Schiacciata, morbida e rossa: queste sono le caratteristiche che la soppressata calabrese deve avere. Scopriamo cos’è e come si usa in cucina.
Guardandola con occhio poco esperto la soppressata calabrese potrebbe sembrare un salame come tanti altri: eppure ha delle caratteristiche ben particolari tanto da aver ricevuto il marchio Dop. Tipica della zona di Cosenza, viene realizzata con carni di suino macellate solo nella Calabria. Oggi scopriamo come viene prodotta, cosa sapere quando si acquista e soprattutto come usarla in cucina, puntando l'attenzione anche sulle origini del nome e su cosa rappresenta la certificazione che ha ottenuto.
La Denominazione di Origine Protetta (Dop) è un marchio di tutela giuridica che viene attribuito dall'Unione europea agli alimenti le cui caratteristiche dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati realizzati. Per ottenere questa certificazione, ogni prodotto deve pertanto attenersi a un disciplinare che ne garantisce qualità, tutela, tracciabilità e maggiori certezze rispetto a falsificazioni. Nella fattispecie la soppressata calabrese deve essere realizzata con pezzi di prosciutto e spalla, provenienti da suini di età superiore a 8 mesi e con un peso di almeno 140 kg. Alla rigidità della selezione si aggiunge anche la percentuale del grasso che deriva dalla parte anteriore della lombata e che deve corrispondere al 15% per ogni kg di carne. La macellazione e la lavorazione devono avvenire nel territorio calabrese. È inoltre necessario rispettare le prescrizioni per ciò che riguarda le razze, l’alimentazione e le tecniche di allevamento.
Per la preparazione della soppressata calabrese viene utilizzata la carne di suino non congelata, il sale, il grasso, il pepe nero e il pepe rosso. In una fase iniziale la carne viene tritata e impastata con il grasso, a temperature comprese tra 0° e 3° C. Successivamente viene insaccata nel budello, chiusa con uno spago e lasciata asciugare per due settimane. Dopo questo periodo, viene posizionata su un tavolo, coperta con un panno e messa sotto alcuni pesi. Questa è la fase che le fa assumere la forma caratteristica e che dà origine al nome. “Soppressare”, significa infatti “legare con soppressa”. Questo periodo dura per 10-15 giorni, dopodiché i prodotti vengono lasciati stagionare per almeno 45 giorni.
Le origini della produzione di salumi in Calabria risalgono con tutta probabilità ai tempi della colonizzazione greca delle coste ioniche. Le prime documentazioni certe riguardanti la lavorazione delle carni suine si riscontrano in un testo del 1691, "Della Calabria Illustrata" in cui si parla di carni salate, quelle trasformate “in Lardi, in Salsicci, in Suppressate, e somiglianti”. Bisogna aspettare il periodo che va tra il 1806 e il 1815 per la "Statistica Murattiana" in cui leggono indicazioni sulla “preferenza delle carni porcine salate, che si lavorano in entrambe le Calabrie. Il sale e il pepe formano generalmente presso il popolo i preparativi alla corruzione di questo intingolo ricercato”. Tali documenti testimoniano le antiche origini di questo salume che ancora oggi viene prodotto in Calabria.
Il maggior centro di produzione è la provincia di Cosenza. Lo stesso nome viene però usato anche in altri tipi di salumi presenti in altri territori regionali. Si tratta però di denominazioni dovute alla forma, ma che si differenziano notevolmente da quella calabrese. Tra le varie le più famose sono quella toscana e quella veneta.
La soppressata toscana, detta anche capo freddo o capaccia, viene realizzata con la lingua del maiale e altre parti cartilaginee, che vengono salate e lessate. Quella veneta, invece, è fatta con tagli magri del maiale, ma molto più speziati, grazie alla presenza di cannella, chiodi di garofano e rosmarino. Le similitudini del nome persistono quindi solo per via della forma, ma non ingredienti e produzione.
Se vuoi acquistare una vera soppressata calabrese devi tenere presente queste caratteristiche: prima di tutto la forma è un po' schiacciata e cilindrica, lunga 15 cm e con un diametro di 6 cm. Osserva anche il colore che può avere sfumature di rosso da quello scuro a quello più chiaro: questa gradazione dipende se è stato usato pepe nero o rosso, che determinano anche se è il prodotto è “dolce” o “piccante”, altra caratteristica che ha la soppressata. Per quanto riguarda l’interno, l’aspetto deve essere compatto e morbido. Se hai la possibilità di assaggiarla prima dell’acquisto, ricorda che il gusto deve presentarsi come pungente e intenso, saporito ma non eccedere di sale. Ma soprattutto, e su questo non puoi farti trarre in inganno, il prodotto deve mostrare il marchio Soppressata di Calabria Dop, con il nome in lettere chiare e leggibili, stampato su un’etichetta, con i componenti organolettici e le informazioni essenziali sul prodotto e sui produttori. Puoi trovare la soppressata in porzioni singole, sottovuoto, intero o tranciato.
La Soppressata di Calabria Dop viene gustata come antipasto. Ottima se accompagnata con una fetta di pane, assieme a un tagliere di salumi e formaggi misti. Molto gustosa anche come condimento di primi piatti: puoi soffriggerla in padella proprio come fai con il guanciale o lo speck e aggiungerla a delle verdure per condire la pasta. In alternativa usala per farcire una pizza, un tortino, un piatto di uova o dei muffin salati. Per il suo sapore intenso e stuzzicante, si sposa perfettamente con vini rossi locali ben strutturati.
La Soppressata di Calabria Dop come la maggior parte dei salumi, infatti, si conserva in ambienti freschi e asciutti, dove si mantiene per circa 12 mesi. L'ideale è una cantina appesa al soffitto coperta con un panno pulito ma, se non hai questa possibilità, una volta aperta, è preferibile metterla in frigo, opportunamente rivestita. Puoi anche scegliere di metterla sottovuoto. Al momento del consumo lasciala a temperatura ambiente per una mezz'oretta prima di mangiarla. In alternativa è possibile conservare sott’olio o sotto grasso in contenitori di vetro chiusi ermeticamente oppure sottovuoto.