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23 Febbraio 2024
14:21

“Scelte per la bellezza, scontiamo un decifit di credibilità”: il sessismo nel mondo dei bar

Insieme a Marella Batkovic, Alessia Bellafante e Giuliana Giancano scopriamo le sfide che le donne affrontano nel mondo dei cocktail bar, dominato dagli uomini: dalle molestie sessuali alla disparità salariale.

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Lavorare dietro il bancone di un bar quando sei donna non è per nulla semplice. Partiamo da una domanda però: il mondo dei cocktail è sessista? La risposta è complessa e non univoca. Da un lato, è innegabile che il mondo dei cocktail bar sia storicamente dominato dagli uomini. La maggior parte dei bartender famosi sono uomini, e le donne sono sotto-rappresentate in questo settore. Inoltre basta farsi un giro per vedere le discriminazioni e l'invadenza in questo tipo di locali: le donne bartender possono essere soggette a commenti sessisti, avances inappropriate e persino aggressioni. Dall'altro lato, negli ultimi anni c'è stata una crescente consapevolezza di queste problematiche e molte donne stanno emergendo come figure di spicco nel mondo dei drink. Proviamo a discuterne e cercare una soluzione con alcune delle migliori bartender d'Italia.

Le donne non vengono percepite come professioniste

Cominciamo da una considerazione fattuale: il termine "barlady" non esiste. Lo dice Valeria Bassetti, una vera guru del settore, in un'intervista a Vice: "In inglese barlady non ha un significato, la stampa italiana lo ha coniato perché si vede che sentiva il bisogno di dare un’etichetta alla lavoratrice donna". Il termine "bartender" indica colui che dirige il bar, non il sesso, quindi è neutro. Dobbiamo cominciare a ragionare sulle parole perché nonostante i progressi sul tema c'è ancora molta strada da fare per raggiungere la parità di genere nel mondo dei cocktail bar.

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Alessia Bellafante

Ne abbiamo discusso con Alessia Bellafante, bar manager di Gesto a Milano, che ci parla del maschilismo imperante dell'industry: "Paradossalmente all'inizio della carriera non ho avuto molti problemi perché lavoravo in un gay district e la comunità LGBT è molto più aperta, è disponibile a includere persone e personalità differenti". Le difficoltà su maschilismo e sessismo sono entrate in gioco quando ha cambiato posto di lavoro andando in un bar più mainstream: "Lì ho percepito delle differenze palpabili con i miei colleghi maschi. Al banco ero l'unica ragazza e il rapporto che si era instaurato tra me e il responsabile e tra lui e il mio collega era totalmente differenti. Stare dietro al banco per me era il contentino, per il mio collega era la prassi. Ho dovuto impiegare tanti mesi per dimostrare la mia professionalità. In seguito ho scoperto anche un'altra cosa brutta: lo stipendio era diverso, pur avendo le stesse mansioni".

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Marella Batkovic

Questo tipo di sessismo è molto comune e, a volte, è così insito nella mentalità delle persone da farlo "inconsapevolmente". Ce ne accorgiamo in un episodio capitato a Marella Batkovic, una delle migliori bartender d'Europa, all'inizio della sua carriera a Parigi: "Lavoravo in un rinomatissimo bar e tolsi il grembiule a metà servizio, minacciando di andar via. Il bar manager, sorpreso, mi chiese il motivo. Lo stavo facendo perché prima di uscire chiese a tutti i colleghi, tutti uomini, se volessero un hamburger, ignorandomi totalmente". L'episodio finisce bene perché per scusarsi, sia il bar manager sia i colleghi "mi chiamarono per una settimana e da quel momento critico è nato un rapporto speciale. Sono rimasta per 4 anni in quel bar e quelle persone sono diventate come fratelli e mentori". Sono capitati anche altri episodi ma "per me la comunicazione è fondamentale unita alla volontà e alla capacità di difendere i propri diritti. Bisogna imparare a difendersi, io per sfortuna questo dettame l'ho imparato in fasce". La Batkovic è infatti nata in Croazia, scappata dalla terra natia durante la guerra civile.

