Pizza a portafoglio, cuoppo, pizza fritta, sfogliatelle: Napoli è la città dello street food. Ti permette di mangiare bene spendendo poco, cosa non scontata di questi tempi. Vediamo gli street food più iconici della città e i migliori indirizzi in cui andare tra la tradizione e i nuovi classici.
Una delle capitali mondiali dello street food è Napoli: pizze a portafoglio, cuoppi, sfogliatelle e tantissimi altri piatti più moderni che si sono affacciati alla città sfruttando anche l'impressionante ondata di turismo che c'è stata nell'ultimo decennio. Il modo migliore per immergersi in questa immensa cultura gastronomica è indossare scarpe comode e girare nei dedali delle strade, rischiando anche di perdersi: ti assicuriamo che perdersi con un cuoppo di pesce fritto è una dolce sventura. Vediamo insieme i migliori street food di Partenope e dove andare a mangiarli.
Una cosa bella dello street food di tutto il mondo è che si spende poco. Ti dà la possibilità di mangiare cose buonissime con pochi euro, godendo dei paesaggi delle città, immergendosi nell'anima dei luoghi che stai visitando o che vivi quotidianamente. A Napoli lo street food è davvero molto vario, ce n'è per tutti i gusti. Passeggiando per le strade del centro storico o nei quartieri più vivaci, ti troverai avvolto da un vortice di profumi e sapori irresistibili. Ogni angolo offre una specialità da provare, un morso di tradizione che racchiude la vera anima di Napoli. Purtroppo però il turismo ha anche diluito molto la qualità quindi è importante scegliere bene i ristoranti in cui rifocillarsi per non avere una fregatura.
La pizza a portafoglio, conosciuta anche come "pizza a libretto" è una variante della classica tonda napoletana. Ha dimensioni ridotte (circa 15-20 cm di diametro) e viene ripiegata su se stessa in quattro, così da poter essere mangiata con le mani, in strada. Solitamente questa tipologia di pizza è una Margherita ma puoi trovare diversi gusti a seconda delle pizzerie che la propongono. Nasce a inizio Novecento come soluzione economica e pratica per gustare una pizza fuori casa. Era particolarmente diffusa tra i lavoratori e gli studenti che non avevano tempo o modo di fermarsi in una pizzeria.
Dove troviamo la migliore pizza a portafoglio di Napoli? I prezzi variano da 1,50 euro a 3,50 euro più o meno.
Attilio Bachetti è il maestro silenzioso della pizza napoletana, il locale si trova alla Pignasecca. La sua tonda è tra le migliori della città e la pizza a portafoglio che presenta nella vetrinetta su strada fa fede alla fama del maestro. La sua pizza a portafoglio è perfettamente lievitata, soffice, ricca di condimento.
A pochi passi da Attilio c'è Al 22, altra pizzeria storica della Pignasecca. Qui puoi trovare una pizza a portafoglio più tradizionale e fedele alle pizzette di inizio secolo scorso, quindi ha un morso più tenace e croccante.
Ci spostiamo su via Toledo per andare in un distaccamento di una pizzeria molto famosa: qui Michele Tutino offre tante versioni della pizza a portafoglio oltre alla classica Margherita. Anche in questo caso l'impasto è però molto attinente alle prime ricette messe a punto dalle pizzerie storiche.
Errico Porzio è uno dei pizzaioli più famosi del mondo, vera e propria star dei social. Partito da un localino in una zona malfamata di Napoli è diventato uno dei grandi di questo mondo basando la propria fama soprattutto su una comunicazione schietta e sincera. Ovviamente la comunicazione è supportata da un buon prodotto come questa pizza a portafoglio del locale vomerese, una pizzeria aperta in una delle vie dello shopping napoletano pensata proprio per street food e asporto. Qui la pizzetta è leggermente più grande rispetto alle altre citate ed è declinata in diverse varianti, anche gourmet.
