I cambiamenti climatici e gli aumenti in bolletta potrebbero portare a una stangata sul costo del caffè: la tazzina aumenterebbe del 50% portando il prezzo fino a 1,50 euro. Non tutto il male viene per nuocere: la filiera del caffè è ai minimi storici in termini di qualità e questa potrebbe essere la giusta spinta per migliorare tutto il settore.
A breve potrebbe arrivare un'altra stangata per gli italiani. Dopo il rincaro bollette anche il caffè al bar potrebbe subire un'impennata nei prezzi. A darne notizia è il Corriere della Sera: da gennaio a oggi il prezzo delle miscele del caffè è cresciuto del 20% e questo significa che l'espresso al bar costerà tra 1,30 e 1,50 euro. I torrefattori e i locali dovranno per forza ritoccare verso l'alto il costo della tazzina, considerando gli aumenti subiti.
L'aumento del prezzo del caffè non accenna a fermarsi, i dati parlano chiaro. La colpa è del cambiamento climatico: siccità e gelate hanno messo a repentaglio il raccolto di arabica in Brasile, facendo schizzare i prezzi. A tutto questo si aggiunge il caro benzina e gli aumenti in bolletta che stanno subendo tutti gli esercenti: l'aumento dell'espresso (che rappresenta circa il 35% del fatturato dei bar italiani) diventa una necessità per il sostentamento dei suddetti locali. Questo brusco risveglio sta creando numerose polemiche sui social ma, in realtà, il prezzo preventivato dal Corriere per il mese di novembre non è altro che il minimo necessario per un prodotto di qualità.
In Italia il caffè espresso è un rituale sacro, tant'è che da alcuni anni si tenta di farlo entrare nelle grazie dell'Unesco, eppure spesso viene bevuto distrattamente, senza pensarci. La maggior parte degli italiani beve il caffè come se fosse un medicinale, per darsi la carica o per abitudine, senza domandarsi davvero che tipo di bevanda abbia davanti. Spesso infatti le persone si chiedono "quanti caffè bevi al giorno?", come se fosse una pillola; c'è chi dice due, c'è chi dice quattro, c'è chi dice zero, guardando tutti dall'alto in basso grazie a una mal riposta superiorità morale.
Proprio per questa ragione l'aumento del prezzo potrebbe essere una cosa molto positiva per il movimento del caffè italiano. Se nel Paese si riuscisse a equiparare il caffè al vino, a far capire che la filiera produttiva coinvolge coltivatori, raccoglitori, manodopera, aziende, operai e diversi altri professionisti, forse la "sommossa popolare" per l'aumento del prezzo verrebbe meno. C'è una cosa molto importante che tutti i consumatori dovrebbero tenere a mente: nel momento in cui qualcosa ha un valore molto basso, c'è sempre qualcuno che ci perde. E, la gran parte delle volte, sono le fasce più deboli della filiera a perderci, subendo condizioni economiche e di lavoro imposte. Magari non se ne accorge nessuno, in questo caso, perché le piantagioni sono in Brasile, Guatemala, Etiopia o altri Paesi del cosiddetto "terzo mondo". Il consumatore medio è "abituato" a vedere sofferenza in quella zona del pianeta: in realtà, questo esempio è molto più vicino a noi di quanto immaginiamo. Ogni anno muoiono decine di persone per raccogliere i pomodori che troviamo nelle conserve: nel momento in cui il prezzo di un prodotto scende, c'è sempre qualcuno a rimetterci, anche se non lo vediamo direttamente.
La questione del prezzo basso per il caffè è dibattuta da anni dagli addetti ai lavori e Dario Fociani, titolare di Faro Caffè Specialty a Roma, uno dei migliori specialty coffee in Italia, ha spiegato tutte le motivazioni in un precisissimo post sui social di qualche mese fa:
Perché un caffè non può costare un euro?
- Come avviene nel pane, nell'olio, nel vino e in ogni prodotto agricolo, la qualità setta il prezzo. Esistono i caffè, non il caffè. Livellare il prezzo significa rendere superficiale un prodotto agroalimentare, svilirlo, appiattirlo.
- Se il personale è in regola e lavora giustamente massimo 8 ore incide sui costi del caffè in maniera dominante. Fra elettricità, ammortamento dell'attrezzatura, costi fissi, staff e materia prima, il costo medio di un espresso arriva a 90 centesimi per un bar piccolo, fino a 1,05 per un bar medio-grande. In molti locali si effettuano turni da 60 ore a settimana e si danno stipendi molto bassi per ovviare agli incassi esigui che genera il caffè, questo non è giusto e influenza incredibilmente la filiera del lavoro.
