Quale salmone scegliere, d'allevamento o selvaggio? Fresco o surgelato? Il biologo-nutrizionista Simone Gabrielli ci spiega che differenza c'è tra le varie tipologie, come riconoscere un salmone di allevamento e come leggere l'etichetta al momento dell'acquisto.
Distinguere un salmone di qualità da uno scadente non sempre è facile, ma anche riconoscere uno selvaggio da uno d'allevamento oppure quello fresco dal surgelato. Il salmone è uno degli alimenti più richiesti al mondo e anche uno dei più costosi, ma perché costa così tanto? Il biologo-nutrizionista Simone Gabrielli spiega in maniera davvero semplice le differenza tra salmone selvaggio e d'allevamento e come scegliere il miglior prodotto. In questo modo si avranno tutte le informazioni necessarie per un acquisto consapevole, portando in tavola un salmone di qualità.
Nel salmone di allevamento sono presenti righe bianche spesse, perché è molto grasso. Nel salmone selvaggio, invece, il grasso quasi non si vede. Il motivo sta nello stile di vita del pesce: il selvaggio ha una vita movimentata, questo nasce nei fiumi, li discende, arriva in mare, poi torna indietro, risale il fiume, si accoppia. Mentre l'altro se ne sta negli allevamenti a mangiare e basta, anche perché negli allevamenti non ha molto spazio per muoversi. E infatti ingrassa.
A saltare all’occhio è anche il colore: quello selvaggio è molto più rosso, per via dei piccoli crostacei ricchi di carotenoidi di cui si nutre; mentre quello d’allevamento è un arancione più chiaro, quasi rosa: la sua dieta è a base di mangime di farina di pesce, soia, grano: insomma, alimenti privi di carotenoidi. E allora come mai è comunque tendente all’arancione? Perché viene aggiunta ai mangimi l’astaxantina, un pigmento rosso-arancio. altrimenti il salmone sarebbe bianco-grigiastro come un merluzzo.
Tra l’altro il salmone d’allevamento, proprio perché si muove meno, è anche meno proteico e, nonostante sia più grasso, ha meno Omega-3 (il cosiddetto “grasso buono”) rispetto al selvaggio.
Il salmone di allevamento è quindi da evitare? In realtà no, esistono salmoni e salmoni. Se allevato bene, nutrito bene, in un allevamento dove ha abbastanza spazio per nuotare e soprattutto dove viene controllato, può essere un ottimo prodotto.
Per acquistare dei salmoni di qualità è importante leggere l’etichetta. Innanzitutto va guardata la provenienza. Ovviamente ogni allevamento è un mondo a sé ma in generale, in luoghi come la Norvegia, i salmoni vengono allevati in buone condizioni. Luoghi come il Cile invece, purtroppo non hanno una buona nomea tra i salmoni – soprattutto per via del sovraffollamento delle vasche e dell’ampio utilizzo di antibiotici per evitare le infezioni. Paesi come la Norvegia, invece, agli antibiotici hanno preferito lo sviluppo di vaccini per scongiurare le epidemie negli allevamenti, e quindi in linea di massima usano meno antibiotici.
Se vuoi sapere dove è stato lavorato il prodotto basta controllare il bollino dietro la confezione: “IT” indica che è stato confezionato in Italia, “674” è il numero dello stabilimento italiano e “CE” sta per “Comunità europea”, il che vuol dire che possiamo stare tranquilli perché lo stabilimento è approvato per rispettare le normative igienico sanitarie europee.
Stessa cosa per la seconda etichetta, PL “Polonia”, numero stabilimento e poi “WE” che sarebbe la traduzione polacca per Comunità Europea: “Wspólnota Europejska".
Comunque il prezzo del salmone può variare, non solo in base alla modalità di conservazione, di trasporto e del luogo di lavorazione, ma anche in base al periodo. A Natale che la richiesta aumenta, per esempio, aumenteranno anche i prezzi. Ed è lo stesso motivo per cui negli ultimi vent’anni il suo prezzo è sempre aumentato: perché è sempre aumentata anche la sua richiesta. Diciamo che è un pesce che ha saputo vendersi molto bene, tra sushi e diete fit, l’immagine che abbiamo del salmone nel tempo è diventata quasi mistica.
È importante però non farsi ingannare, perché non sempre "prezzo alto" è sinonimo di qualità. A volte il salmone selvaggio costa persino meno di quello d’allevamento. Com’è possibile?
Prendendo ad esempio due confezioni di salmone surgelato: hanno comunque buoni valori nutrizionali ma il costo è piuttosto basso, una ventina di euro al chilo circa. Questo perché il salmone viene pescato in mare e poi immediatamente surgelato, abbattendo i costi. Il motivo per cui il salmone selvaggio fresco costa così tanto, infatti, è che praticamente dovrebbero portarlo dai mari del Nord direttamente con un aereo cargo, e in tempi relativamente brevi. Invece congelandolo si abbassano i costi di trasporto e di conservazione, perché il pesce può viaggiare con calma e inoltre non c’è il costo di affumicatura, banalmente perché non viene affumicato.
Quindi che salmone dobbiamo comprare? Non c’è una regola, dipende che vogliamo fare: per cuocerlo in padella può andar bene anche uno più grasso d’allevamento (molto meglio se estensivo ovviamente). Per mangiarlo crudo invece quello ottimale sarebbe un bel salmone selvaggio fresco appena giunto direttamente dall’Alaska, che però potrebbe costare troppo.
L’unica cosa a cui bisogna fare davvero attenzione è la data di scadenza. Sì perché più è vicina è più è probabile contrarre un’infezione da listeria.
Il listeria monocytogenes è un batterio che inizia a moltiplicarsi nel salmone all’incirca dopo il quinto giorno di vita del prodotto. Va da sé che più rimane conservato sul banco frigo e più questi batteri si moltiplicano. Per l’UE il limite massimo di listeria consentita è di 100 unità formanti colonie per grammo. Sotto questa quantità il salmone è vendibile. Sopra le 1000 invece, si raggiunge la dose infettante.
Mediamente la vita di un salmone confezionato nei supermercati è di 2 mesi. Va da sé quindi che se la scadenza indicata sul prodotto è tra più di un mese possiamo stare più che tranquilli. Se invece mancano pochi giorni alla scadenza, allora potrebbe contenere molti più batteri di listeria, perché col tempo si moltiplicano.
Comunque in linea di massima puoi stare tranquillo perché i prodotti in vendita al supermercato vengono controllati e ricontrollati tante volte prima di essere messi in vendita.
In questo caso si potrebbe avere un semplice mal di pancia, con diarrea, nausea e un po’ di febbre. Oppure avere sintomi ben più gravi, soprattutto negli anziani, dove può portare a meningite o setticemia, o ancora nelle donne incinte, dove può portare gravi problemi al nascituro.
Ad ogni modo è possibile azzerare i rischi cuocendo il salmone. Nel caso, invece, si volesse usare sui crostini? In tal caso allora, bisognerà conservarlo sempre sotto i 4 gradi, ancor meglio sotto i 2, e una volta aperto consumarlo in massimo due giorni, e soprattutto conservarlo ben isolato dagli altri alimenti, i cui batteri potrebbero contaminarlo.