La pizza fritta non è ufficialmente uno street food perché va mangiata seduta al tavolo, rischiando delle ustioni alle dita per strappare l'impasto fritto e rovente. Storicamente c'è però una versione mignon della pizza fritta che va mangiata in strada: il battilocchio. Si tratta di una pizza fritta chiusa a mezzaluna e fatta con metà impasto di una pizza normale. Non sappiamo bene perché si chiami così ma sappiamo che il piatto risale almeno al 1932: in quest'anno esce "A rumba d' ‘e scugnizze" celebre canzone di Raffaele Viviani, resa celebre al grande pubblico da Massimo Ranieri, che nel suo riproporre la scena di un mercato napoletano di inizio Novecento viene "cantata" da una delle voci urlanti. In napoletano un "battilocchio" è, tra l'altro, non solo la specialità da street food: è anche un insulto da fare a una persona che sembra sempre frastornata e stordita. Il termine deriva dal vocabolo francese battant l’oeil usato per indicare una cuffietta femminile per dormire. Tradizionalmente il battilocchio viene farcito con ricotta, mozzarella e cicoli ma ormai, anche qui, le ricette sono tra le più disparate.
Dov'è che andiamo a mangiare i migliori battilocchi di Napoli? I prezzi delle pizze fritte si aggirano tutti attorno ai 5 euro.
La patria di questa pietanza è senza ombra di dubbio la Masardona, che in città ha due sedi (una nei pressi della stazione centrale e una a piazza Vittoria, tra il lungomare e la villa comunale) ed è anche una delle migliori pizzerie specializzate del capoluogo. Secondo molte storie sarebbe stata proprio "la masardona", ovvero Carmela Pintauro, fondatrice della pizzeria e nonna dell'attuale titolare, Enzo Piccirillo, ad inventare il battilocchio. La pizza della Masardona è leggiadra, a stento sembra fritta. Un invito a mangiarne in quantità industriali.
Più verace (ma altrettanto buono) è il battilocchio che puoi trovare in zona Forcella da De' Figliole: ha una panatura più croccante figlia di una frittura più aggressiva. Qui ti suggeriamo di assaggiare quello con scarole, olive nere e acciughe, una vera squisitezza. Ottima anche la versione tradizionale con cicoli e ricotta.
C'è infine il pizzaiolo sulla bocca di tutti: Gino Sorbillo. Il legame tra il famoso pizzaiolo e la pizza fritta è davvero strettissimo tant'è che le ha dedicato un format tutto suo, a sua volta ispirato alla "capofamiglia": Zia Esterina Sorbillo. Fu lei la prima a mettere a regime la pizzeria di famiglia che poi Gino ha reso così celebre. Ci sono diverse sedi di Zia Esterina sparse per la città, c'è sempre una fila chilometrica: vi suggeriamo di andarci quando c'è poca fila perchè il prodotto risulta nettamente migliore.
Il cuoppo è solitamente di pesce ma si presta a interpretazioni varie perché il suo nome non fa riferimento a ciò che mangi ma al suo contenitore. Il cuoppo è infatti un cono di carta paglia che viene riempito con un assortimento di fritti, offrendo un'esplosione di sapori e consistenze irresistibile. Il contenuto del cuoppo varia a seconda della tradizione e delle preferenze personali, ma in genere include un mix di fritti tipici come baccalà, alici, seppie, calamari, gamberetti oppure palle di riso (simili agli arancini), zeppoline di pasta cresciuta, crocché, frittatine, scaglie di polenta. Il cuoppo rappresenta un vero e proprio trionfo della tradizione culinaria napoletana perché offre una grande scelta agli avventori. La varietà di fritti, la loro doratura croccante e il sapore irresistibile lo rendono un must-try per chiunque visiti la città.
Dove possiamo mangiare il miglior cuoppo di Napoli? I prezzi variano tra i 5 e i 15 euro a seconda dell'abbondanza del prodotto.
I migliori cuoppi di "terra" e di "mare" sono entrambi nel mercato della Pignasecca. Per quello classico di frittura all'italiana ti consigliamo Fiorenzano, un'istituzione storica situata nel cuore del mercato. L'insegna nasce nel 1897 e da allora sono stati realizzati tonnellate di fritti: fatti ingolosire dalla gigantesca vetrina e creati un cuoppo personalizzato con le fritturine più amate.