- Spesso quando troviamo l'espresso a 1 euro, il gestore deve abbassare la qualità del resto dell'offerta (succhi di frutta, tramezzini, cornetti e altro) per rientrare della inesistente marginalità e della fatica del caffè a 1 euro. I costi fissi sono sempre gli stessi, ma per fare mille euro con il caffè servono mille clienti e mille erogazioni, non sono pochi.
- Nel mondo di oggi, il caffè calmierato a 1 euro è una remissione che non dà al settore la possibilità di slancio imprenditoriale, né di creare appetibilità, né per il barista di investire in formazione, né di poter usare caffè di qualità senza che qualcuno si sacrifichi per ottenere quel prezzo. Anche il cornetto a 1 euro è una pazzia, c'è poco nel mondo della pasticceria di più difficile da eseguire di un buon cornetto. Perché una fetta di crostata costa molto di più invece? Solo percezione.
- L'agricoltura nel caffè è molto lontana, ma il rispetto della filiera parte da una filosofia etica e morale che va oltre la conoscenza e oltre la vicinanza dalle persone che vivono la condizione di disagio. Negli ultimi 50 anni il caffè è stato per lo più sfruttamento agricolo e prezzi al ribasso. Ora che per esempio una gelata ha rovinato gran parte del raccolto in Brasile, quali saranno le ripercussioni? Smetteremo di bere caffè brasiliano perché troppo caro? Per cui condanneremo persone già colpite da una calamità al fallimento totale?
- Che un paese come l'Italia, dove la biodiversità e la natura hanno fatto miracoli, famoso ovunque per la sua conoscenza agroalimentare, finisca per essere così ignorante in materia è uno scandalo. La ripartenza di un Paese come il nostro passa attraverso la consapevolezza di ciò che mangiamo, attraverso la tracciabilità del prodotto, sapere da dove arriva e come è stato lavorato è fondamentale per non ricadere in un effetto competizione al ribasso che è semplicemente la migliore maniera per toccare il fondo.
Il caffè è una pianta, il caffè è cibo, il cibo è cultura e agricoltura. Sostenere chi è sostenibile è necessario, come mai prima di oggi. Il prezzo giusto non è il più basso.
Il post del barista romano è inappuntabile in ogni suo tema e l'aumento dei prezzi potrebbe essere la "scusa" buona per fare una rivoluzione (necessaria) nel mondo del caffè, proprio come successo in altri comparti. L'esempio migliore è quello della pizza: è da circa un decennio che questo prodotto ha visto una vera e propria consacrazione, portando un aumento del livello medio inimmaginabile a inizio millennio. Se prima ci si sorprendeva per una Margherita a 5 euro, spesso oggi ci si sorprende di una Margherita a 3,50 euro. Il cliente ha accettato di buon grado questa rivoluzione perché ha visto uno scambio con il ristoratore: lui paga di più, facendo un ulteriore sacrificio, il pizzaiolo offre il meglio a disposizione, creando un'esperienza soddisfacente per tutti. Se non vogliamo andare così lontano del tempo basta vedere all'exploit dei panettieri e dei mixologist, in grado di vendere il pane a 5 euro al chilo o un drink a 15 euro. Queste sono due tornate tutt'ora in corso eppure i clienti non sono diminuiti, anzi.
Oggigiorno ci sono degli elementi considerati chiave per qualsiasi alimento, meno che per il caffè: ricerca della materia prima, cura della qualità, "cottura", tracciamento della filiera, pulizia, trasparenza. Ogni volta che andiamo fuori per bere o mangiare ci facciamo queste domande, tranne davanti al bancone del bar. D'altra parte, se il caffè serve solo come parte di una routine, perché farsi quelle domande inutili? Uno vale l'altro.
Il caffè potrebbe avere un processo più lento, più "rabbioso", anche stando alle prime reazioni sui social, perché pizza e drink sono uno sfizio, il caffè è "la vita" degli italiani, ma l'aumento del prezzo per tazzina è ormai inevitabile. La rinascita dei settori sopracitati deve essere la spinta per il bar all'italiana: una salita lenta, graduale, che nasconde un'opportunità troppo preziosa per essere ignorata. Continuare con il livellamento verso il basso per non abbassare dei prezzi che ormai sono insostenibili visti i costi è un'operazione suicida.
Se vogliamo continuare a fregiarci di fare il miglior caffè al mondo, se vogliamo convincere l'Unesco che il nostro rituale non è solo fuffa, è il momento di imbracciare le proprie tazzine e combattere miscela dopo miscela. Ci accorgeremo che poi non è così difficile convincere i clienti: se c'è una cosa che gli italiani sanno apprezzare davvero, questo è il buon cibo.
C'è anche il risvolto della medaglia: moltissimi prenderanno la palla al balzo per aumentare il prezzo del caffè senza dare nulla in cambio, offrendo il solito prodotto che vale 90 centesimi. Sono questi i casi in cui i clienti sono "autorizzati" ad indignarsi.