Una puntata dedicata alle muffe, quella di Masterchef, che per l'occasione invita uno dei cuochi più tecnici d'Italia: Terry Giacomello. Lo chef stellato di Inkiostro, a Parma, è uno degli allievi migliori fuoriusciti da quel laboratorio impossibile da replicare che è stato El Bulli di Ferran Adrià.
Trovare uno chef con "solo" 1 Stella Michelin che ha avuto un tale impatto sulla gastronomia italiana non è facile. Terry Giacomello, chef stellato di Inkiostro a Parma e ospite della decima edizione di Masterchef, fa parte di questo ristretto gruppo di innovatori che ha lasciato un'impronta indelebile sull'ispido terreno della cucina italiana grazie alle sue idee rivoluzionarie.
Pur trattandosi di uno chef adulto, la data di nascita segna 8 ottobre 1969, il percorso fatto da Terry Giacomello è tutt'altro che concluso. Nel locale di via San Leonardo 124 propone una cucina riformista che fonde alla perfezione creatività e sapori. Con i suoi piatti offre un viaggio attraverso gusti e consistenze provenienti da tutto il globo, cercando di incuriosire e stimolare i palati dei propri ospiti.
Lo chef è nato ad Aviano, in provincia di Pordenone, all'interno di una famiglia con un percorso ben segnato. Mamma Wanda, infatti, è una cuoca provetta di "una semplice ma pur buona trattoria di paese" che spesso e volentieri si porta il piccolo a lavoro. A soli 13 anni il giovane Terry entra in cucina e affianca la madre ai fornelli, un baby prodigio come Flynn McGarry.
Le nozioni di mamma Wanda sono semplici e fondamentali per il futuro chef: impara a fare una pasta all'uovo perfetta, una grande polenta fatta con il mais appena macinato al mulino; impara a trattare la selvaggina, a spennare gli animali sacrificati per i succulenti piatti del ristorante. Si appassiona, decide che questo dovrà essere il suo futuro e si iscrive alla scuola alberghiera di Longarone. Gli anni del liceo sono formativi e passano in fretta, con grande successo.
Arrivata la maggiore età, con una consapevolezza ben diversa dagli esordi in trattoria ed esperienze in vari ristoranti tra stagioni estive e lavoretti saltuari, lo chef decide di fare il grande passo. Terry Giacomello si affida, per completare la sua formazione, a veri e propri templi della gastronomia mondiale. Gli inizi da Marc Veyrat (il primo cuoco a ricevere il voto perfetto di 20/20 nella guida Gault et Millau) e Michel Bras (3 Stelle Michelin) in Francia, dove resta un paio d'anni; poi si trasferisce un po' più a ovest per un incontro che gli cambia la vita.
Terry Giacomello è stato infatti per quasi 4 anni in un piccolo ristorante, situato sopra Cala Montjoi, un'insenatura della Costa Brava in Catalunya. Parliamo ovviamente di El Bulli, il ristorante gastronomico più rivoluzionario del mondo, gestito dal cuoco che più di tutti ha influito sulla cucina contemporanea: Ferran Adrià. In Spagna lo chef friulano apprende i segreti più nascosti della cucina del Bulli, a partire dalla cucina molecolare che porterà in Italia con grande successo. Dopo l'esperienza in Spagna la sua biografia ci porta in Brasile, da Alex Atala, chef numero 54 al mondo per la World 50 Best, prima di ritornare in Europa al bistellato Mugaritz con Andoni Luis Aduriz e in Italia, accanto a Sergio Mei, al Four Season di Milano.
Dai grandi maestri apprende disciplina, professionalità, rigore in una cucina, umiltà, ma anche l'arte di saper maneggiare le materie prime, rispettandole senza rovinarle, fino a raggiungere una perfezione quasi maniacale nel lavoro. Terry Giacomello è senza dubbio uno degli chef più tecnici d'Italia ed è per questo che la sfida di Masterchef è davvero ostica per i concorrenti del talent show culinario in onda su Sky.
Lo chef di Inkiostro è un uomo sempre col sorriso sulle labbra, umile e protettivo verso i suoi collaboratori. I suoi piatti sono unici, ben strutturati, frutto di un approfondito studio e si distinguono per fantasia, colore e innovazione. D'altra parte è la stessa Guida Michelin a scrivere che "la carta propone piatti incentrati su una materia prima di grande qualità trattata con intelligenza e rispetto in un twist creativo. Preparatevi, quindi, a un viaggio attraverso gusti e consistenze provenienti da tutto il globo; Terry non mancherà d’incuriosire e stimolare i palati dei propri ospiti già dalle presentazioni: sempre inconsuete e mai scontate".
I piatti più famosi di Giacomello sono incredibili, mozzafiato. A partire dalla "Medusa", un piatto tanto bello quanto difficile ottenuto grazie ai midolli derivati dall'apertura delle ossa del tonno di Sicilia e usando quattro tipi di alghe diverse. Il midollo di tonno è tanto caro a Giacomello tant'è che lo scorso anno, sempre a Masterchef, lo ha presentato ai concorrenti in una puntata con altri illustri colleghi (Lele Usai e Gianpaolo Raschi).
Altro piatto simbolo di Inkiostro è il Limone dimenticato, dove il frutto viene sbollentato e inoculato con muffe per esser poi servito ripieno di meringa all’italiana al limone. Si tratta di una dedica esplicita al Mugaritz, dove Aduriz lascia "ammuffire" una mela, inoculandola con due muffe. In questo caso il limone di Terry Giacomello è figlio della muffa penicillium, la stessa del roquefort. L'agrume è sbianchito 10 volte per eliminare l'amaro e poi sottoposto a una classica canditura nello sciroppo di acqua e zucchero. Una volta inoculata la muffa del roquefort (al Mugaritz viene usata la muffa del camembert per la mela), viene sciolta nel latte e spennellata sull'agrume. La muffa si sviluppa nell’arco di 6 giorni a 22 °C. I limoni usati sono gli sfusati della Costiera Amalfitana, prodotti di eccellenza invidiati in tutto il mondo.
La volontà di Giacomello con i suoi piatti è di arricchire il bagaglio culturale dell'esperienza al ristorante. Da Inkiostro non tutto è quello che sembra, anzi, spesso non lo è affatto. Nel corso del 2020 lo chef si è segnalato anche per aver messo un altro mattone nella storia dell'hamburger, creando il Terry Burger, l'hamburger più all'avanguardia al mondo. Pensate, non ha né carne né pane eppure l'aspetto confonderebbe i più accaniti carnivori.
Il Terry Burger è un piatto che potrebbe diventare un'icona pop dell'avanguardia emiliano-romagnola, un piatto che ha falde di pomodoro confit umami-driven con salsa di soia e caffè al posto della carne, così da dare al piatto la colorazione e l'amaro sulla dolcezza tipica della carne alla griglia. Il formaggio che simula il cheeseburger è un omaggio alla città che lo ospita, Parma, ed è infatti un siero di Parmigiano Reggiano addensato all'agar-agar, come si usa nella sferificazione. L'insalata è l'unica cosa "vera" del panino, perché è per l'appunto una semplice insalata. I semi del panino non sono invece di sesamo ma di melone, pelati ed essiccati. Il pane è un composto di albume, colla di pesce e questo polisaccaride che ha un basso potere dolcificante, ma dà struttura alla meringa, per una texture finale quasi di marshmallow. Un piatto per sorprendere, di uno dei cuochi più sorprendenti che abbiamo in Italia.