Il riso gohan in Giappone è come il pane in Italia: ogni pasto, ogni pietanza, ogni prodotto si accompagna con questa semplice preparazione di riso bollito. Il metodo di cottura è il Pilaf, l'unica tecnica di cottura presente in tutte le culture gastronomiche del mondo. Attenzione alla scelta del riso però: il chicco deve essere tondo, non allungato.
Prima colazione, pranzo o cena che sia, la ciotola di riso è immancabile sulle tavole dei giapponesi. Non si tratta di un luogo comune, né del tipo di riso in bianco che utilizziamo in Italia, ma di semplice realtà che parte addirittura dall’etimologia: Riso Gohan.
Sì, il nome è lo stesso del figlio di Goku, il protagonista di Dragon Ball e l’intento dei traduttori è quello di onorare il mezzo-Sayan. La parola “Gohan” è composta da due sillabe, Go-Han, in cui la prima è intraducibile ed è solo un prefisso onorifico, mentre la seconda significa “Riso in bianco”, ma assume un senso più allargato inteso più come “Pasto”. È evidente quanto questa preparazione sia fondante per la cucina nipponica, paragonabile nel linguaggio al nostro “Pane quotidiano”.
L’utilizzo del riso gohan in Giappone è proprio come quello che in Italia si fa del pane ed è per questo che risulta tanto presente durante i pasti tradizionali, un po’ come i pranzi domenicali a casa della nonna per gli italiani. Questa usanza del riso “accompagnatore” è dovuta al fatto che, proprio come il pane in Italia, il riso gohan si sposa alla perfezione con i piatti della cucina giapponese.
Restando in tema pane-riso basti pensare che gli onigiri, le classiche palle di riso bianco che vediamo negli anime e nei manga, sono utilizzate dai giapponesi come cibo al sacco, esattamente allo stesso modo in cui gli italiani usano i panini.
Preparare questo riso bianco è abbastanza semplice. Lo si può fare con la cuociriso per semplificarsi ulteriormente, la vita ma basta una normale pentola per bollire la pasta. Fondamentale è la scelta del riso, rigorosamente a chicco tondo; in Giappone la qualità di riso usata si chiama shari, una varietà di chicco tondeggiante e panciuta, che tiene perfettamente la cottura e contiene la giusta quantità di amidi. Per le preparazioni della cucina nipponica non è consigliabile usare tipologie di riso allungate. Il riso giapponese in Italia è molto costoso, ma in Lombardia i produttori attenti hanno cominciato a coltivare dei chicchi tondi, ideali per la cucina giapponese anche nel nostro Paese. Nella tradizione italiana, però, sono già presenti dei chicchi adatti al riso gohan: Originario, Balilla, Selenio, Rubino, Ticinese sono ottimi sostituti.
Una volta ottenuta la materia prima, va lavata in acqua fredda e poi posta in una bacinella piena d’acqua. Il riso va tenuto in ammollo finché l’acqua non assume un colore lattiginoso. Questa operazione va ripetuta per tre volte, al fine di pulire il riso al meglio. A differenza delle nostre preparazioni sul riso, che necessitano di tanta acqua, il rapporto per il gohan deve essere pari.
Una volta portata l’acqua ad ebollizione con all’interno il riso, chiudete il coperchio e abbassate la fiamma finché l’acqua non sarà tutta assorbita dal riso: ci vorranno circa 10 minuti. Spegnete quindi il fuoco e lasciate riposare il riso per una decina di minuti. A questo punto il riso è pronto.
Questo metodo si chiama cottura pilaf: si parte dall’acqua fredda fino al completo assorbimento del liquido. Il rapporto è di 50-50 perché usando troppa acqua si rischia di scuocere e far disfare il riso; usando poca acqua si rischia di avere un riso non cotto, ancora crudo al cuore.
Il riso gohan è ideale per accompagnare le pietanze giapponesi ma è ottimo anche da solo, come una ciotola di riso semplice. Molto salutare e dietetica, si può poi arricchire a piacimento.