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Giuliana Giancano

Esperienza diversa per Giuliana Giancano, titolare di Pout Pourri Vintagecafe a Torino: lei è partita già con una propria attività, a 20 anni, insieme alla sorella Giorgia. Le due donne si sono scontrate con un maschilismo più subdolo: "Il fatto di essere donna e giovane a livello culturale mi toglieva credibilità, non venivo riconosciuta come imprenditrice alla pari di un collega uomo. La differenza è percepibile". Ci sono episodi anche più diretti: "Ero ad una competizione — prosegue la bartender torinese — e gli organizzatori dicono di voler portare una donna come quota rosa ma che, incredibilmente, avevo vinto la competizione, una gara molto difficile con test teorici e pratici. Gli organizzatori dissero addirittura ai colleghi che, qualora volessero, avrebbero potuto ricontrollare i punteggi. L'ho trovato super degradante perché avevo fatto una gran fatica per preparare quella prestazione. Sentire quel tipo di percezione non mi ha fatto piacere per niente". Spesso però i problemi vanno oltre la sottovalutazione di una professionista donna e scendono in questioni molto più gravi: le bartender vengono scelte per l'avvenenza e non per il talento.

Dress code e avvenenza: un problema da superare

Per Alessia Bellafante "questo succede soprattutto nei locali di massa e nelle discoteche. Sono stata di recente in un locale famoso e al banco c'erano solo ragazze bellissime e mezze nude. Io sono a favore della normalizzazione dei tabu ma non se fa parte del dress code richiesto dal titolare". Questa infatti è una mera sessualizzazione del corpo della donna e della sua figura come professionista. "È importante parlare della sessualizzazione dei corpi in tanti contesti. Nel nostro settore — prosegue la bar manager — molti imprenditori scelgono una bella ragazza, scollata e provocante così da avere più richiesta dal pubblico. Questo è un iter sbagliato, tossico e maschilista. Lo vedo anche nelle fiere: è aberrante vedere donne sfruttate per l'avvenenza così da vendere un'acqua tonica". Alessia Bellafante è colpita dalla situazione perché dice che il sessismo nel mondo dei bar "si percepisce nell'aria. Per me è sessista anche chiederci di vestirci da uomini. Il sessismo viene espresso in tanti modi ed è percepibile ovunque. Chi percepisce il sessismo è chiaramente la vittima perciò noi donne non pretendiamo che gli uomini avvertano lo stesso poiché la loro posizione di privilegio glielo impedisce. Altresì, ciò che pretendiamo è che ci sia disponibilità ad ascoltare e che si accetti che una donna possa sentirsi sminuita dopo battute, modi di fare e richieste inappropriate".

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Marella Batkovic prova a vedere la situazione da un'altra prospettiva invece: "Sono consapevole che ci siano situazioni davvero spiacevolissime. Invito sempre le colleghe a lavorare su se stesse, a non sperare che il mondo cambi dal giorno alla notte perché viviamo in un Paese sessista. Dobbiamo creare la pace interiore, saperci difendere. Purtroppo tutte quelle che sono rimaste sanno benissimo che bisogna battersi il triplo di un collega maschio per emergere". La Batkovic dice di "non essersi mai sentita sminuita pur essendo consapevole di aver fatto carriera anche grazie all'aspetto estetico. Anche in altri lavori mi è capitato. Bisogna lavorare su questo punto". Sulla questione estetica Giuliana Giancano ne fa una battaglia da portare in società, slegata dal mondo dei bar: "C'è un problema di percezione del nostro lavoro che non viene preso sul serio. È una questione culturale, diventa spesso difficile affiancare un valore di conoscenza a una donna e non estetico. Non nego che, nonostante abbia una fortissima personalità, nelle collaborazioni con i brand c'è sempre questo sbalzo di considerazione: se c'è un uomo è un bartender, se è una donna è una hostess (senza nulla togliere a questo lavoro, parlo solo di diverse competenze)".

