Per salutare l'anno che va via e accogliere quello nuovo non c'è niente di meglio di una bollicina: ecco dieci spumanti italiani con cui brindare all'arrivo del 2022.
Il numero di buoni propositi che ciascuno di noi fa alla fine dell’anno non si conta, dalle diete, al viaggio sempre desiderato, a un cambio di lavoro. Ci si guarda anche alle spalle per vedere cosa è andato e cosa no e mai come in questi ultimi 20 mesi il desiderio che le cose possano migliorare è davvero forte. È trascorsa già una settimana di pasti pantagruelici e le trasgressioni in tavola sono state numerose quanto i desideri espressi, ma il brindisi di Capodanno si deve fare, perché è di buon auspicio, perché fa dimenticare i momenti meno piacevoli dell’anno agli sgoccioli, perché iniziare i primi secondi dell’anno nuovo con qualcosa di frizzante mette sempre allegria. Ecco allora un po’ di suggerimenti per comprare e bere bene a tema bollicine: 10 vini frizzanti o spumanti italiani per il brindisi di Capodanno.
Il Metodo Classico o Champenoise, in Italia, è nato poco dopo l’Unità e nel 1878 l’azienda Enrico Serafino ne aveva già avviato la produzione. Così tanta esperienza è poi confluita nella produzione dei vini Docg Alta Langa, un metodo tradizionale nato agli inizi degli anni ’90 per individuare le migliori zone da Chardonnay e Pinot Nero in Piemonte. Con l’azienda Serafino nasce anche il primo Pas Dose Alta Langa ed è il vino che andiamo a proporre, una riserva 2015 fatta esclusivamente con Pinot Nero, zero grammi di zucchero e una sosta sui lieviti lunga 72 mesi. Un perlage finissimo, un naso profumato di miele di tiglio e frutta bianca e una bocca caratterizzata da pienezza e freschezza nonostante gli anni trascorsi. Una bollicine sferzante ma elegante durante tutto il suo consumo. Da goderne anche a pasto e non solo per il brindisi.
Rimaniamo in Piemonte ma per scegliere un vitigno autoctono, il Timorasso, uva bianca che Paolo Ghislandi dell’azienda I Carpini vinifica in tanti modi, spumantizzazione compresa. Il Chiaror sul Masso è un metodo classico che sosta sui lieviti 36 mesi, ha una spuma viva e un perlage sottile. Del Timorasso mantiene le note agrumate e di miele d’acacia, nonché le note salmastre che richiamano il “Marin” il vento che arriva dalla Liguria e che lambisce le terre del Tortonese, il luogo dove nasce questo vino.
Non tutti sanno che l’Oltrepò Pavese – siamo in Lombardia – è la patria del Pinot Nero in Italia e per numero di ettari è secondo solo alla Borgogna: mentre la famosa regione francese è nota per la vinificazione ferma dell’uva, nel territorio lombardo il Pinot Nero dà il meglio di sé sotto forma di bollicine. Fu un conte, Augusto Giorgi di Vistarino a impiantare in questa zona cloni di piante francesi nella seconda metà del XIX secolo e da allora l’Oltrepò si è affermato come una delle regioni spumantistiche più blasonate del Paese.
Dopo otto generazioni la Conte Vistarino continua il suo lavoro di spumantizzazione ed è per questo che segnaliamo il 1865 Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero DOCG Dosaggio Zero – Millesimato: in commercio ci sono la 2014 e la 2015. Note di agrumi e fiori bianchi al naso, bocca freschissima e dritta, nessuna sbavatura, leggero sentore di crosta di pane ma soprattutto una lunghezza di sorso appagante.
In Trentino invece troviamo Mattia Filippi che inizia, dopo la scuola enologica, a fare vino sui terreni di famiglia a Faedo. Solo rossi in principio, ma poi il richiamo della tradizione spumantistica trentina bussa alla porta e la vigna di Chardonnay, nella zona Palai bassi-Molini, che cresce sulle terre della vecchia miniera del paese, dà vita ad Augusto Primo Cuvée, spumante metodo classico Brut Nature che affina almeno 44 mesi sui lieviti. Freschezza e mineralità sono i contrassegni principali, anche perché parliamo di un vino che nasce a 600 metri di altezza. Il naso richiama il limone, ma anche il lime e in bocca piace per una cremosità stuzzicante. Il finale chiude su erbe di montagna.
