Le lasagne sono uno dei piatti più amati della gastronomia made in Italy: strati di sottili sfoglie all'uovo farciti con gli ingredienti più disparati che nel corso del tempo sono diventati un simbolo di convivialità.
Sono il piatto della domenica per eccellenza, ricco e sostanzioso: le lasagne attraversano geograficamente l’Italia da Nord a Sud, proprio come hanno fatto storicamente, piazzandosi nel corso dei secoli nella maggior parte delle regioni, caratterizzate da versioni diverse tra loro, ma sempre legate a strati di sfoglia di pasta farciti in modo più o meno tradizionale. Una vera e propria icona gastronomica che vede nelle lasagne alla bolognese la ricetta simbolo, declinata in innumerevoli varianti a base di carne, pesce e verdure. Andiamo alla scoperta delle loro origini, della loro evoluzione nel tempo e delle versioni locali più popolari.
La preparazione considerata come l’antenata più attendibile è la “lagana” che risale all’epoca degli antichi Romani, nonostante fosse molto diversa dalla laboriosa pietanza che conosciamo adesso. Si trattava, infatti, di sfoglie di pasta (laganum) realizzate con acqua e farina tagliate a fettucce, sovrapposte e accompagnate con diversi ingredienti, dal pesce alle uova, passando per carni e ortaggi Di questa versione, probabilmente cotta al forno, si trovano testimonianze scritte nel De re coquinaria di Apicio (tra il III e il IV secolo d.C), ma, come sottolinea lo storico della gastronomia Luca Cesari, potevano essere cotte sul fuoco (o fritte), somigliando più a un pane molto sottile.
Le lasagne entrate nell'immaginario collettivo iniziano a prendere forma nel Medioevo: lo sappiamo dai numerosi scritti rimasti, che vedono le sfoglie di pasta tirata di sagoma quadrata o più allungata messe a punto sempre con farina e acqua, ma fatte lessare in acqua o brodo di carne (per esempio quello di cappone) e poi condite a strati con formaggio e spezie. Ne parlano nel XIII e XIV secolo il religioso Fra Salimbene de Adam da Parma, che nel 1284 descrive un monaco che si abbuffava “tanto volentieri di lasagne con formaggio”, Jacopone da Todi, Cecco Angiolieri, ma riferimenti importanti si trovano anche in testi gastronomici come il Liber de coquina redatto presso la corte angioina di Napoli tra il 1285 e il 1304. In un articolo apparso nel 2004 sulla Civiltà della Tavola, la rivista dell’Accademia Italiana della Cucina, si rimanda a un ordine del podestà di Firenze del 1348 (anno della peste nera) nei confronti dei venditori ambulanti di lasagne (quindi il formato, non la vivanda) che potevano commercializzare la merce solo subito dopo averla cotta e non oltre mezzogiorno.
Dal Rinascimento in poi si aggiungono man mano i dettagli che caratterizzano il piatto completo, che diventa sempre più abbondante e riservato alle grandi occasioni: le uova nel ‘500 sostituiscono l’acqua nell’impasto, nel 1634 abbiamo la mozzarella, come dimostrato nel libro La lucerna de corteggiani di Giovanni Battista Crisci, nel ‘700 arriva dalla Francia la besciamella, nell’800 sono popolari da Nord a Sud versioni con il sugo di carne, ma anche di pesce e crostacei, mentre è del 1881 la prima ricetta di lasagne che vede l’uso del pomodoro, riportata nel volume Principe dei cuochi o la vera cucina napolitana di Francesco Palma. Il ragù alla bolognese, invece, fa il suo ingresso in questa specialità probabilmente nel primo decennio del ‘900, dando vita così alla variante più iconica.
Partiamo dalle ultime citate, le famosissime lasagne alla bolognese: nel corso dei secoli hanno avuto proto-versioni come la maggior parte dei piatti legati alla tradizione. La ricetta originale depositata alla Camera di Commercio di Bologna prevede come base una sfoglia all’uovo verde, il ragù di carne, il parmigiano grattugiato e la besciamella. In passato, gli spinaci non erano nell’impasto, ma inframmezzati nei diversi strati, con sugo di carne o altre erbette: sono gli osti bolognesi nel ‘900 a decodificare la preparazione che si farà notare a livello nazionale nel 1935 grazie al Ghiottone errante di Paolo Monelli.
A contendersi il primato delle lasagne made in Italy è Napoli, dove la ricetta spicca per la sua abbondanza: strati di sfoglia all’uovo farciti con polpette, sugo di carne, ricotta, caciocavallo servite durante il Carnevale. Ne era un grande appassionato Francesco II di Borbone (1836-1894), figlio di Ferdinando II, tanto da essere passato alla storia con l’appellativo di “Re Lasagna”. Sostanziosi sono anche i vincisgrassi marchigiani, caratterizzati da un ragù con rigaglie di pollo, che vedono nei princisgras del ‘700, con tartufo e prosciutto, i loro progenitori.
A Genova sono note le lasagne al pesto, ovvero la versione tradizionale “di magro” sopravvissuta a quella con la carne, mentre in Veneto le lasagne si chiamano “pasticcio”: si fanno con la sfoglia all’uovo, ragù e besciamella (come le bolognesi, ma senza gli spinaci nell'impasto) oppure al radicchio di Treviso. Concludiamo con una specialità scomparsa, ma che probabilmente, come suggerisce Luca Cesari, fu la prima a introdurre la besciamella: la lasagna milanese, che nel ‘700 prevedeva inoltre tartufo, burro, parmigiano e cannella e nell’800 filetti di pollo, sugo di carne e funghi.