Eduardo De Filippo diceva che "essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male" e chi siamo noi per contraddire il grande drammaturgo? Andiamo alla scoperta delle 13 scaramanzie più famose riguardanti la tavola. Alcune hanno dei significati storici e culturali molto profondi, altre sono solamente buone maniere.
La cucina, la tavola, la gastronomia sono pregne di rituali ed elementi scaramantici. La scaramanzia attorno a una tavola imbandita abbonda grazie a innumerevoli aneddoti che hanno attraversato gli oceani del tempo, giungendo fino a noi. Diceva Eduardo De Filippo che "essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male" ed è per questo che spesso, anche i più scettici e razionali, si lasciano andare a qualche rito innocente legato alla propria giovinezza, o alla conoscenza tramandata dai più anziani. Molte di queste tradizioni sono legate a eventi riscontrabili nella quotidianità, per questo motivo porta male far "rovesciare delle cose", come ad esempio l'olio o il sale. Vediamo nel dettaglio quali sono le più importanti superstizioni legate alla tavola.
L'olio è chiamato anche "oro liquido", va da sé che parliamo di un alimento estremamente prezioso. Proprio per questa sua ricchezza, questa superstizione è una delle più antiche esistenti, risale addirittura ai tempi dei Sumeri. Essendo un prodotto molto "faticato", perché per produrlo si fanno numerosi sacrifici, soprattutto fisici, è sempre stato trattato con grande rispetto. La credenza popolare prende vita intorno al 3500 a.C., proprio agli albori della storia dell'olio. Noto fin dall'antichità per le sue proprietà purificatorie, la coltivazione degli olivi e l'estrazione dell'olio è stata tramandata agli Egizi, Assiri e Greci e da quest'ultimi alla penisola Italica, soprattutto nella Magna Grecia. Gli accordi tra i contadini e i proprietari terrieri erano chiari, e a vantaggio assoluto dei proprietari: la maggior parte dell'olio andava a loro, quello che restava ai lavoratori. Per questo motivo l'olio rovesciato è considerato ancora oggi disdicevole, portatore di sventura, una disgrazia per tutti. Se l'olio invece di cadere a terra, cade sulla tavola, pare sia ancora peggio. Sfiga assicurata, per tutta la vita.
Non disperate però, perché a ogni scaramanzia c'è un rimedio, in questo caso addirittura due: prendere del sale e buttarselo alle spalle in primis; inoltre, per essere certi, si può gettare anche sull'olio, formando una croce immaginaria, così da scacciare le malelingue con un aiutino dall'alto.
Tutte le scaramanzie riguardanti il vino sono bene auguranti. Pensate alle inaugurazioni delle navi con l'usanza di rompere una bottiglia sulla prua, o le bollicine di Capodanno per augurare prosperità. L'usanza più strana è legata al momento in cui il vino viene rovesciato: non si sa perché, ma il vino caduto sulla tavola porta bene. Anzi, quando il vino viene rovesciato sulla tovaglia, anziché mormorare frasi irripetibili perché magari era il corredo buono della nonna conservato con tanto amore, intingete un dito nella macchia e bagnatevi il collo. Pare porti fortuna.
Guai a mettere il pane capovolto a tavola. Secondo la tradizione il pane sottosopra è portatore di grande sventura, di disprezzo. Una mancanza di rispetto verso gli altri commensali. Non solo non può essere appoggiato capovolto il pezzo di pane, non può neanche essere porto sottosopra a qualcun altro. Le motivazioni sono due, una legata alla religione, l’altra alla storia.
La via religiosa è di facile intuito: il pane è il "Corpo di Cristo", e il corpo di Gesù non si può offrire capovolto, sarebbe una vera blasfemia. A questa superstizione è legata anche quella del "bacio" prima di gettarlo: soprattutto le persone più anziane gli danno un bacetto prima di buttarlo nel cestino (se proprio non lo si riesce a recuperare) perché è il "corpo di Cristo".