A pochi passi da Fiorenzano c'è invece Pescheria Azzurra che fa un cuoppo di pesce fritto freschissimo a prezzi davvero modici. I prezzi variano tra i 5 e i 15 euro a seconda dell'abbondanza del prodotto.
Qui è solo di terra e non usano un cuoppo classico ma una semplice bustina. Si trova a piazza Fuga, a pochi passi dalla funicolare, e merita assolutamente la visita: alcune delle migliori fritture della città. Suggeriamo soprattutto le melanzane impanate, i mini crocché e le zeppoline di pasta cresciuta.
Il panino napoletano è un prodotto tipico delle rosticcerie. È realizzato con un impasto simile a quello della pizza, arricchito con strutto e ripieno di salumi. Somiglia un po' al tortano pasquale. Solitamente all'interno ci sono uova, salame e prosciutto ma i prodotti possono variare e molti aggiungono formaggi come provolone, scamorza o fiordilatte, tagliati a fette o a cubetti. È delizioso anche se non è così famoso fuori dai confini della città perché la fregatura è dietro l'angolo: molti utilizzano salumi scadenti che rovinano tutto. Il panino napoletano deve somigliare proprio al pane col salame che ti faceva tua nonna, quindi deve avere una parte di unto minima e un bel profumo rustico.
Dove troviamo il miglior panino napoletano di Napoli? I panini napoletani costano in genere 1,50 o 2 euro.
Sul bellissimo corso Vittorio Emanuele c'è l'Antica Forneria Molettieri, uno dei migliori panifici d'Italia, che propone la sua versione realizzata con impasto all'acqua di mare: una leggerezza davvero invidiabile. Prodotti di altissima qualità usati nell'impasto danno a questo panino un'eleganza che non si trova così spesso.
Segnaliamo anche quello di Rescigno, altro forno storico presente in vari punti della città, che lo realizza in maniera più rustica. La sua versione è infatti farcita con ogni ben di Dio: uova, cicoli, salame e formaggio, pepe e sugna, irresistibile. Il panificio lavora molto bene anche nell'horeca quindi ti può capitare di trovare prodotti firmati da Antonio Rescigno in vari supermercati della città, a prezzi molto abbordabili. Non te li perdere.
Facciamo una piccola digressione su Augustus perché qui puoi gustare un ottimo caffè, buonissimi babà e sfogliatelle, alcuni dei migliori formaggi della città. Augustus è un piccolo bar su via Toledo che ha una sala sul retro ed è gestito da veri appassionati di merceologia. Assaggiatori diplomati in vari ambiti, soprattutto nel mondo dei formaggi sono un'istituzione. Proprio grazie a questi prodotti di alta qualità riesce a tirar fuori un panino napoletano che abbina la leggerezza di Molettieri e la golosità di Rescigno: non raggiunge i picchi estremi di nessuno dei due ma è una sintesi davvero eccellente tra i prodotti sopracitati.
Infine ti suggeriamo il panino napoletano di Imperatore, nella zona collinare (Colli Aminei): una pasticceria storica e di livello che ha un'anima da rosticceria tradizionale. Impasto soffice, prodotti freschissimi e un giusto equilibrio di sapori.
Questo è per anime forti:‘o pere e ‘o musso, che in italiano significa letteralmente "il piede e il muso", è un piatto tipico della tradizione povera napoletana. Si tratta di un piatto realizzato con piede di maiale e muso di vitello, lessati e conditi con un'emulsione di olio extravergine d'oliva, succo di limone, sale e pepe. Viene servito freddo o a temperatura ambiente, per questo è tipicamente estivo. Può essere consumato come antipasto, per stuzzicare l'appetito mentre si passeggia per strada, o come secondo piatto, accompagnato da un contorno di verdure fresche o pane casereccio.
