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21 Novembre 2022 16:51

Riso perenne: cos’è questa nuova varietà che potrebbe cambiare la vita delle persone

Una nuova varietà di riso che si pianta ogni 5 anni: migliora la vita dei lavoratori, aumenta i guadagni dei produttori (fino al 161% in più) e aiuta l'ambiente perché a basso impatto ecologico. Ci sono anche dei contro individuati dai ricercatori dopo molti anni di studio.

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In Cina nasce una nuova tipologia di riso: è estremamente remunerativa per i produttori e altamente sostenibile per il pianeta, lo chiamano "riso perenne". Una doppia svolta che potrebbe spingere gli investimenti verso questa direzione. Il tema della sostenibilità alimentare è sempre più pressante per i governi di tutto il mondo: la popolazione continua a crescere e potremmo non avere cibo a sufficienza per tutti. In quest'ottica vanno viste le aperture dell'Unione Europea verso gli insetti a tavola o la ricerca sulla carne in laboratorio. Cerchiamo di capire perché il cosiddetto riso perenne potrebbe essere una valida soluzione ai nostri problemi.

Cos'è il riso perenne

Se ti chiedessimo qual è il cibo più consumato al mondo, cosa risponderesti? Probabilmente la pasta o, perché no, la pizza. Questi due alimenti fanno parte della nostra storia: la risposta è comunque sbagliata ma non di molto. Pasta e pizza sono il secondo e terzo cibo più mangiato sul pianeta ma al primo posto c'è proprio il riso con 510 milioni d tonnellate, 155 delle quali solo in Cina. Proprio per questo motivo la ricerca per nuove e innovative soluzioni si concentra su questo speciale cereale. Gli scienziati di tutto il mondo provano a incrociare le varietà più resistenti, nuovi metodi di coltivazione e metodi per accrescere la produzione. Proprio in questo modo nasce il riso perenne.

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La più importante caratteristica di questo cereale, quella che gli dà il nome stesso, è nella semina: il riso "classico" si pianta due volte all'anno, questa nuova tipologia si pianta una sola volta ogni cinque anni. Il nome scientifico del prodotto è PR23, una varietà ibrida che permette ai coltivatori di lavorare meno, guadagnare di più e mantenere alta la qualità del terreno perché meno stressato dall'intervento dell'uomo. In realtà questa varietà nasce nel 1999 grazie alla collaborazione di due importanti istituti di ricerca cinesi. Gli scienziati hanno unito l'Orzya sativa, una varietà asiatica, all'Orzya longistaminata, una varietà africana, dando vita a questa nuova e particolare tipologia di riso. Secondo i ricercatori le prime cultivar "rappresentano un cambiamento radicale".

Fino a qualche giorno fa era però sconosciuta in Occidente perché, con una semina quinquennale, la ricerca deve comunque seguire i ritmi della natura. Gli studi sono partiti nel 2020 e finalmente oggi sappiamo quali sono tutti i pro e i contro del riso perenne.

I pro e i contro del riso perenne

La ricerca è stata pubblicata su Nature Sustainability, una delle più autorevoli riviste scientifiche del mondo, ed è molto netta nei risultati. L'articolo parte da un inconfutabile astratto: "È urgente che i sistemi agricoli si intensifichino in modo sostenibile, aumentando la produttività delle colture, i mezzi di sussistenza degli agricoltori e la salute del suolo utilizzando meno risorse possibili". Secondo Erik Sacks, uno dei principali firmatari del report, la premessa è soddisfatta in pieno. Il riso perenne è superiore al riso "tradizionale" sotto diversi aspetti, a partire proprio dalla resa maggiore. Per i primi cinque anni questa coltivazione fa risparmiare molto lavoro, semi e fertilizzanti, un fattore non da poco perché "il lavoro è spesso svolto da donne e bambini, in questo modo lo si riduce senza usare macchinari che utilizzano combustibili fossili" continua Sacks. Le colture perenni hanno anche importanti vantaggi sulla preservazione dell'ecosistema con una stagione fotosintetica più lunga, che permette di ridurre l'effetto serra e migliorare la qualità dell'ossigeno nell'aria, cosa che (soprattutto in Cina) è una necessità impellente. Le radici profonde di questo riso aumentano la ritenzione di azoto, l'accumulo di carbonio nel suolo e necessitano di minori interventi di fertilizzanti e pesticidi.

Altro punto interessante messo in luce da Nature è il lavoro sulle altre colture: "Dopo oltre vent'anni di sforzi, la coltivazione delle colture perenni è diventata realtà" si legge. La ricerca spinge simultaneamente su riso e grano dimostrando "un buon potenziale di resa, un miglioramento della fertilità del suolo e una riduzione del fabbisogno di input artificiali", inoltre "la gestione semplificata di questi terreni e la riduzione della richiesta di manodopera sono fattori particolarmente importanti perché in molte zone del pianeta la forza lavoro rurale è diminuita a causa della migrazione delle persone verso le città o nuovi Paesi".

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I profitti sono senza ombra di dubbio la parte più affascinante: aumentano, nel peggiore dei casi, del 17%, ma arrivano senza problemi anche al 161% in più rispetto al riso classico anche negli anni in cui il raccolto viene decimato dai parassiti.

Restiamo sui parassiti perché con loro cominciano gli aspetti negativi: la coltivazione semestrale offre ai contadini uno sguardo continuo sullo stato di salute della risaia, con questo nuovo prodotto il controllo viene a mancare. I ricercatori hanno notato lo sviluppo di funghi e altri patogeni, con tanti insetti bloccati nella risaia in grado di trasmettere virus ai germogli. L'assenza di aratura fa crescere molto più erbacce e questo costringe i coltivatore a usare degli erbicidi in più. Abbiamo poi scritto che "per i primi cinque anni" fa risparmiare lavoro alle persone, non a caso: nel secondo raccolto la risemina è molto più dura perché le radici del riso perenne sono molto più profonde. Nonostante tutti i "contro" la ricerca ammette che i "pro" sono di gran lunga superiori e ora la sfida sta nel massimizzare i secondi e abbattere i primi nel rispetto dell'ambiente.

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