La pasta, in origine "maccheroni", con le noci è un tipico dolce natalizio del Lazio viterbese. Se ne trovano preparazioni anche nella vicina Umbria e le sue origini risalirebbero (condizionale d'obbligo) all’epoca medievale.
Immaginate di trovarvi a un pranzo o un cenone di Natale. Siete a Viterbo, nel cuore della Tuscia, o in uno dei borghi che popolano la sua vasta provincia. Dopo un lauto pasto all’insegna di ogni prelibatezza del posto, partendo da affettati o formaggi locali (come, per esempio, la susianella o qualche pecorino della zona di Civita di Bagnoregio), passando per lasagne, cappelletti in brodo o cannelloni, e ancora stinco di maiale, capitone oppure baccalà, vi lasciate uno spazietto nello stomaco per l’immancabile dessert. Chi vorrebbe mai rinunciare al dolce, per di più a ridosso del Natale?
A tavola vengono serviti gli immancabili pandoro e panettone. “Banale” direbbe qualcuno, e passi pure qualche pezzo di torrone più o meno artigianale (magari con le nocciole del monte Cimino), ma voi vorreste assaggiare qualcosa di tipico, per chiudere degnamente un pasto all'insegna dei sapori del territorio. All’improvviso ecco arrivare dalla cucina un timballo, solo all’apparenza simile a una torta al cioccolato. Ve ne tagliano una fetta, particolare nelle sembianze e nella consistenza, vi passano il piattino e notate la presenza di pasta al suo interno.
“Che si siano sbagliati?” vi domanderete, “Possibile che abbiano dimenticato un primo e lo servono ora a fine pasto?! E poi perché al posto del pecorino c’è la cioccolata, e cos’è questa frutta secca tritata? Che tradizioni hanno qui a Viterbo?” Niente paura, nessun errore; anzi. Vi trovate in una delle poche case o ristoranti in cui, oggi, ancora si rispetta e rinnova il rito ultra secolare della pasta con le noci.
Ricetta antica, arrivata sino ai giorni nostri giorni grazie a una tradizione prettamente orale, famigliare, capace di tramandare la preparazione di madre, poi diventata nonna, in figlia, poi fattasi mamma. Oggi la pasta con le noci, chiamata in origine maccheroni con le noci, sembra stia lentamente scomparendo nei luoghi in cui, per Natale, è considerata tra le specialità più tipiche. Ci troviamo tra il Lazio e l’Umbria, prevalentemente nella provincia di Viterbo, dove qualche massaia locale sotto le festività invernali è ancora solita realizzare questo manicaretto di cui vanno golosi grandi e piccoli. Anche tra Terni e Perugia però si ritrova questa abitudine gastronomica, così come nella bassa Toscana, seppur con piccole varianti nella preparazione (ad esempio, l'utilizzo di liquori come rum o alchermes).
Per maccherone si intende, secondo l’uso medievale che si faceva della parola, ogni tipologia di pasta asciutta, per lo più senza uova. E proprio nella storia del Medioevo dobbiamo scavare per imbatterci in qualche accenno alla ricetta, o almeno la sua antenata. Si capisce comunque come ci sia piena libertà nella scelta del formato più gradito da chi la prepara e ovviamente chi la mangia. Tradizione viterbese, però, vorrebbe l'utilizzo delle reginette o mafaldine. La grande particolarità legata a questo piatto, avrete intuito, è che nonostante la presenza della pasta (esattamente la pasta che mangereste in un primo) stiamo parlando di un dolce.
È tradizione infatti che a Natale in questi territori il pasto fosse chiuso (e tuttora lo sia) da un dessert a base di rigatoni, fettuccine, fusilli, strangozzi o maltagliati (per citare i formati più in voga), condito con un abbondante trito di cioccolata e noci, con tanto di cannella (o noce moscata) e zucchero. In base alla zona di riferimento ci sarà chi usa anche il pangrattato o qualche biscotto sbriciolato, ma il suo utilizzo varia da paese in paese, e spesso la preparazione differisce di qualche particolare e ingrediente anche nel giro di pochi chilometri.