Dove mangiamo il miglior pere e musso di Napoli? Bisogna stare molto attenti a questa pietanza perché parliamo comunque di interiora quindi la prima cosa da osservare è la pulizia del carretto o del negozio che le vende. Il prezzo varia molto a seconda della quantità ma costa circa 10 euro al chilo.
Famosissima è la trattoria Le Zendraglie, alla Pignasecca, che fa piatti prevalentemente a base di trippa e affini. All'esterno c'è un bellissimo banchetto con acqua corrente che vende solo pere e musso: la fama della trattoria è ben riposta.
Si trova alle spalle del Real Albergo dei Poveri. Ormai ospita critici internazionali, ha citazioni su alcuni dei più importanti giornali del pianeta, ma la sostanza non cambia: poche volte può capitare di andare in un ristorante che fa solo ed esclusivamente interiora e sentire questo profumo di pulito quasi asettico, da ospedale. Tutto ciò si riflette sull'assoluta qualità del prodotto.
Uno dei nuovi trend di Napoli è la pasta in versione street food. Tantissimi locali si sono ingegnati e hanno creato delle porzioni portatili (circa 100 grammi) da mangiare in giro tra i turisti, a lavoro o perché no in università. Un'idea innovativa e anche un po' antica: la pasta secca cotta in strada e mangiata dai passanti è una delle prime modalità di consumo di questo prodotto. Un'abitudine settecentesca pericolosissima, che ha dato il via a diverse epidemie a causa delle scarse condizioni igienico-sanitarie, che fortunatamente è andata presto in disuso e poi si è evoluta (magari inconsapevolmente) in questi nuovi format.
Dove mangiare le migliori paste take away a Napoli? I costi vanno dai 5 ai 16 euro.
Cominciamo da un indirizzo "stellato": tra virgolette perché La Devozione, il take away di Di Martino Pasta Bar a Piazza Municipio, ripropone le ricette di Peppe Guida, su tutte proprio il celebre spaghetto al pomodoro che dà il nome al locale. Ha varie ricette disponibili ma ti consigliamo comunque il classico spaghetto al pomodoro perché con soli 5 euro ti gusti oltre 100 grammi di pasta adagiati su un crostino di pane che assorbe tutto il sugo in eccesso ed è la dolce coccola finale, come la puntina di cioccolato del Cornetto gelato.
Molto interessante è anche i format di PasteNà, al centro storico: una carbonara straordinaria che attira i più, così come una deliziosa cacio, pepe e lime, ma ha ricette elaborate (come una versione alternativa alla genovese, senza cipolle, sostituite dal porro) che invogliano a provare tutto il menu, anche perché la pasta è tutta fatta in casa. Da provare anche i ravioli al vapore che propone il ristorante, soprattutto quelli alla lasagna bolognese, con la sfoglia di spinaci e la cialda di parmigiano.
Qui ci mettiamo anche una bonus track perché fa parte del mondo della pasta: parliamo di Bop, l'indirizzo underground di Luca Affatato, tra Materdei e il Vomero. Fa ravioli con tendenze del Sud-Est Asiatico, venduti su strada, in un posto minuscolo e arredato in modo unico. Il menu cambia tutti i giorni, il tema cambia tutti i giorni, la musica che esplode dalle casse è memorabile: vale la pena andarci non solo per i ravioli (tra i migliori di Napoli e non solo), ma per tutta l'atmosfera che è riuscito a creare. È come entrare nella tana del Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Le frittatine di pasta napoletane sono piccole tortine di pasta condite con un ricco ripieno di besciamella, prosciutto cotto, piselli e formaggio grattugiato, il tutto avvolto in una panatura croccante e dorata o da una sottile e leggera (a seconda della scelta dello chef). Sembrano degli scrigni di bontà che nascondono una ricchezza inenarrabile: fidati di questa impressione perché è proprio quello che sembra. Pur se le diamo per scontate, in realtà questa ricetta non è così antica: ha circa 40 anni. Non è un caso perché la frittatina ha obbligato rosticcerie e pizzerie a fare uno switch mentale non da poco: per secoli (ancora oggi) la frittata di pasta è un piatto di recupero, fatto con gli avanzi; qui invece la pasta viene appositamente preparata, con una ricetta elaborata e nemmeno tanto semplice da realizzare. Il risultato è spettacolare e ha permesso a tanti pizzaioli di ingegnarsi con le ricette.
