Il blocco va dallo Ionio al Tirreno e si aggiunge a quello dell'Adriatico (che scadrà a breve). Le associazioni si lamentano ma il fermo è una risorsa per tutti: sia per i pesci sia per i pescatori.
Niente più pesce fresco a tavola nei prossimi giorni, o almeno così sembrerebbe. È partito il fermo pesca che porta al blocco delle attività dei nostri pescherecci dallo Ionio al Tirreno, ovvero nel tratto di costa che va dalla Puglia (zona Brindisi) alla Calabria (zona Reggio Calabria). Il blocco va dal 4 settembre al 4 ottobre per quattro settimane complete. In Italia è già in vigore un altro fermo, nell'Adriatico: qui lo stop terminerà a partire dal 9 settembre in alcune zone e poi man mano "libererà" tutta la costa. Quindi non potremo più avere "pescato del giorno" se quel pesce proviene dalle zone Fao interessate ma può arrivare senza problemi da altre parti d'Italia.
Il fermo, inoltre, non vale per tutti i tipi di pesci. "Nonostante l'interruzione dell'attività sulle tavole delle regioni interessate sarà comunque possibile trovare prodotto italiano — spiega Coldiretti — dal pesce azzurro come le alici e le sarde, al pesce spada, ed inoltre a spigole, orate, sogliole, cannocchie, vongole e cozze provenienti dalle barche della piccola pesca, dalle draghe e dall'acquacoltura. Il consiglio è dunque quello di verificare bene le informazioni in etichetta sui banchi di pescherie e supermercati".
A dare la notizia del fermo è Coldiretti Impresapesca che in realtà non è contenta della cosa: "Come lo scorso anno in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di fermo a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata" dicono dall'associazione. Il fermo di quest'anno cade in un momento difficile a causa delle nuove linee di indirizzo del Commissario alla Pesca ed all'Ambiente, Virginijus Sinkevicius. Per Coldiretti "l'assetto del fermo pesca 2023 non in tutti gli areali risponde ancora alle esigenze delle aziende, non a quelle di sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale. Il fermo non deve essere una mera restrizione dei tempi di pesca, misure già abusate dai regolamenti comunitari, ma deve avere come obiettivo quello di tutelare le risorse target nelle fasi biologiche più importanti".
Tra le misure più stringenti previste dal commissario c'è il divieto assoluto della pesca a strascico e la restrizione delle aree di pesca del 30% per una riduzione molto drastica entro il 2030. Queste misure sono atte a tutelare i mari perché, soprattutto la pesca a strascico, è un'autentica rovina per i fondali, gli ecosistemi e gli animali che popolano le acque. Il fermo pesca è una risorsa fondamentale e tutela proprio i pescatori oltre che i pesci. Ci sono tanti studi che confermano questa ipotesi: la protezione del mare paga. La biodiversità incide sulla quantità e sulla qualità del pesce. I riscontri non riguardano solo i prodotti ittici e le nostre tavole: migliora la temperatura dell'aria, la stratificazione dell'acqua e tutto ciò contribuisce alla cattura della CO2 da parte del mare.