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26 Agosto 2022 11:00

Il cappuccino in America è arrivato grazie alla nostalgia di un giovane calabrese

Mimì Parisi nel 1927 ha aperto Caffè Reggio, ancor oggi una delle caffetterie più famose d'America. Aveva voglia di cappuccino ma nessuno lo preparava all'epoca: abbandona il sicuro lavoro da barbiere e porta la cultura del cappuccino a New York.

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Gli americani adorano il cappuccino, al punto da non aver neanche tradotto il nome originale italiano. Il cappuccino in America arriva grazie a un umilissimo calabrese che ha avuto un'intuizione geniale. La storia di questa bevanda in terra USA è meravigliosa e figlia di quella grande arte di arrangiarsi tipica nostrana: chi non ha niente deve far di tutto per sopravvivere. Torniamo sui passi di Mimì, il barbiere di Reggio Calabria che ha insegnato l'arte del cappuccino a tutti gli americani.

Mimì, il papà del cappuccino a New York

Il cappuccino è uno dei prodotti italiani più famosi al mondo: caffè e latte montato a crema hanno inebriato i palati di milioni di cittadini in giro per il globo. Nasce e si sviluppa in Italia a partire dal 1700, con la moda del caffè che spopola tra tutte le corti d'Europa. La conquista del mondo non è però dovuta agli aristocratici ma al fenomeno dell'emigrazione italiana verso gli Stati Uniti.

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Tra i tanti che avrebbero costituito la cultura italo-americana c'è Domenico Parisi, noto a tutti come Mimì. Un ragazzo giovane e volenteroso che fin da bambino impara il mestiere del barbiere. Una volta appresi tutti i segreti, la bottega comincia a stargli stretta: è ambizioso, vuole qualcosa di più e dice a famiglia e amici di voler andare in America. I presenti sono sgomenti perché sì, la situazione a Reggio Calabria è critica, ma lui un lavoro ce l'ha, perché andarsene, abbandonare tutti e rinunciare alla propria vita? Mimì ignora questi consigli e lascia la terra natia, con le lacrime agli occhi e una valigia piena di caffè, soppressate e prodotti tipici calabresi. Mimmo è ossessionato dal caffè, come molti calabresi di quel tempo che infatti giocano col prodotto creando quell'incredibile bevanda che è la gassosa al caffè. La sua è una passione vera che purtroppo non viene soddisfatta oltreoceano.

Domenico Parisi sbarca a Manhattan ed effettivamente trova subito lavoro come barbiere guadagnando cifre astronomiche rispetto all'Italia. Continua questa attività per diversi anni ma fin da subito prova nostalgia per i nostri amati prodotti tipici: con il tempo tanti altri paisà imprenditori portano a New York pizze, salumi e pasta; qualcuno riesce a fare pure un buon caffè ma niente da fare, il cappuccino nella New York degli anni '20 non esiste. Domenico Parisi mette circa 1.000 dollari da parte per tornare a casa e riabbracciare la famiglia, gli amici e una fantastica tazza di cappuccino ma arriva la folgorazione: è vero che il cappuccino gli manca ma perché tornare a casa quando invece poteva portare il caffellatte in America? Detto fatto: questi soldi, tutti quelli che ha, li investe per far arrivare dall'Italia una macchina per l'espresso con la valvola a vapore, un sistema a campana che mai si è visto negli Stati Uniti, con il complesso intreccio di beccucci e valvole. Il nuovo sogno di Mimì è quello di aprire una caffetteria: continua a lavorare come barbiere per mettere qualcosa da parte e poi cambia vita.

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La macchina per il cappuccino comprata da Mimì | Foto da Facebook

Nel 1927 al 119 di Macdougal Street al Greenwich Village apre il Caffè Reggio, in omaggio alla sua amata Calabria. Non offre alcun tipo di cibo, solo caffè, cappuccino e la promessa a tutti i cittadini di preparare l'originale "italian cappuccino", una bevanda inimitabile che nessuno avrebbe saputo equiparare. Il successo è praticamente immediato e Domenico Parisi comincia ad assumere camerieri, inservienti ma non baristi: lui è l'unico deputato a toccare la bellissima macchina per l'espresso. Se il titolare è impossibilitato al lavoro, il Caffè Reggio resta chiuso. La fama si diffonde e arrivano decine di artisti e politici per assaggiare il prodotto di Mimì, il re del cappuccino di New York.

Il Caffè Reggio nella cultura popolare

Se pensi che questo sia un pezzo di storia passata ti sbagli di grosso: il Caffè Reggio è ancora oggi una delle attrattive irresistibili per i newyorkesi. Quel barbiere calabrese è entrato per sempre nel tessuto della Grande Mela. Negli anni '50 la sua famiglia vende il locale ai Cavallacci, che ancora oggi portano avanti l'attività: da allora si è ammodernato nelle tecnologie del caffè ma gli arredi sono rimasti uguali ed è ben visibile perfino quella prima macchina da caffè arrivata dall'Italia oltre 100 anni fa. Nel locale c'è anche un'incredibile panca appartenuta ai Medici, la grande famiglia rinascimentale fiorentina e un dipinto di uno degli allievi di Caravaggio. Un museo alla portata di tutti e che tutti ha ospitato: qui ci sono stati Bob Dylan, Elvis, David Bowie, Woody Allen o Al Pacino, quest'ultimo figlio proprio del Greenwich Village, avrebbe citato il Caffè Reggio anche ne Il Padrino – Parte II. Decine sono i film in cui compare la caffetteria o viene anche solo citata come punto di ritrovo dei protagonisti.

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Il Caffè Reggio negli anni ’50, foto dal sito ufficiale

Il momento più alto della storia del locale è forse il 1959: la caffetteria è al massimo della fama, i concorrenti sono ancora pochissimi e un giovane politico cattolico decide che il Caffè Reggio sarebbe stato un posto perfetto per tenere un discorso, perché avrebbe abbracciato poveri e ricchi di New York. Organizza così un palco proprio all'esterno della caffetteria e invita diverse personalità, la sua intenzione è quella di candidarsi alle primarie del Partito Democratico. Il discorso è un successone e pochi mesi dopo avrebbe reso ufficiale quell'intenzione: il politico è John Fitzgerald Kennedy e da quel palco all'esterno del Caffè Reggio sarebbe poi diventato uno dei presidenti più amati e iconici nella storia degli Stati Uniti d'America.

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