Dove mangiare le migliori frittatine di Napoli? Restando un attimo sul passato, è davvero notevole la "frittacrock", così la chiamano, dei ragazzi di PasteNà e quelle di Imperatore, due indirizzi che abbiamo già incontrato. I prezzi vanno dai 2 ai 4 euro.
Segnaliamo quella tradizionale di Di Matteo, uno dei padri di questa preparazione e autentica leggenda in città. La sua panatura è leggerissima, senza l'ausilio del pane grattugiato: perde in croccantezza ma ne guadagna in tutto il resto. Le scuole di pensiero sulla panatura sono molto filosofiche ma hanno tutti ragione, purché il piatto sia buono.
La sua frittatina alla genovese è stata una delle prime "frittatine gourmet" della città e ancora oggi, a un decennio di distanza, è impareggiabile. Profumata, fragrante, con una croccantezza appena accennata. Fatta in collaborazione con un grande chef, merita ogni tipo di fila, ogni tipo sforzo: è un'esperienza da fare e rifare. Sono ottime anche le altre frittatine, soprattutto quella classica, ma quella alla genovese è una cosa fuori dal mondo.
È famosissima sui social ed è la vincitrice morale della puntata di Quattro Ristoranti di qualche anno fa con Alessandro Borghese grazie proprio alla sua personalità. Come scritto per Porzio, la personalità deve essere supportata dal prodotto e in questo caso ci troviamo davanti a quelle che sono, probabilmente, le migliori frittatine di Napoli in assoluto. Cotte alla perfezione, non unte, molto golose, con un ripieno abbondante. Una squisitezza. Ottima comunque tutta la frittura (da provare la pizza fritta ma non in versione street food).
A Napoli si chiama ‘o broro ‘e purpo, un piatto antichissimo della tradizione, diffuso soprattutto nei mercati. Prettamente invernale, si tratta di una zuppa calda a base di acqua di cottura del polpo, aromatizzata con sale e abbondante pepe nero, servita in tazza o bicchiere e accompagnata da un tentacolo di polpo cotto. Dove mangiare il brodo di polpo a Napoli? Il prodotto costa circa 5 euro.
Meta apprezzatissima è senza dubbio il chioschetto di Raffaele ‘o mericano, a via Foria, l'ultimo a fare il brodo di polpo alla vecchia maniera, cioè in un carretto e senza troppi fronzoli. Piccantissimo, davvero rinvigorente nelle fredde giornate invernali, ma occhio a chi è più sensibile col pepe perché il prodotto è davvero forte.
Delizioso anche quello di ‘A figlia do Marenaro, con la famosissima Assunta Pacifico a fare da mattatrice. Il suo è meno pepato e più "da ristorante". Il rapporto tra la ristoratrice e questo specifico piatto è profondo: il suo papà ha cominciato l'attività proprio con un carretto a porta Capuana, moltissimi anni fa, e l'Assunta bambina di tanto in tanto andava ad aiutare suo padre nella vendita del brodo di polpo.
Un po' come il cuoppo, con il termine "cuzzetiello" a Napoli ci si riferisce a un "involucro" ma in questo caso è commestibile: si tratta infatti della parte finale del pane cafone, privata della mollica e farcita con i piatti tipici della cucina partenopea, come la parmigiana di melanzane o il ragù. In linea di massima tutte le estremità dei classici pani napoletani, quindi con impasto salato, crosta croccante e mollica morbida, sono "cuzzetielli", anche da vuoti. È uno street food entrato solo di recente nel mondo commerciale perché per tanti anni è stato semplicemente il panino che le persone si portavano da casa quando facevano lavori fisici. Non a caso è noto anche come "a marenna do' fravecatore" o "panino del muratore". È una delle due "marenne" del cibo napoletano, all'altra ci arriviamo.