Borgo che vai, insomma, usanza che trovi. Anche per questo è difficile stabilire una ricetta assoluta: si rischierebbe di fare un torto a chi opta per una differente realizzazione ma non per questo meno legata al territorio e alla sua storia.
Il tutto, inoltre, non viene consumato caldo, ma dopo un periodo di riposo in frigo è servito a tavola come timballo (da poter anche tagliare a fette), per lo più il giorno dopo la sua realizzazione. Nella prima metà del ‘900, quando il frigorifero ancora non esisteva, generalmente questa ricetta veniva preparata la mattina per esser mangiata la sera.
Un piatto tipico della zona e qui sinonimo del Natale così come lo sono la tombola, i giochi di carte e i regali. Qualcosa, insomma, fino a pochi decenni presenza fissa delle tavole imbandite e con le tovaglie rosse, ma che oggi poco a poco sta scomparendo perché sono sempre di meno a realizzare la "pasta dorce".
Anche cercando sul web, tra l’altro, non sono tante le testimonianze che raccontano questo piatto al di fuori della sua ricetta, e per ricercare le sue origini dobbiamo scavare nella tradizione gastronomica di questa zona tra il Lazio e l’Umbria (una ricetta dei maccheroni con le noci appare nell'Annuario di Todi del 1927) e la vicina Toscana.
Non sono molte le testimonianze storiche giunte fino a noi della pasta con le noci, la cui ricetta si è tramandata prevalentemente per via orale. Come detto però bisogna tornare molto indietro nel tempo per scovare le origini di questi maccheroni. Fate il pieno di benzina alla Delorean, perché il nostro viaggio attraversa (almeno) oltre mezzo millennio di storia. La ricetta attuale, come attestano alcune testimonianze, deriva più o meno direttamente da un’antica preparazione dolce chiamata crustula.
Si tratta(va) di fettucce di pasta simile alle attuali frappe o chiacchiere (originariamente di grano saraceno) fritte o cotte al forno prima, in epoca seguente bollite, e condite con miele e semi di papavero. Con il nome di crustule appaiono in realtà biscotti a base di frumento, miele e burro già nella Roma imperiale, ma al tempo così veniva chiamata genericamente la grande quantità di preparazioni dolci. Non è da escludere, inoltre, che fossero ancor prima gli Etruschi (vissuti in queste zone fino al primo millennio avanti Cristo) a realizzare piatti a base di pasta (fatta in casa) mista a noci, ma sicuramente senza cioccolato; arrivato secoli dopo.
Sarà il Medioevo in particolare l'epoca in cui comincia a diffondersi la frutta secca (accanto a quella fresca) a chiusura del pasto, e con l’arrivo dello zucchero (dagli arabi) e del cacao (dalle Americhe) si iniziarono a porre le prime basi per la nascita di quelli che possiamo considerare gli antenati dei maccheroni con le noci odierni.
Per capire le differenti preparazioni di paese in paese ci viene in soccorso la storia. Perché, per esempio, in alcune zone viene usato il pangrattato e in altre no? Questa distinzione risale appunto a 500 anni fa e potrebbe (il condizionale è d’obbligo quando si parla di supposizioni) essere riconducibile alle usanze dettate da differenti estrazioni popolari. Maccheroni con noci e cacao venivano realizzati in famiglie più abbienti, in quanto potevano permettersi ingredienti pregiati, mentre i “poveri” dovevano ripiegare su pangrattato e nocciole (di cui in questa terra c’è una grande cultura), beni meno preziosi e di maggiore reperibilità. Parafrasando, insomma, ognuno ha tramandato la ricetta replicata all'interno delle proprie mura domestiche.
Che siano fatti con o senza pane grattugiato, con o senza le nocciole ad arricchire il trito di cioccolato e noci, però, è opinione diffusa e comune che la pasta con le noci sia più buona fredda, il giorno dopo la sua realizzazione, perché “… i maccheroni così se insaporiscono mejo”; come direbbe qualche nonnina del posto ancora intenta a realizzarli per far contenti i suoi nipoti e, un po', per goderne anche lei.