Amato praticamente da chiunque, il salmone è una delle specie ittiche più allevate e consumate in assoluto. Ma dal punto di vista nutrizionale è preferibile consumare il prodotto fresco o quello affumicato? Lo abbiamo chiesto alla nostra esperta di fiducia.
Specie ittica tra le più apprezzate e consumate in assoluto, il salmone si caratterizza per un gusto e un odore gradevoli e delicati, e per l'eccezionale versatilità in cucina. Grigliato, gratinato, cotto al vapore o aggiunto a insalatone verdi o a base di cereali, questo pesce è disponibile sia fresco – a fette, in tranci o intero, se di piccole dimensioni – sia affumicato, pronto ad arricchire mille e una ricetta diverse.
Dal punto di vista nutrizionale, si tratta di un alimento che presenta anche diversi vantaggi: ricco di proteine dall'alto valore biologico e di omega 3, acidi grassi essenziali dall'elevato potere antinfiammatorio, è un'ottima fonte di sali minerali, in particolare fosforo e potassio, e vitamine.
Purtroppo, però, il salmone è un pesce che tende ad accumulare metalli pesanti e materiale plastico – quest'ultimo fa da disregolatore endocrino – e non va consumato con troppa frequenza. Va poi fatta una distinzione tra selvaggio e allevato.
Se il salmone selvaggio presenta un buon profilo qualitativo, lo stesso non si può dire di quello proveniente da allevamenti intensivi, costretto a vivere in spazi ridotti e sovraffollati, e a nutrirsi con mangimi industriali e di bassa qualità; le sue carni, meno tenaci e strutturate, e di una tonalità pallida e grigiastra, spesso ravvivata da coloranti sintetici, presenta un altissimo potenziale di tossine, agenti inquinanti e antibiotici, nonché uno squilibrio tra grassi omega 3 e omega 6.
Per fare una scelta il più consapevole possibile, è importante prediligere pesce pescato o allevato in maniera estensiva, ma anche variare il più possibile le varie tipologie a nostra disposizione: in particolare scegliamo pesce locale, di piccola taglia, proveniente dai nostri mari e pescato in maniera sostenibile, come alici, sarde e sgombri. In questo modo, oltre a risparmiare anche a livello economico, salvaguarderemo salute ed ecosistema marino.
Ma, tra il salmone fresco e quello affumicato, qual è meglio mangiare? Lo abbiamo chiesto alla nostra esperta di fiducia, la dottoressa Arianna Rossoni, dietista, docente e responsabile del progetto Equilibrio Donna.
Il salmone fresco, nello specifico quello selvaggio, è un prodotto dall'ottimo profilo nutrizionale: ricco di proteine dall'alto valore biologico, contiene acidi grassi omega 3, importantissimi per l'elevato potere antinfiammatorio, e si contraddistingue per il buon apporto salino, in particolare di fosforo e potassio, e vitaminico.
Gli esemplari wild, generalmente, hanno carni magre, sode, compatte e di un bel colore rosa naturale; quest'ultimo e la ricchezza di acidi grassi polinsaturi sono dovuti alla presenza dell'astaxantina, un carotenoide dalla potente azione antiossidante, presente in alcune alghe e crostacei di cui si nutrono i salmoni allo stato selvaggio.
Se freschissimo e precedentemente abbattuto, il salmone può essere battuto al coltello o tagliato a fettine sottili, condito con un filo di olio extravergine di oliva, succo e scorza di limone grattugiata e un pizzico di sale, quindi gustato a mo' di tartare o carpaccio; se non ami il crudo, invece, puoi sbizzarrirti con diverse tecniche di cottura: dalla griglia al forno, dalla cottura al cartoccio a quella al vapore, c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Il salmone affumicato è ottenuto mediante un processo che può avvenire sia a caldo sia a freddo: in entrambi i casi vi è una combustione lenta della legna e delle spezie, e grazie a questa si sprigionano i fumi e gli aromi che conferiranno al pesce l'inconfondibile nota affumicata.
Si contraddistingue per un sapore più deciso e sapido, e per una salinità decisamente più spiccata. L'affumicatura a freddo andrebbe comunque preferita poiché preserva al meglio le caratteristiche organolettiche del pesce.
Si tratta di un prodotto conservato, dunque più ricco di sale rispetto al pesce fresco, e per questo da limitare nella frequenza e nelle quantità. Questo genere di alimenti andrebbe consumato non più di una, massimo due volte a settimana, e la porzione, essendo disidratato, dovrebbe essere di circa la metà del prodotto fresco.
"Se la porzione di riferimento del salmone fresco è di circa 200 gr, allora quella del prodotto affumicato sarà di circa 100 gr", specifica la nostra esperta.
Veniamo al "nodo" della questione: quale dei due prodotti dobbiamo preferire? Ci dispiace deluderti, ma, purtroppo, non esiste una risposta univoca: ciascuno di questi due alimenti, infatti, ha sia aspetti positivi sia negativi.
"Il pesce affumicato ha di contro il fatto che contiene tanto sale e l'affumicatura stessa – ci spiega Rossoni -; due elementi che, se consumati troppo frequentemente, non fanno bene alla salute".
D'altro canto, va detto che è molto più facile reperire salmone selvaggio affumicato rispetto a quello fresco selvaggio. "Se guardiamo alla qualità della materia prima, il pesce selvaggio è da preferire a quello di allevamento, in particolare se norvegese".
Un altro vantaggio del prodotto affumicato è la sua grande praticità. Già pronto all'uso, da utilizzare così com'è o da unire ai nostri piatti, può essere considerato un vero e proprio "salva pasto". Basta aggiungerlo a un'insalatona mista croccante, da completare con crostini di pane, per avere un pranzo leggero e saziante, ottimo per l'ufficio.
Può essere utilizzato per farcire una piadina di ceci o un panino integrale, da portare con sé in spiaggia e al parco, o ancora per arricchire una porzione di riso basmati o un altro cereale preferito; il consiglio è, in qualunque caso, di aggiungere sempre una bella porzione di verdure, ricche di acqua e sali minerali necessari per idratare, contrastare la ritenzione dei liquidi ed eliminare il sodio in eccesso.
Il salmone fresco contiene un quantitativo di sale molto inferiore, ma – come già visto – si tratta di una specie ittica che non andrebbe consumata con troppa frequenza a causa dell'inquinamento dei nostri mari. Il suggerimento resta quello di ruotare il più possibile le varie tipologie di pesce, così da rendere l'alimentazione il più variegata, completa e sostenibile possibile (sia in termini salutistici sia ambientali).
Questo vale anche nella scelta dei due alimenti in questione: non serve eliminarne uno a favore dell'altro, ma semplicemente inserirli nelle giuste quantità e frequenze di consumo, all'interno di una dieta varia, che comprenda anche altre fonti proteiche ad alto valore biologico e di qualità eccelsa.