Dove mangiare il miglior cuzzetiello di Napoli? I prezzi variano tra i 7 e i 10 euro.
Il primo a intuire il potenziale di questa preparazione è stato senza dubbio il giovane Dario Troise che nel 2016 ha aperto O' Cuzzetiello Panineria TakeAway, nei pressi di piazza Nazionale: i suoi prodotti sono freschi, le ricette sono varie e tutte aderenti alla tradizione. Ottimo quello con le polpette al ragù, godurioso quello con la parmigiana, immancabile quello con salsicce e friarielli.
Consigliamo anche il cuzzetiello di Tandem, un format tutto dedicato al ragù di carne napoletano declinato in più modi. Si trova nei pressi di piazza San Domenico Maggiore. Entrambi gli indirizzi si fanno forza su un pane di altissimo livello, imprescindibile per la buona riuscita del cuzzetiello: deve ammorbidirsi ma non troppo, altrimenti diventa difficile da mangiare.
Restiamo un po' nel mondo dei panini perché grazie a diversi influencer di TikTok è ormai diventato un vero e proprio street food: parliamo della cosiddetta "marenna". In realtà è un comunissimo panino farcito che fanno tutte le gastronomie napoletane e la maggior parte dei supermercati della città. C'è chi predilige i salumi, chi aggiunge formaggi, latticini o secondi piatti. C'è totale libertà di scelta. Anche se la traduzione letterale è "merenda", non va confusa né con la prima colazione né con lo spuntino tra pranzo e cena. ‘A marenna a Napoli è un pasto completo, anche sostanzioso, che può essere fatto con la qualunque, l'importante è che sia fra due fragranti fette di pane o in uno sfilatino.
Dove mangiare le migliori "colazioni" (anche così sono chiamate) di Napoli?
La città ha alcune grandissime gastronomie. È il caso di Strino, in via Santa Lucia, un posto minuto con un profumo inebriante di varie chicche della cucina partenopea. Salumi molto selezionati, ottime mozzarelle, qui c'è la possibilità di farsi un panino come Dio comanda e di andare a mangiarlo a Castel dell'Ovo, poco distante.
Davvero ottima anche Salumeria Malinconico, indirizzo risalente al 1890 che grazie alla generazione attuale ha fatto un passo avanti molto importante in comunicazione. Si trova al corso Vittorio Emanuele ma fino a qualche anno fa praticamente solo i locals che vivevano attorno all'indirizzo conoscevano le preziose perle nascoste di questa salumeria. Grazie ai social e alle intuizioni dei giovani invece ora la conoscono tutti ed è uno dei posti più ambiti di Napoli.
Segnaliamo anche La Notizia 94, che molti conoscono come pizzeria ma che da qualche anno ha attivato una collaborazione con il panificio Malafronte di Gragnano, uno dei più premiati d'Italia. Qui fanno ‘a mpustarella, la più antica "marenna napoletana". Tipica della zona vesuviana, viene citata perfino ne La Gatta Cenerentola, celebre fiaba contenuta ne Lo Cunto de li Cunti di Giambattista Basile. Il suo nome indica qualcosa di sfizioso e spezzafame ma in realtà è un prodotto a metà tra il pane e la pizza, più simile al panuozzo, in versione ridotta. La mpustarella di Enzo Coccia ha un'alveolatura incredibile, è morbida, fragrante, ed è ripiena di prodotti di altissima qualità.
In questo universo non si può non citare Egidio Cerrone: partito come food blogger, da quanto ha aperto Puok (due sedi, una al Vomero e una al centro storico) è diventato uno degli imprenditori più apprezzati della città. Non è una "marenna" normale: fa infatti dei panini provenienti dal mondo dei pub, sono deliziosi, con nomi accattivanti e tante ricette diverse. Un passaggio da Puok è imprescindibile per ogni laureando, un'isola piacevole per ogni lavoratore e, forse, un passaggio obbligato per tutti i turisti che stanno a Napoli per qualche giorno in più. Grazie al suo stile, alla bontà dei prodotti e alla continua evoluzione dei suoi panini, Cerrone è riuscito a trasformare un prodotto tipico delle paninoteche in uno dei "nuovi" street food più iconici di Napoli.
