Tra i mercati più controversi e gravanti sull'ambiente a livello mondiale c'è quello legato alla produzione e al commercio di avocado. Un super food dal lato oscuro: cosa c'è dietro e come scegliere i frutti più "sostenibili".
Una fotografia che, probabilmente, è destinata a fare il giro del mondo. O quantomeno dovrebbe farlo, perché dietro il suo scatto nasconde una realtà triste e controversa, fatta di spreco alimentare, di sfruttamento delle risorse sia della terra sia umane.
Centinaia di migliaia di avocado abbandonati ai margini di un bosco in Australia; frutti considerati di serie b e scartati per via di costi di trasporto sempre più alti e dell'eccessiva offerta sul mercato. Una richiesta, tra l'altro, che va a prediligere gli esemplari più accattivanti solamente da un punto di vista estetico. Si vendono esclusivamente quelli più belli, in poche parole.
Una situazione che non è sfuggita all'occhio, e all'obiettivo, di una donna australiana: Jan De Lai, la quale ha scattato una fotografia emblematica dell'attuale situazione del commercio di avocado. La realtà dei fatti testimoniata è alquanto controversa: decine di camion hanno scaricato tantissimi frutti a terra, di fatto abbandonandoli, mentre l'Australia (come si legge nella didascalia del post) continua a importarne dalla vicina Nuova Zelanda.
Un sovrapprovvigionamento che, in primis, danneggia l'ambiente e la terra: tantissime coltivazioni di avocado richiedono grossi investimenti in acqua e risorse, e i frutti di queste stesse coltivazioni vengono abbandonati come se nulla fosse, lasciati marcire. Tonnellate di avocado scaricate e abbandonate: un esempio emblematico di come, al giorno d'oggi, l'offerta di questo super food sia maggiore rispetto alla ben già alta domanda, e di come i frutti considerati di "seconda scelta" vengano abbandonati al proprio destino. A proposito: secondo alcune stime, inoltre, per ogni avocado messo sul mercato un altro verrebbe scartato.
Gli alti costi di imballaggio e trasporto concorrono poi a disegnare una realtà di food wasting di cui la foto sopra è, con tutta probabilità, solamente un piccolo esempio. Frutti che potrebbero anche avere uno scopo alternativo a quello alimentare (benché, come detto, siano comunque buoni) come per esempio cosmetico (con la polpa dei frutti si realizzano anche delle creme) lasciati così deperire in mezzo al nulla.
Negli ultimi anni è esplosa a livello mondiale l'avocado mania. Da frutto simbolo del Centro e Sud America è diventato un alimento richiesto praticamente in ogni angolo del globo. Un super food, per le sue qualità e benefici sulla salute (sempre entro un consumo controllato) e dai numerosi usi in cucina.
La febbre per l'avocado ha portato a coltivazioni serrate e intensive di questo frutto, a danno della biodiversità, con territori deforestati ormai dedicati solamente alle sua piantagioni (gli alberi impiegano 8 anni per dare i primi frutti, e necessitano di una distanza di almeno 6-7 metri l'un l'altro) a scapito anche delle risorse idriche, data la grande quantità di acqua richiesta per far crescere le piante. Stando a una ricerca condotta dall'Università di Twente il costo idrico richiesto dalla coltivazione di avocado si assesterebbe sui 270 litri d'acqua per 500 grammi di frutta. Quando teniamo in mano un avocado, dal peso generalmente di 300 grammi, immaginiamoci di aver di fronte più di 1000 bicchieri di plastica pieni fino all'orlo.
Il danno ambientale, inoltre, riguarda anche le emissioni e l'inquinamento legato ai trasporti e alle importazioni. Pensare che solo da noi annualmente vengono importate circa 15.000 tonnelate di avocado.
Perù, Cile, Sudafrica, Israele sono i Paesi dai quali l'Italia acquista la maggior quantità di avocado. Nazioni dal clima caldo e secco, dove la coltivazione richiede enormi flussi idrici. Anche per questo può capitare, inoltre, che produttori senza scrupoli decidano di creare dei pozzi illegali sottraendo acqua alla popolazione locale per irrigare i propri campi.
Dietro quello che è definito oro verde, insomma, c'è una realtà piuttosto nera, attorno alla quale girano un mucchio di soldi. E dove c'è tanto denaro spesso c'è anche la criminalità organizzata, che sfrutta il lavoro dei piccoli produttori di avocado appropriandosi dei loro frutti e non pagandoli adeguatamente. Negli ultimi anni in Europa il prezzo al pubblico dell'avocado è aumentato di circa il 10%, arrivando a costare più di cinque euro a frutto (alcune varietà superano anche i dieci). Cinquecento volte tanto quello che guadagna un singolo produttore/raccoglitore per la stessa quantità.
Quello del commercio di avocado sembra insomma un tunnel senza via d'uscita. Ognuno, però, nel suo piccolo può contribuire al miglioramento di una situazione divenuta oggettivamente insostenibile sia da un punto di vista ambientale sia etico. Meglio rifornirsi di questo frutto da mercati equo solidali, i quali per lo meno assicurano come i produttori vengano pagati adeguatamente per il loro lavoro.
Importante inoltre seguire la stagionalità: le varie tipologie di avocado (Zutano, Fuerte e la Haas oggi più commercializzata) vengono colte da ottobre fino ad aprile/maggio: i frutti acquistati e consumati d'estate, insomma, non sono così freschi tantomeno sostenibili. Se poi non vogliamo gravare sull'ambiente optiamo per un prodotto più "vicino" a noi. Dalla Spagna magari, meglio ancora se dalla Sicilia. Qui infatti da qualche anno circa 260 ettari di terreno (recuperati dall'abbandono e riqualificati) sono stati convertiti alla coltivazione bio di avocado, attuata senza l’uso di pesticidi, additivi e concimi chimici in ogni fase del ciclo di produzione. Una coltura sostenibile di questo super frutto, insomma, è possibile e la sua "sopravvivenza" dipende anche (se non soprattutto) dalle nostre scelte di acquisto. Consapevoli, etiche, responsabili.