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La tossicità dell'ambiente, il sessismo imperante e l'alto tasso alcolico porta a un problema molto grave: spesso le bartender sono in pericolo a causa dei clienti. Marella Batkovic ci dice di esserle successo "molte volte, anche quando ero al bancone. Ho chiamato i colleghi in soccorso per evitare problemi ma è una cosa che capita". È successo anche ad Alessia Bellafante "e non solo una volta a causa di attenzioni non richieste o non corrisposte. La cosa che ritengo davvero pericolosa non sono le attenzioni, perché nella maggior parte delle volte con la diplomazia si risolve. Il pericolo è che, lavorando con il pubblico, le persone sanno sempre dove trovarti. Sentirsi dire che ti aspettano dopo il lavoro non è piacevolissimo". Fortunatamente questo problema non l'ha mai vissuto Giuliana Giancano che però ci pone un altro quesito: "Tornare a notte fonda per una donna è difficile e complesso. Mi è capitato di portare con me l'incasso della serata e mi sono voltata spesso a controllare di essere da sola, per non rischiare di incontrare pericoli. Tocca sia uomini sia donne ma per ovvie ragioni, strutturali e fisiche, noi donne non siamo pronte ad affrontare determinati pericoli. Lo staff del mio locale fa un corso di autodifesa proprio perché è una cosa che può succedere, il lavoro notturno ha degli aspetti complicati, è un mondo difficile e può accadere di tutto. È giusto sapersi difendere e credo che dovrebbero farlo tutte le persone per difendersi o prevenire eventuali pericoli". Alessia Bellafante prova invece ad accendere una luce su Milano perché "dalla pandemia è diventata estremamente pericolosa per tutti. Io mi sento molto più in pericolo se durante il servizio incontro qualcuno che ha mostrato interesse nei miei confronti e sta temporeggiando per aspettarmi. Questo mi spaventa. Io cerco sempre di camminare col telefono in mano per deviare l'attenzione su un oggetto da rubare piuttosto che sulla mia persona". La Bellafante conclude con una frase amara: "La mia città è molto pericolosa".

Lo stipendio più basso? Non sempre, non solo

Un tema comune nel mondo del lavoro è quello dello stipendio più basso alle donne. Gli ultimi dati Inps sui lavoratori del settore privato: tra uomini e donne ballano 8 mila euro di stipendio annuo. Se in media un dipendente in Italia prende 22.839 euro, un maschio sale a 26.227 e una femmina precipita a 18.305.

Anche nella mixology le donne guadagnano meno ma oltre allo stipendio più basso per uguali mansioni "è più difficile per una donna ambire a posizioni remunerative" ci dice la Bellafante. "È più difficile avviare la carriera, di conseguenza è più difficile ambire ad alcuni ruoli. La carriera di una donna è molto più lenta quindi il passaggio di ruolo è più complicato. A una donna si fa più fatica a dare fiducia in una posizione di rilievo e quindi gli stipendi sono più bassi. Per molti imprenditori le capacità produttive di una donna sono inferiori perché credono che un uomo abbia più prestanza fisica. È un ragionamento arcaico: noi non siamo scaricatori. Lavoriamo tanto a livello fisico, è un impegno fisico ma io non passo le giornate a spostare casse, non vengo pagata per quello. È un ragionamento stupido e senza senso".

