Nella fiabesca valle lombarda nel cuore delle Alpi i pizzoccheri sono un must della cucina locale. A base dei prodotti genuini locali, questa è molto più di una pasta ma un vero concentrato di storia e tradizione valtellinese.
La Valtellina è un angolo d’Italia che sembra uscito da una favola: un mix di natura, benessere e cultura che la rende una destinazione ideale per una vacanza all’insegna di panorami meravigliosi e di bontà gastronomiche. Sì perché la Valtellina non è solo natura mozzafiato ma anche cibo gustoso, che racconta l’antica tradizione contadina di questa valle. Tra ricette e prodotti d’eccellenza, una delle tradizioni più radicate nella valle sono i pizzoccheri, una pasta basata sui prodotti genuini locali: il grano saraceno, la verza e il famoso formaggio Casera Dop.
Tutto nasce nel piccolo borgo di Teglio, un paesino immerso tra le montagne dove la coltivazione del grano saraceno è praticato da oltre quattro secoli. Proprio qui si stabilisce un legame quasi affettivi tra i pizzoccheri e gli abitanti, anche se nel corso del tempo la ricetta si è diffusa in un’area molto più ampia.
Diventati ormai un simbolo non solo di Teglio ma di tutta la Valtellina, i pizzoccheri sono una ricetta che affonda le radici nella tradizione contadina della valle. Si tratta di una pasta a base di farina di grano saraceno, una vera tipicità locale, farina 0 e acqua, lavorata fino a ottenere la forma tipica, una tagliatella piatta e lunga 7-8 cm. Cotti con prodotti della terra – patate e verze – e conditi con formaggio e burro locali, i pizzoccheri rappresentano la Valtellina in ogni loro aspetto. Una pietanza sostanziosa, dalla consistenza cremosa e dal gusto irresistibile che racconta la tradizione di un intero popolo semplicemente con i suoi sapori.
L’origine dei pizzoccheri non è testimoniata da una data o un evento precisi, ma da una serie di riferimenti culinari che ne attestano la presenza sul territorio nel corso dei secoli. È evidente però che la loro nascita sia strettamente legata alla coltivazione di grano saraceno, un prodotto che ha fortemente influenzato il costume alimentare di questo territorio. Non a caso, la farina di grano saraceno è l’ingrediente base non solo dei pizzoccheri, ma anche di altre preparazioni tipiche della Valtellina come sciàt, polenta taragna e chiscioi. Questo spiegherebbe anche il legame dei pizzoccheri con Teglio, da sempre uno dei principali coltivatori di grano saraceno della valle.
La prima citazione dei pizzoccheri si trova alla fine del Settecento nell’opera di H.L. Lehmann in cui parla dell’area dei Grigioni, di cui ai tempi la Valtellina era parte: l’autore cita i perzockel, una sorta di tagliatelle fatte di saraceno condite con burro e formaggio grattato. Nel 1834 appare per la prima volta la parola “pizzoccheri”: Giuseppe Filippo Massara nel suo Prodromo della flora valtellinese cita, tra le varie piante che osserva, il fagopiro o grano saraceno e afferma che “colla stessa farina si fanno più altre ragioni di vivande, siccome “gnocchi” e “tagliatelli”, chiamati sì gli uni che gli altri pizzoccheri”.
Questa versione di inizio Ottocento è più simile a quello che conosciamo oggi, una ricetta tipica delle famiglie di contadini benestanti. I più poveri, infatti, non avevano un tavolo dove stendere la sfoglia e per questo erano soliti preparare gli gnocchi, mentre i contadini più benestanti era presente un tavolo dove stendere la pasta. È proprio in queste cucine che nascono i pizzoccheri moderni: la pasta veniva lavorata in tagliatelle grossolane di grano saraceno con in parte della farina bianca in proporzioni variabili a seconda dei paesi, cotte in abbondante acqua salata, in cui erano poste patate, verze o coste o fagiolini a pezzi.
I pizzoccheri venivano poi scolati con il mestolo bucato (cazafuràda) e posti in una biella – una torta di teglia – con strati di due tipi di formaggio a scaglie: uno più magro chiamato féta e un semigrasso più stagionato. Il tutto veniva condito con una sferzata di strutto ben scuro accompagnato da aglio. In alcune zone anziché l’aglio si usava e si usa tuttora cipolla e salvia.
Era il 2002 quando un presidente e 26 soci fondatori diedero vita all’Accademia del Pizzochero di Teglio, organismo di tutela del piatto forte dell’enogastronomia valtellinese. Forte della conoscenza dei segreti delle antiche ricette tramandate di famiglia in famiglia e conservate gelosamente, l’Accademia custodisce la ricetta originale e tradizionale dei pizzoccheri.
Per mangiarli come si fa in Valtellina devono essere preparati a mano, lessati con patate e verza (le patate sono sempre presenti, mentre le verze possono essere sostituite, a secondo delle stagioni, con coste o fagiolini) e conditi a strati in una pirofila calda, con formaggio grana grattugiato, Casera Dop a scaglie e burro fuso, da spargere sui pizzoccheri senza mescolare. Il tocco finale è una macinata di pepe in ogni piatto.
Se poi in cucina ti piace sperimentare, puoi sempre provare ad abbinare i pizzoccheri con altri condimenti originali: noi te ne proponiamo cinque diversi, invernali ed estivi, ottimi da gustare un pranzo o una cena alternativi.