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17 Maggio 2024 12:30

Servizio alla lampada: la storia della preparazione cult degli anni ’80

Ideato ufficialmente nel 1895, in Francia è diventato un simbolo fin dall'inizio del Novecento. Nel Bel Paese lo importa Angelo Paracucchi, uno dei più grandi innovatori della nostra storia culinaria, e dal 1974 è diventata una vera e propria mania nei locali di tutta Italia.

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Uno dei ricordi più affascinanti di chi ha vissuto gli anni '80 è il servizio al ristorante, molto più coinvolgente e interattivo rispetto ad oggi: barocco, oseremmo dire. Tra le tecniche più apprezzate da grandi e piccini c'era il servizio alla lampada, famoso anche come tecnica del flambè. Consisteva (e consiste tutt'oggi) nell'ultimare la cottura di un piatto in sala, davanti al tavolo del cliente, con l'ausilio di un carrellino. L'obiettivo era quello di coinvolgere le persone nella preparazione e impreziosire il piatto con uno "show". È senza dubbio una delle tecniche più scenografiche adoperate in sala anche perché quando la fiamma avvolge la pietanza, il profumo del piatto invade tutta la struttura.

La storia della flambata

Secondo alcuni storici le origini del servizio alla lampada si perdono nella notte dei tempi, con alcune tracce che risalgono addirittura all'epoca Romana: ovviamente si trattava di una forma estremamente primordiale, simile alla flambata solo nel concetto. Nel Medioevo ci sono dei passi avanti e diverse testimonianze la collocano in varie corti europee, tecnica usata come simbolo di opulenza e raffinatezza. I cuochi dell'epoca utilizzano la fiamma per flambare arrosti, pollame e dolci, creando giochi di luce e aromi che stupiscono i commensali.

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Per lo storico della ristorazione  Gianfranco Tavanti però l'invenzione del moderno servizio alla lampada è di Henry Charpentier, maître del Café de Paris di Montecarlo, ideatore della crêpes Suzette nel 1895. La storia, forse un po' romanzata, parla di una totale casualità: al ristorante arriva l'allora principe di Galles, che sarebbe diventato Edoardo VII, re d'Inghilterra. L'ingresso del reale è inatteso e la cucina del ristorante è chiusa. Charpentier recupera delle crêpes già pronte per il giorno dopo, le porta in sala, su un carrello insieme a una lampada a petrolio per illuminare il cammino e posiziona il carrello vicino al tavolo. A questo punto aggiunge il Grand Marnier, dà fuoco al tutto e crea le prime crêpes Suzette della storia: il nome sarebbe una dedica alla principessa e futura regina Alessandra di Danimarca. Tuttavia altre fonti, fra cui il "Larousse gastronomique", affermano che non sarebbe stato Charpentier a servire il principe perché ancora troppo giovane. Secondo altri studiosi, inoltre, il nome non sarebbe affatto una dedica alla principessa ma all'attrice francese Suzanne Reichenberg, il cui nome d'arte è Suzette.

A prescindere dalle origini, sempre controverse, dei piatti possiamo comunque affermare che questo tipo di tecnica ha poi fatto la storia della cucina novecentesca. Ad inizio secolo Auguste Escoffier descrive già la crêpes Suzette come un piatto d'alta cucina ed egli stesso le dà onore portandola in tantissimi dei suoi menu. Negli anni '80 la flambata diventa una vera e propria moda, a cento anni dalla sua "invenzione", e troviamo questo tipo di preparazione in sala in tantissimi ristoranti europei. Nel nostro Paese la importa Angelo Paracucchi, uno dei più grandi chef italiani, nel 1974. Alla sua Locanda dell’Angelo, uno dei primi stellati in Italia, inventa gli Spaghetti alla lampada, il suo piatto simbolo, dove per la prima volta in assoluto lo chef lascia la cucina per ultimare la cottura al tavolo consacrando questa pratica cult degli anni a venire.

Sono degli spaghetti agli scampi aromatizzati, la cui cottura viene finita davanti al cliente. Piatto firma dello chef proprio perché semplice e d'impatto: Paracucchi è finito nell'oblio perché "antagonista" di Marchesi, ma in realtà a lui dobbiamo l'utilizzo dell'olio extravergine nell'alta cucina (prima si usava solo il burro alla francese), la riduzione delle cotture del pesce, il minimalismo della materia prima e l'esaltazione dell'aceto balsamico. Un vero innovatore che ha portato la cucina italiana in tutto il mondo, da Osaka a Seul, passando per l'onnipresente Parigi, quando queste città erano molto più distanti rispetto a oggi.

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Il servizio alla lampada sopravvive ancora in diverse trattorie e perfino in alcuni ristoranti stellati, come ad esempio da Pipero a Roma con Ciro Scamardella, e dopo tutti questi anni fa sempre lo stesso "effetto wow" nei commensali, qualcosa di primordiale come il fuoco controllato da una mano sicura che profuma tutta la sala.

I due tipi di servizio alla lampada

Ci sono due tipi di servizio alla lampada, entrambi danno lo stesso risultato ma il risultato scenografico è un po' diverso:

  • Nel servizio più classico abbiamo la salsa a cui si aggiunge il protagonista del piatto (come gli spaghetti, la frutta o le crespelle) e si fiammeggia il tutto una volta cotto;
  • Nel secondo il protagonista del piatto è cotto, flambato e poi tenuto in caldo. A questo punto si realizza la salsa e il protagonista del piatto viene aggiunto successivamente alla salsa, senza ulteriore shock termico (la salsa quindi non viene flambata). In alcuni casi questo secondo tipo di servizio non vede neanche un ulteriore passaggio in padella. La pietanza viene servita direttamente nel piatto del commensale con la salsa preparata.

L'effetto scenografico del servizio alla lampada contribuisce a creare un'atmosfera elegante e conviviale, rendendo il pasto un'esperienza indimenticabile per i commensali. Inoltre, il sapore caramellato che la fiamma conferisce ai cibi aggiunge un tocco di raffinatezza e originalità.

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