La via storica ci porta direttamente nella Francia Medievale. A metà del ‘400 in Francia la condanna più gettonata era il taglio della testa, ben prima che la Rivoluzione Francese la rendesse di moda con la ghigliottina. A quei tempi il lavoro andava fatto a mano, con l'olio di gomito, e l'addetto al taglio era il boia. Lavoro disprezzabile che qualcuno doveva pur fare, ma questi "poveri" uomini nella vita di tutti i giorni sono stati poi osteggiati, bullizzati quasi dalla popolazione locale. Il gesto peggiore? Ideato dai fornai: ai boia veniva riservato il peggior pane possibile. Per salvare la propria manovalanza, Carlo VII emanò un decreto che, sostanzialmente, invitava i panettieri a trattare tutti i clienti allo stesso modo e che se non avessero accettato il boia come cliente, sarebbero diventati loro clienti del boia. I panettieri escogitarono così una nuova usanza: per esprimere disprezzo, da quel momento ai boia il pane veniva dato solo e soltanto capovolto. Carlo VII non sapeva più che fare e "per tagliare la testa al problema" trovò una soluzione ingegnosa: i boia, dal ‘400 in poi, avrebbero lavorato rigorosamente incappucciati, così da non essere riconosciuti.
"Mi passi il sale?" e ve lo mettono sul tavolo, vicino a voi ma non in mano. Che fastidio provoca questo gesto in chi non è scaramantico? Purtroppo però tutti devono adattarsi. Il sale non si passa di mano in mano, si poggia. Questa credenza trae ispirazione nientemeno che dalla Bibbia: pare infatti che Giuda avesse rovesciato del sale in un passaggio di mani poco prima di tradire Gesù, durante l'ultima cena. Per questa ragione nacque la convinzione che passarlo di mano in mano aumenti la possibilità di farlo cadere, con le conseguenze che conosciamo.
Immaginate la scena: Vigilia di Natale, o compleanno con gli amici, avete apparecchiato bene, così bene che perfino l'esigentissima Csaba dalla Zorza non avrebbe nulla da ridire se non per quelle maledette forchettine da tè che non ha mai nessuno. Siete stanchi e non vi va di sparecchiare. Se la tovaglia scelta è bianca, per quanto siate assonnati, dovete correre a toglierla. Perché? Lasciare la tovaglia bianca sul tavolo per tutta la notte, secondo la superstizione, potrebbe addirittura uccidervi! Oltre ad essere un facile rifugio per i fantasmi, può diventare un lugubre richiamo al lenzuolo funebre. A parte tutta la fatica che dovete fare per non far ingiallire il tovagliato bianco in armadio, queste vogliono pure farvi secchi. Sicuri non sia meglio una fantasia floreale la prossima volta?
Questa superstizione è così "reale" che è considerata proprio maleducazione. Non a caso si dice "versare alla traditora", ma perché è così disdicevole versare vino e acqua con il dorso della mano? In questa credenza c'è un fondo di verità, il timore è giustificato. Fin dall'antica Roma ci sono state tantissime storie di avvelenamenti e morti improvvise durante i banchetti. Il colpevole? Non il maggiordomo ma chi versa il vino. L'omicidio perfetto è legato a un ingegnoso anello concavo con un tappo semovibile, nel quale viene riposto del veleno. Uccidere è facile: prendi la bottiglia, giri il dorso della mano e fai cadere il veleno nel calice. La bottiglia copre la visuale dell'anello e il gioco è fatto.
Nel Medioevo, stufi di doversi guardare sempre le spalle a ogni mangiata in compagnia, nasce una nuova tradizione: versare un po' del proprio vino nel calice di chi è accanto e così via fino all’ultimo commensale. Un gesto di condivisione e sopravvivenza. La tradizione della "traditora" ha anche un simbolo molto famoso: secondo le leggende che riguardano l'affascinante e oscura Lucrezia Borgia, pare che proprio la nobildonna avesse uno di questi anelli e se ne servisse più spesso di quanto ne convenga.