La parigina è una pizza rustica tipica della tradizione culinaria napoletana. Si tratta di un quadratino di pasta per pizza farcito con un ricco ripieno di pomodoro, prosciutto cotto, mozzarella e ricoperto da uno strato di pasta sfoglia. La parigina, nonostante il nome che potrebbe trarre in inganno, non ha nulla a che fare con la città di Parigi. La sua etimologia deriva dal napoletano "pa' regina", che significa "per la regina". L'origine di questo nome si deve ad un aneddoto storico che risale al XIX secolo. Si narra che un cuoco al servizio dei Borbone di Napoli, forse il famoso monsù Vincenzo Ippolito, in occasione di un banchetto reale, preparò una pizza farcita con un ripieno ricco e saporito, ricoperta da uno strato di pasta sfoglia. La pizza venne talmente apprezzata dalla regina Maria Carolina d'Austria che il cuoco, per omaggiarla, la battezzò "pizza pa' regin'", da cui poi derivò il nome attuale "parigina".
Dove mangiare la migliore parigina a Napoli? Citiamo ancora Imperatore e Augustus, già incontrati sul percorso. Le parigine costano circa 2,50 euro.
Andando nello specifico, al Vomero c'è Ambrosino: è anche una gastronomia spaziale, quindi vale per la marenna di cui sopra, e qui puoi trovare tanti tipi di pane deliziosi ma la parigina è una vera delizia con una base morbida, leggermente umida e una sfoglia fragrante. Ottimi prodotti rendono la pizzetta ancor più buona.
Impossibile non citare Sbarra, nella zona di Fuorigrotta, perché è la patria di questa pietanza. Ritrovo sicuro delle fughe romantiche di notte, dei ritorni da discoteche, concerti o partite al "fu" San Paolo, Sbarra fa una parigina eccellente, abbondante, che ti fa sbrodolare tutto e va bene così. Non è tecnicamente la migliore ma è senza dubbio la più vera.
Tarallino, birra in vetro da 66 e il mare davanti a te: per molti questo è il primo ricordo romantico di un appuntamento "da adulti", ovvero quando non sei proprio grande ma non sei neanche più così tanto adolescente. Un'ottima soluzione quando hai pochi soldi e tanta voglia di ingegnarti. Questi taralli (con sugna e pepe, la traduzione letterale) sono delle ciambelline salate fatte con un impasto a base di farina, lievito, acqua, mandorle e strutto, aromatizzate con abbondante pepe nero macinato. Li vendono praticamente tutti i chioschetti del lungomare e col tempo si sono ingegnati anche lontano dal mare. Si trovano in tutta la città anche perché, anticamente, erano dei semplici prodotti da forno totalmente separati dallo storytelling romantico da ragazzini alla Liberato. Sono buonissimi, tendenzialmente piccanti e salati, per questo il richiamo della birretta è sempre così forte.
Dove mangiare i migliori taralli di Napoli? I taralli costano circa 10 euro al chilo.
In questo caso la storia ci viene in soccorso perché tra i migliori della città ci sono quelli di Leopoldo, che ha tante sedi e un retaggio secolare. Qui puoi trovare il vero tarallo napoletano. Equilibrio tra pepe e sale, dose abbondante di mandorle, un biscotto davvero friabile: fa le briciole, così come dovrebbe sempre essere.
Molto interessante anche la proposta di Taralleria Napoletana, a Spaccanapoli: sembra una trappola per turisti vista da fuori, ma ti assicuriamo che la materia prima vale la sosta. Qui oltre ai classici puoi trovare anche tante ricette moderne con variazioni su impasti e frutta secca.
Se vuoi un'esperienza autentica in riva al mare c'è invece Nas' ‘e cane a Santa Lucia: è riconoscibile perché ha un chiosco enorme vista mare, con su scritto "Taralli caldi" a caratteri cubitali.
