Nelle terre del cannonau di Sardegna i due protagonisti della seconda puntata di Dinner Club, Carlo Cracco e Diego Abatantuono, trovano sulla propria strada Roberto Petza. Lo chef con 1 Stella Michelin tra il 2013 e il 2019, cucina loro una sorta di lasagna col pane carasau e un ragu di pecora, la cui carne è stata lasciata a marinare nel vino e nelle erbe spontanee sarde per 12 ore.
Tra i protagonisti di Dinner Club c'è lo chef più rappresentativo della Sardegna: Roberto Petza. Nel programma condotto da Carlo Cracco su Amazon Prime Video, lo chef veneto porta Diego Abatantuono in Sardegna e sull'isola fanno un meraviglioso tour che li porta nelle terre del cannonau. Lo chef stellato veneto presenta il collega isolano come "un grande amico, è bravissimo" ed effettivamente Petza bravissimo lo è: 1 Stella Michelin dal 2013 al 2019, anno in cui ha chiuso il ristorante; innumerevoli riconoscimenti sulle guide del Gambero Rosso e dell'Espresso. Nonostante tutto il successo, a distinguere la forza di questo cuoco è la caparbietà, la sua visione unica di ciò che dovrebbe essere la cucina. Lui si vede come un direttore d'orchestra, i cui musicisti non sono solo i cuochi di brigata: alla sinfonia partecipano gli allevatori, i contadini, i casari, i pescatori, gli artigiani tutti che rendono unica la Sardegna.
Non esiste lavoro al mondo più evocativo di quello del falegname: i tre esponenti più famosi della storia di questa professione sono tre personaggi che donano vita con la saggezza, ovvero San Giuseppe, Gesù Cristo e Mastro Geppetto. La religione cristiana ha affidato proprio a questa lavoro la genesi del suo fondamento, forse per la meticolosità, la cura, l'amore che ci deve essere per tramutare un pezzo di legno in un'opera d'arte.
Roberto Petza, classe 1968 nato a San Gavino Monreale, Provincia del Medio Campidano, voleva fare proprio questo di mestiere. Non il calciatore, l'astronauta, né tantomeno il cuoco. Lui voleva essere un falegname. I genitori glielo impedirono: il paese era abitato da circa 5 mila anime (oggi sono poche di più), di falegnami ce n'erano già abbastanza, e lo spingevano verso studi più teorici che a quei tempi potevano offrire un futuro più roseo. Il piccolo Roberto si rassegnò all'idea, ma non del tutto: il suo obiettivo era fare un lavoro manuale e per questo, di nascosto, andò a iscriversi alla scuola alberghiera di Alghero.
Tra i banchi di scuola nasce concretamente la passione per la cucina. Qui Petza ritrova quell'amore per il singolo elemento, per la purezza dei gesti, per la pazienza e per il tempo: tutti elementi che sono tipici anche della falegnameria. Il talento c'è, evidente a tutti, e pure la passione per lo studio che va oltre il mero spadellare. Petza crea un proprio pensiero, un proprio modo di intendere la cucina. Parliamo di un cuoco che è stato precursore del chilometro zero, molto prima che diventasse una moda. La sua filosofia è chiara fin da subito ma viene affinata con l'applicazione: dopo il diploma vola sul "continente" e comincia a girovagare per l'Italia prima, per il mondo poi, alla ricerca di nuove tecniche, nuove idee, nuovi modi di vedere la vita.
Alla soglia dei 30 anni e dopo una lunga gavetta si sente pronto per tornare a casa e mettere a frutto tutto il bagaglio acquisito oltremare. Decide di tornare nella terra d'origine e nel 1998 apre S'Apposentu a San Gavino Monreale. L'obiettivo non è raggiungere traguardi prestigiosi e impressionare i critici; l'obiettivo è fare una cucina gustosa che riveli agli italiani tutti i sapori della Sardegna, oltre i gusti "turistici".
L'obiettivo è centrato in pieno e infatti l'ambizione di proporre questo tipo di cucina in una città più grande si fa sentire: nel 2002 S'Apposentu si trasferisce al Teatro Lirico di Cagliari, per un ambizioso progetto che punta alla riscoperta dei sapori antichi. La voglia di Roberto Petza è sempre la stessa, quella di esaltare al meglio certe sensazioni e, soprattutto, di riscoprire alcuni sapori che hanno radici antiche nella cultura gastronomica della Sardegna.
I riconoscimenti non tardano ad arrivare: per questo motivo il cuoco decide di "sfruttare" il proprio nome per dare rilevanza a una zona arcaica della propria regione; nel 2010, infatti, si trasferisce in una villa liberty dei primi del Novecento, a Siddi, nel cuore della Marmilla, un paesino di 700 abitanti. Questa nuova, definitiva, versione del ristorante prevede la costruzione di una rete che coinvolge contadini, allevatori e artigiani, per proporre una cucina a km 0 esclusivamente stagionale, un'idea vincente che nel 2013 convince gli ispettori della Michelin ad assegnargli l'ambito riconoscimento, la sua prima Stella. Roberto Petza diventa uno dei primi cuochi a ottenere 1 Stella Michelin in Sardegna, e lo ha fatto in un posto molto lontano dal glamour che caratterizza alcune zone dell'isola. Un risultato straordinario.
Purtroppo questa bellissima storia viene interrotta bruscamente nel 2019. Lo scenario in Marimilla è ormai diventato surreale: ci sono le poste, una banca, un museo ma manca un bar, manca un’edicola. È tutto chiuso, è praticamente una zona fantasma della regione: anche Roberto Petza decide di lasciare questo luogo e lo fa con un post su Facebook da cui traspare enorme amarezza.
"Ho chiuso un accordo col comune di Siddi, proprietario dell'immobile che mi ha ospitato per 10 anni. Con la consegna delle chiavi si chiude un ciclo – scrive lo chef – tante gioie e qualche amarezza in questo periodo trascorso in Marmilla. Decisi di accettare la sfida di atterrare come un extraterrestre nella zona più depressa della Sardegna… Atterrai in Marmilla con tanta voglia di tornare alla terra, alla natura e ai suoi prodotti… Mi sono scontrato e rispecchiato col lato umano di noi isolani e isolati che ci porta a diffidare sempre del bello che ci cade addosso e a viverlo con diffidenza, con la convinzione che dietro il bello ci sia un prezzo da pagare in termini di dignità e onore".
Negli ultimi due anni, complice la pandemia, il nome di Petza è un po' scomparso dalla scena nazionale. In un mondo in cui l'apparenza è tutto, la sua discrezione quasi stona, ma è stato bello ritrovarlo in Dinner Club insieme a Carlo Cracco nella puntata con Diego Abatantuono. A Oliena, nelle terre del cannonau, prepara loro una sorta di lasagna, con la pasta sostituita dal pane carasau che viene condito con un ragu di pecora (filetto e coscia) marinato 12 ore con il cannonau ed erbette aromatiche. Un esempio perfetto della cucina di Roberto Petza: lui ha sempre usato la pecora nei menu, perché leggera, sana e molto digeribile. Un animale che mangia quello che trova durante il pascolo. La sua cucina è caratterizzata dall’utilizzo esclusivo di prodotti locali e stagionali, forniti da produttori locali che fungono da parte attiva nel processo creativo dello chef.
Dopo l'esperienza televisiva con Cracco non ci resta che sperare di vederlo presto, di nuovo, alle prese con lattughe di mare, erbe locali e le sue meravigliose ortziadas.