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Ovviamente questo discorso non può valere per la Giancano, essendo titolare del proprio locale: "Da noi tutto si regge sulla meritocrazia. Per tanti anni siamo state solo donne, per caso e non per scelta. Le bartender di Torino venivano da noi, forse anche per la pulizia dell'ambiente. Le nostre ragazze sono sempre state pagate allo stesso modo dei ragazzi. Ti confesso comunque che non ho visto differenze neanche nelle collaborazioni esterne che ho fatto". Un punto "unisex" lo mette Marella Batkovic: "Non ne faccio una questione di genere. In Italia abbiamo un problema serio con tutti gli stipendi. Spesso gli extra non vengono pagati, spesso ci sono orari assurdi, prolungati, senza avere neanche la possibilità di cenare. Io mi batto quotidianamente per sfondare questa barriera nel mondo del bar".

Uno sguardo al futuro: come rendere il mondo del bar più inclusivo

"Dobbiamo cambiare il modo in cui ci vediamo, siamo colleghi e non concorrenti. Nessuno di noi è qui per vincere qualcosa: dobbiamo solo rendere magico il momento dell'aperitivo per i nostri clienti" dice Marella Batkovic che spera di avere più unità all'interno dell'industry. La bartender italo-croata vuole dare anche un consiglio alle giovani colleghe: "Non ascoltate chi vi dice che siamo tutti sostituibili perché non è vero. Siamo unici, tutti noi. Con la determinazione e l'amore per il nostro lavoro possiamo crescere ma non smettete di documentarvi. Formatevi, partite dalle basi". Può sembrare paradossale nell'Era dell'informazione ma per la Batkovic "non c'è mai stata tanta disinformazione quanto oggi sulla mixology. Vediamo cocktail terribili, al gusto e alla vista, con decorazioni non edibili che non servono a nulla. Direi a una giovane collega di non puntare a essere la migliore sui social o su qualche classifica. Deve essere la migliore per se stessa, per i clienti, senza avere fretta. Ci saranno giorni di sconforto dove tutti sembreranno più bravi: usatelo questo sconforto per sperimentare e credere ancor di più nelle vostre capacità".

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Discorso simile lo fa Alessia Bellafante che direbbe a una ragazza "di farsi valere e rispettare sempre ma soprattutto di non aver paura di far sentire la propria voce". Purtroppo non sa come rendere più inclusivo il mondo del bar "perché non è una cosa che avviene dall'oggi al domani. Vorrei poter avere una risposta ma è difficile. Ci vorrebbero più impegno e interesse da parte di tutti. Negli ultimi anni le donne in questo settore sono aumentate, sono più vicine tra di loro e questo è importante: la voce di un gruppo è ascoltata in maniera differente. I collettivi cercano e spronano l'inclusione nel nostro ambiente. Per essere più inclusivi dobbiamo ascoltare le esigenze, le paure e le difficoltà delle persone. Dobbiamo smettere di categorizzare le persone come uomo-donna ma considerare chi si ha di fronte solo come un essere umano".

Dello stesso avviso anche Giuliana Giancano che vuole superare il dualismo "senza pensarci perché la differenza non c'è. Con il tempo lo staff ha accolto sia ragazzi sia ragazze e oggi cerco di far percepire il valore personale, non uomo o donna". Nonostante le sfide, le donne stanno combattendo gli stereotipi e ottenendo un crescente riconoscimento nel mondo dei cocktail bar. Figure come quella di Ada Coleman, Lynnette Marrero, Monica Berg e Natasha David fanno parte della storia della professione e andrebbero studiate da tutti i lavoratori di questo settore.  Ci sono diverse iniziative  promosse per contrastare il sessismo e per creare un ambiente più inclusivo e sicuro per le donne in questo settore. È ancora troppo poco e bisogna lavorarci su.

In definitiva, la figura della donna nel mondo dei cocktail bar è in evoluzione verso una maggiore parità e riconoscimento. È importante continuare a sensibilizzare su questo tema e a promuovere iniziative concrete, valorizzando il talento e la professionalità delle donne bartender così da creare un mondo più inclusivo per tutti, che sia dietro il bancone di un bar o tra i tavoli dei clienti.

Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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