L'oliva ascolana - lo si intuisce dal nome - è una specialità tipica della cucina marchigiana e più precisamente di Ascoli Piceno. La sua storia è riconducibile al tempo dei romani, ma è solo nel 1800 che i cuochi delle famiglie nobiliari ascolane ebbero l'idea di farcirle con un morbido ripieno di carne. Nelle prossime righe percorreremo tutti i passaggi che hanno portato queste piccole sfere ricche di gusto sulle tavole di tutta Italia. Infine, vi sveleremo 3 varianti altrettanto sfiziose da provare alla prima occasione.
Cominciamo dal principio: la storia dell'oliva ascolana – una delle prelibatezze più conosciute e amate della cucina marchigiana e, nello specifico, di Ascoli Piceno – in realtà è riconducibile a tempi molto più remoti, quando le olive in salamoia (che i latini chiamavano "colymbades"), rappresentavano il pasto principale dei legionari romani in viaggio da una parte all'altra dell'Impero.
Di queste colymbades – dal greco colymbáo, ossia "nuotare", riferito proprio al metodo con cui le olive venivano sottoposte a numerosi lavaggi – ne scrissero perfino Catone, Varrone, Marziale e Petronio il quale, nel Satyricon, le colloca sulle famose tavolate di Trimalcione. Ma come ha fatto l'oliva ascolana a diventare la regina dei fritti misti di tutta Italia? Ve lo raccontiamo nelle prossime righe.
Per arrivare alla versione attuale, ossia un'oliva in salamoia farcita da un morbido ripieno di carne e aromi, occorre fare un balzo temporale fino ai primi anni del 1800. I cuochi delle varie famiglie nobiliari ascolane – per far fronte agli sprechi e agli inevitabili problemi di conservazione – cominciarono a usare le grandi quantità di carne che avevano a disposizione per creare qualcosa di nuovo e appetitoso: l'oliva ascolana, per l'appunto, della cui bontà ne furono grandissimi estimatori molte personalità di spicco, da Giochino Rossini a Giacomo Puccini, fino a Giuseppe Garibaldi che le assaggiò nel 1849, durante il suo breve soggiorno ascolano.
Sebbene fossero già diventate una tipicità famosa in tutta la regione, la produzione delle olive ascolane in salamoia rimase una preparazione artigianale e prettamente familiare fino alla seconda metà dell'Ottocento; fu poi intorno al 1875 che l'ingegnere ascolano Mariano Mazzocchi avviò la prima attività industriale per la commercializzazione del prodotto, giungendo infine sulle tavole del Belpaese.
Quando si parla di oliva ascolana, sebbene il nome riporti subito alla sfera dorata e croccante, bisognerebbe riferirsi anche alla qualità di olive verdi usate per la loro realizzazione, appartenenti alla varietà "Ascolana Tenera" del genere Olea europaea sativa.
Le olive in salamoia, così come quelle ripiene prodotte nel Piceno a partire dalla tipologia colturale d'olivo Ascolana Tenera, sono le uniche che nel 2005 sono state riconosciute con il marchio Dop avvalendosi della dicitura Olive Ascolane del Piceno. Diffidate dalle imitazioni: la zona di produzione della vera oliva ascolana comprende i territori dei comuni del Piceno e del Teramano e, badate bene, per mangiarla come vuole la tradizione (e il disciplinare), il peso del prodotto finito deve essere costituito da oliva almeno al 40%.
La ricetta originale delle olive ascolane prevede ingredienti fissi, ma giocando con le materie prime si possono realizzare tante versioni altrettanto invitanti, perfette per aperitivi e buffet diversi dal solito. Qualche esempio? Noi ve ne proponiamo 3 da sperimentare alla prima occasione.
Una variante molto usata nelle zone di San Benedetto del Tronto. Il procedimento per realizzarle è simile a quello tradizionale ma, in questa deliziosa variante, la carne si sostituisce con un trito misto di pesce azzurro: potete usare alici, triglie, merluzzo e insaporire il tutto con l'aggiunta di un paio di gamberi. Friggetele in abbondante olio bollente e servitele calde.
L'opzione vegetariana prevede invece un ripieno di verdure e mozzarella filante. Zucchine, carote, peperoni, melanzane: scegliete gli ortaggi che più vi piacciono e aggiungete qualche patata precedentemente bollita e schiacciata a purea per rendere il composto ancora più morbido. Da mangiarne una dietro l'altra.
Per concludere, ecco una versione vegan (ma buonissima) a base di lenticchie frullate insieme a un trito di carote e cipolle, noce moscata e di farina di mais. Prima di tuffarle nell'olio bollente, passatele nella pastella fatta con acqua e farina di ceci; la panatura con pangrattato e un po' di farina di polenta renderà le olive ascolane croccanti al punto giusto.