Nella tenuta di Camignone, in Franciacorta, il tempo sembra come sospeso: tutto ha i tempi lunghi dell’affinamento delle bottiglie prodotte dalla famiglia Barzanò nella loro azienda Mosnel. Più di 40 anni di attività, il cui inizio è segnato dall’impegno di Emanuela Barboglio, la madre degli attuali proprietari, tra le prime donne in Italia a occuparsi di spumantistica. Oggi si può parlare di uno “stile Mosnel”, al punto che la famiglia presenta il progetto “Riedizioni”, ovvero Franciacorta già presentati anni fa che tornano dopo lunghi, lunghissimi affinamenti sui lieviti. Il Parosé 2010 Riedizione 2020 nasce dalla combinazione di mosto fiore di Chardonnay e di Pinot Nero, vinificato con un delicato contatto con le bucce, che gli dona un tenue colore oro-rosa dai riflessi ramati. Parliamo di un vino che, pur avendo trascorso un decennio sui lieviti, mostra una integrità e una freschezza da manuale. Complesso sì ma anche piacevole, null’affatto cervellotico, anzi, molto invitante anche grazie a un colore così aggraziato.
Giovialità ed eleganza sono doti che non sono mai mancate al Lambrusco di Sorbara di Christian Bellei, il viticoltore di Cantina della Volta. Il suo Rosé Brut mette d’accordo tutti da un bel po’ di anni, dimostrando come il Lambrusco può giocare anche la carta della finezza e del perlage finissimo. Siamo dinanzi a un piacevole Metodo Classico che sa di lamponi, fragoline e frutti di bosco e che chiude su una sapidità invitante. Anche il colore attira grazie a un rosa tenue e delicato. In bocca invece la cifra è un’altra, ovvero vibrante e vivace.
Sono due le anime che caratterizzano l’azienda marchigiana Pievalta: quella franciarcortina della cantina Barone Pizzini che ha deciso nel 2002 di investire nella zona dei Castelli di Jesi e quella del Verdicchio, l’uva che caratterizza al meglio l’enologia delle Marche. Dalla competenza della prima sulla spumantizzazione e dalla grande adattabilità del vitigno autoctono nascono le bollicine di Pievalta, in particolare il Perlugo Dosaggio Zero, un Metodo Classico che sa di erbe aromatiche, elicriso e mallo di mandorla. Piace per la sua esuberanza fruttata e per un finale di sorso davvero salino.
Rendere più immediato e amichevole un vitigno scorbutico, per quanto affascinante come l’Aglianico. Impresa impossibile? Non per Viticoltori Lenza, azienda del Salernitano che ha creato un rifermentato in bottiglia con quest’uva (più un’aggiunta di Piedirosso) il Gabry Rosato. Un metodo ancestrale – in cui la fermentazione parte in acciaio e termina spontaneamente in bottiglia – che gioca sull’immediatezza e sull’essere innanzitutto dissetante: sa di fragola e ciliegia, di ribes e mirtilli. Un vino che sa essere goloso.
Una cantina della Daunia, in provincia di Foggia, specializzata in spumanti. L’avreste mai detto? Si chiama D’Araprì e da anni fa incetta di premi con le sue bollicine, utilizzando soprattutto vitigni autoctoni come il Bombino Bianco e il Montepulciano. Qui si fa spumante dal 1979, un caso più unico che raro nel Sud Italia. Il D’Araprì RN è il prodotto più tipico, ottenuto esclusivamente da uve Bombino Bianco. La tecnica della prima fermentazione in legno dona a questo vino un colore oro scintillante, un profumo ricco di frutta matura e sentore di vaniglia. Struttura e complessità non gli mancano e per i ricordi di burro e di pasticceria che richiama potremo pensare a uno Champagne. Ma del Meridione.
Dici Cantina Milazzo e pensi alle bollicine, quelle siciliane. Questa realtà vitivinicola di Campobello di Licata, in provincia di Agrigento, si è affermata, in 40 anni di storia, grazie soprattutto ai suoi spumanti, tanto apprezzati da sbaragliare nei concorsi mondiali tanti vini sparkling di brand ben più blasonati. Nel caso del Nature Metodo Classico parliamo di uno spumante di Chardonnay, ma dall’evidente anima mediterranea accesa dai profumi di zagara e dalle erbe aromatiche. Bello il colore giallo squillante e altrettanto vivace e fresco è il sorso.