In tutto questo ben di Dio salato, c'è anche spazio per il dolce. La pasticceria napoletana tradizionale è tra le più floride d'Italia: pastiera, babà, roccocò, mustacciuoli, la caprese, il migliaccio, le zeppole e potremmo continuare a lungo. Nel mondo dello street food inseriremmo però solamente le sfogliatelle e i fiocchi di neve (con i suoi derivati). Sono quelli più facili da mangiare camminando, sono entrambi delle monoporzioni molto semplici da gustare con le mani. Le sfogliatelle sono due: la riccia e la frolla. La più famosa e conosciuta è quella riccia, caratterizzata da una forma a conchiglia e da una sfoglia friabilissima che racchiude un ripieno ricco di ricotta, semolino, canditi e scorze di arancia; la frolla ha una forma più semplice, simile a un pasticciotto, e una pasta frolla più morbida rispetto alla riccia. Il ripieno è simile, ma con una consistenza più cremosa e un gusto più delicato.
Dove mangiare le migliori sfogliatelle di Napoli?
Per le ricce suggeriamo quelle di Bellavia, che ha diversi punti rivendita in giro per la città, hanno un gusto molto netto e deciso, tendenzialmente più dolci rispetto alla media, forse memori delle origini siciliane della famiglia.
Buonissime quelle di Mignone, a piazza Cavour, con un involucro molto croccante e un buon ripieno di ricotta molto profumato. Friabili, ottime sia in versione monoporzione sia in versione mignon.
Leggendarie quelle di Attanasio, nei pressi della stazione centrale, un punto di ritrovo imprescindibile per turisti e napoletani, un richiamo irresistibile con quel profumo semplicemente perfetto. Tutte quelle citate hanno anche ottime versioni frolle.
Nello specifico delle sfogliatelle frolle però suggeriamo quelle di Carraturo a Porta Capuana, inventore di questa versione, forte di una frolla molto morbida come da tradizione.
Ottime quelle di Di Costanzo, sempre a Piazza Cavour, che fa un prodotto più fragrante e profumato.
Da provare anche quelle del Capriccio, nei pressi di Palazzo Caracciolo, una buona sintesi delle due pasticcerie citate in precedenza, per un prodotto davvero memorabile.
Discorso diverso per i fiocchi di neve e derivati. Ci spieghiamo: il fiocco di neve è un prodotto inventato dalla pasticceria Poppella ed è un marchio registrato, inutilizzabile altrove. Tra l'altro la ricetta è segreta, molti ci hanno provato a replicarli ma manca sempre qualcosa. I pasticcieri napoletani si sono però ingegnati anche perché piacciono tantissimo alla gente e hanno visto una miniera d'oro.
Dove mangiare i migliori nuvolette e fiocchi di neve a Napoli?
Per il fiocco di neve c'è poco da fare, Poppella regna incontrastato. Le altre sono imitazioni, quindi hanno delle variazioni, ma sono altrettanto buone. Suggeriamo le brioche morbide ripiene di crema al latte di Rescigno a via Foria (si chiamano Biancaneve), ottime anche le "babane" del Capriccio, che si fa forza sul marchio di fabbrica della casa, il babà, probabilmente il migliore di Napoli, e lo riempie con crema al latte, panna e mascarpone.
Ottime anche le nuvolette di Casa Infante, quelle che hanno avuto più successo di pubblico dopo quelle di Poppella. Più dolci, più soffici, forse meno equilibrate nel complesso ma ugualmente golose e soddisfacenti al morso.
Praticamente sconosciuti fuori dai confini della città, sono dei tarallini soffici, ricoperti parzialmente di cioccolato alla nocciola, cioccolato bianco o pistacchio. Su richiesta è possibile presentare sulle proprie tavole anche via col vento farciti con crema chantilly o crema pasticcera. Li fa un'unica pasticceria: Colmayer, nei pressi di Piazza Carlo III, che li ha inventati e ne ha registrato il marchio. Il nome è una previsione di ciò che accade una volta che li acquisti perché vanno davvero via col vento. Come le ciliegie, ne mangi uno dopo l'altro senza accorgertene.