Incrociare le posate è maleducato innanzitutto perché, sintatticamente e metaforicamente, c'è un rimando alla crocifissione. Di solito queste cose non sono mai ben viste dalla dea bendata. Questa tradizione nasce nei sontuosi banchetti alla corte di Francia, infatti il rimando è per lo più ai pranzi eleganti, con tante posate ai lati del piatto. Incrociare i coltelli in primis, ma vale per tutte le posate, dovrebbe portare a un sicuro litigio con qualche commensale.
Questa tradizione è strettamente legata al punto 6. Il gesto sarebbe stato introdotto nel Medioevo, quando c'era il forte rischio che si avvelenassero i bicchieri dei rivali. Guardarsi negli occhi è un sintomo di onestà, anche perché far tintinnare i bicchieri può far svolazzare qualche goccia avvelenata nella propria coppa. Nota a margine: in Repubblica Ceca il concetto è esclusivamente scaramantico, non c'è alcun rimando storico. Pare che gli sguardi incrociati siano riferiti solo alle coppie e hanno un significato passionale: gli innamorati devono guardarsi negli occhi per evitare 7 anni di cattivi rapporti sessuali.
Come per il sale, anche passare un coltello ha un preciso galateo dovuto alla superstizione: i coltelli si poggiano sul tavolo, per evitare ferite o tagli inavvertiti. Più che superstizione sembra essere logica ma, per ragioni meramente scaramantiche i coltelli d'argento dei servizi buoni hanno la punta arrotondata e non sono mai troppo taglienti.
Vista la natura della bevanda è facilmente intuibile che la nascita di questa superstizione sia riconducibile all'Impero Britannico. La tradizione anglosassone del tè pomeridiano ha però conquistato tutto il mondo ed è bene capire che ci sono delle credenze anche da quelle parti. Una regola tanto semplice quanto ferrea: dopo aver versato il tè nella tazza occorre innanzitutto aggiungere lo zucchero, solo alla fine il latte. La punizione? Niente matrimonio.
Oltre alla sequenza giusta per preparare il tè, se il vostro desiderio è sposarvi dovete stare attenti anche a dove vi sedete a tavola. Accomodarsi su una sedia, avendo il piede del tavolo tra le gambe, porta tanta sfortuna e non vi permetterebbe di coronare il vostro sogno d'amore.
Quasi tutte le superstizioni sono legate a eventi nefasti, finalmente qualcosa di positivo: i superstiziosi non possono lasciarsi sfuggire queste rare occasioni di gioia. Quindi che fare? Quando mangiate il primo frutto della stagione, ad esempio la prima castagna dell'anno o le prime ciliegie, esprimete un desiderio e questo si avvererà entro l'anno.
Questa è facile direte voi: 13 a tavola no perché nell'ultima cena di Gesù Cristo i commensali erano 13 appunto. Eh no, mi dispiace deludervi. Questa superstizione è più antica del Cristianesimo e risale alla mitologia scandinava.
Durante una cena con 12 divinità in quel di Asgard sopraggiunge Loki, il dio della grande astuzia e degli inganni, ma anche della distruzione e della discordia. Offeso per non essere stato invitato diventa il tredicesimo a tavola, con grande disappunto da parte dei "colleghi". Ne nasce un conflitto con il dio della pace, Balder, che resta ucciso dal fratellastro Loki nella battaglia. La leggenda si diffonde in tutta Europa fino ad arrivare al Cristianesimo che si appropria della tradizione.
Oggi in Occidente quando si pensa ai 13 commensali riuniti attorno a un tavolo il rimando è sicuramente all'ultima cena. I dipinti, gli affreschi, tutte le opere letterarie e artistiche legate a quell'evento hanno contribuito a questa credenza popolare. Ormai gli scaramantici credono che essere 13 a tavola sia talmente di cattivo augurio da scatenare presagi di morte nei confronti di uno dei commensali. Per evitare le sciagure, secondo la superstizione, il metodo migliore è invitare una quattordicesima persona. Se proprio non si conosce nessuno, basta apparecchiare ugualmente per 14. In Gran Bretagna il commensale in più è spesso raffigurato da un oggetto sulla tavola, a forma di gatto o di cane di porcellana.