio, pangrattato, olive e cipolla, e cotti in forno su un letto di patate.

5. Carciofo di Castellammare

Sottotipo appartenente sempre alla varietà romanesca, il carciofo di Castellammare è noto anche come “violetto di Castellammare” per il suo particolare colore rosa tendente al viola. Coltivato fin dai tempi dei Romani in una zona ancora oggi chiamata gli "orti di schito" (per questo è conosciuto anche come "carciofo violetto di schito"), deve proprio al suolo vulcanico le sue caratteristiche organolettiche, soprattutto un sapore e una dolcezza molto spiccati. La raccolta avviene da febbraio fino ai mesi di aprile/maggio, e per questa ragione è spesso associato alla tradizione pasquale. Il modo migliore per gustarli? Arrostito sulla brace oppure farcito ingredienti vari, dal macinato di carne ai formaggi, e passato in forno a gratinare.

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6. Carciofo spinoso di Menfi

Il carciofo spinoso di Menfi è un esemplare storico presente sul territorio fin dal Diciannovesimo secolo, un ecotipo tipicamente autunnale che viene coltivato in alcuni territori del Trapanese e dell'Agrigentino, e raccolto manualmente da novembre ad aprile. Si distingue dagli altri carciofi per le sue brattee verdi con sfumatura finale violetta, che presentano nella parte superiore delle grandi spine dorate: per questa ragione in passato era conosciuto anche con il nome di "spinello". Da pulire è piuttosto faticoso proprio per questa sua caratteristica, ma la fatica è ripagata da un carciofo aromatico e croccante, che si presta a essere cotto alla brace ed è ideale per la produzione di sottoli, caponate e pâté.

7. Carciofo bianco di Pertosa

Pertosa, paesino di 600 anime e un tesoro: il carciofo bianco, eccellenza del borgo in provincia di Salerno che deve il nome proprio al suo colore unico, molto chiaro, un verde tenute tendente all’argento. Non ha spine e ha dimensioni piuttosto notevoli, è una varietà tardiva (si raccoglie da metà aprile a fine maggio) e ha una produzione ancora piuttosto marginale, possibile dall'impegno di un gruppo di agricoltori locali che lo coltivano perlopiù per un consumo familiare. Tenero, dolce e particolarmente delicato, è ottimo gustato crudo, condito semplicemente con un filo di olio e qualche goccia di succo di limone, oppure abbinato a paste fresche e arrosti di carne.

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Carciofo bianco di Pertosa

8. Carciofo violetto di Sant'Erasmo

Il carciofo violetto di Sant’Erasmo è una delle varietà più pregiate di questa lista, una vera e propria eccellenza della Laguna di Venezia e nello specifico della piccola isola omonima da cui prende il nome. La sua particolarità è dovuta proprio al terreno dove cresce, un suolo argilloso, fertile e ben drenato che conferisce al carciofo violetto scuro una tenerezza e una carnosità uniche. A livello di sapore è lievemente amarognolo ma molto fragrante, motivo per cui viene consumato soprattutto crudo. Se vuoi provare a cuocerlo provalo fritto in pastella, stufato in tegame o abbinato al pesce: non a caso sono protagonisti dei ciccheti da gustare nei bacari, in abbinamento con gamberetti della laguna, aliciotti e sardine.

9. Carciofo violetto di Toscana

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Carciofo violetto di Toscana

Chiamato anche livornese o carciofo della Val di Cornia, il carciofo violetto di Toscana cresce sui territori costieri del litorale livornese ed è caratterizzato da una “corazza” di brattee coriacee viola scuro che, andando verso l’interno, diventano più tenere e biancastre. Le condizioni microclimatiche della zona conferiscono al prodotto una qualità organolettica considerata superiore alle altre tipologie e che lo rendono particolarmente pregiato. Per gustarlo al meglio devi assaggiarlo sott’olio su una fetta di pane sciapo, ma è molto buono anche fritto.

10. Carciofo di Perinaldo

Il piccolo comune ligure di Perinaldo, in provincia di Imperia, conserva un carciofo davvero nobile: secondo la tradizione, infatti, questa particolare cultivar venne introdotta da Napoleone Bonaparte in persona durante la Campagna d’Italia del 1796. Il carciofo di Perinaldo, che è coltivato solo qui e in Provenza, tra i 400 e i 600 metri sul livello del mare, è senza spine, tenero e non ha barbe all’interno. Secondo la gastronomia locale si consuma crudo, in purezza, ma si trova anche cotto in accompagnamento a carni o selvaggina, protagonista di frittate con parmigiano e funghi e frittelle con aglio e prezzemolo.

11. Carciofo Masedu

La Sardegna propone un’altra prelibatezza del mondo dei carciofi: è il carciofo Masedu, varietà tipica della zona del Campidano, pianura in provincia di Cagliari. Caratterizzato da una forma cilindrica, un’altezza media e un colorito verde con sfumature bruno violacee, questo carciofo è poco adatto al consumo fresco ma perfetto per essere cucinato, perché il suo sapore si sposa praticamente con tutto. In particolare ti consigliamo di provarlo abbinato con vongole e tagliolini, un classico rivisitato in chiave erbacea e aromatica.

12. Carciofo astigiano del sorì

Coltivato tra le colline astigiane già dal dodicesimo secolo, il carciofo piemontese è soprannominato del “sorì”: indica il versante collinare esposto a sud, sud-est, sud-ovest, dunque il più illuminato, e infatti questa coltivazione si trova spesso lungo le vigne, nei punti collinari chiamati con questa parola dialettale. Verde, con poche foglie da eliminare, dolce e tenero, il carciofo astigiano del sorì si presta come ingrediente per svariate ricette, soprattutto in risotti, lasagne e come condimento di pasta fresca; ottimo anche sott’olio, servito a crudo con olio, sale e pepe e qualche scaglia di formaggio grana.

13. Carciofo violetto siciliano

Allungato e dalla forma che ricorda quasi un calice, il carciofo violetto siciliano è una delle tantissime varietà di carciofi che puoi trovare sull’isola: non a caso la Sicilia è il punto nevralgico della diffusione di questo ortaggio da quando gli Arabi, nel I secolo, lo reintrodussero nella penisola. Il violetto è la varietà autoctona che si ritrova un po’ dappertutto con qualche differenza ma con caratteri costanti, tra cui la forma e la sfumatura violacea. Da provare arrostito al barbecue con olio, peperoncino e prezzemolo oppure ripieno con pangrattato cotto al forno.

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Carciofo violetto siciliano
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