Riapertura di ristoranti e bar il 18 maggio: protocollo rivoluzionario dell’Emilia-Romagna
Un documento innovativo, oseremo dire rivoluzionario, quello varato dalla Regione Emilia-Romagna per l'apertura prevista il 18 maggio. Resta invariato il comparto asporto e domicilio, ma bar e ristoranti riapriranno con norme molto meno restrittive rispetto a quanto previsto dalle bozze dei documenti del governo. Si attende la risposta di Conte.
L’Emilia-Romagna riapre i battenti: lunedì 18 maggio ripartono bar e ristoranti. La Regione ha emanato un documento completamente diverso dalle bozze emerse in questi giorni: niente più distanza di 2 metri tra i tavoli, niente più obbligo di mascherine e guanti; tantissime restrizioni annullate dai vertici emiliano-romagnoli. La palla adesso è in mano al governo: se Conte non impugna il provvedimento, tutte le altre regioni hanno il diritto a fare lo stesso.
Cosa dice il documento
Alcune cose delle linee guida dell’Inail sono rimaste intatte, come ad esempio il divieto di assembramenti al di fuori dei locali o l’obbligo della prenotazione. Ci saranno i dispenser con gli igienizzanti e una cartellonistica di regole comportamentali da seguire in italiano e in inglese. Tutto si basa sul senso di responsabilità dei clienti e dei ristoratori in un protocollo di regole condivise, redatto dall’assessorato regionale al Turismo e commercio, in collaborazione con la Direzione generale cura e della persona, salute e welfare della Regione, le associazioni di categoria, i sindacati e i Comuni del territorio. Restano invariate le regole per la consegna a domicilio e l'asporto.
Il documento si divide in tre parti, una con le regole condivise e univoche per tutti, una specifica per i ristoranti e una specifica per i bar.
Tra le misure di carattere generale si insiste moltissimo sulla responsabilizzazione dei clienti. L’Emilia-Romagna si affida al buon senso e all’informazione per prevenire comportamenti rischiosi:
Distribuzione dei tavoli per garantire la distanza di almeno un metro tra le persone sedute, anche allo stesso tavolo, salvo le regole sui distanziamenti redatte dal governo. Ergo: se andiamo a cena con un congiunto, possiamo stringerci un pochetto. Questa regola è grossomodo sempre stata presente: anche prima del Covid-19 i tavoli avrebbero dovuto mantenere queste distanza, va da sé che la tradizione della ristorazione italiana ha fatto spazio al buon senso;
per mantenere le distanze si deve favorire la sistemazione all’aperto. A tal proposito la Regione sollecita la concessione da parte dei Comuni di nuove occupazioni di suolo pubblico, compatibilmente col contesto urbano;
sono vietati buffet e self-service;
il personale dovrà indossare le mascherine, dovrà igienizzare le mani in maniera costante e dovrà disinfettare le superfici il più spesso possibile;
mascherine, guanti e disinfettanti dovrebbero essere messi a disposizione degli ospiti che ne fanno richiesta, anche a pagamento. Questa poi è una scelta lasciata ai singoli proprietari.
non è obbligatoria la misurazione della temperatura corporea all’ingresso nel locale per i dipendenti che sono obbligati a restare a casa al sopraggiungere di un qualsiasi sintomo sospetto;
i dipendenti che, sfortunatamente, hanno contratto il Covid-19 possono tornare a lavoro solo con un certificato medico di avvenuta guarigione;
la sanificazione dei locali, dei servizi igienici, dei banchi, degli armadi, dei frigoriferi e dei terminali Pos dovrà essere effettuata almeno due volte al giorno.
Queste sono le regole generali per ogni esercizio. Andiamo a vedere le regole specifiche per i ristoranti e i bar.
Le regole per la ristorazione
I ristoratori hanno diversi obblighi ma sono tutti molto meno stringenti rispetto ai primi protocolli presentati fino a quest'oggi.
All'ingresso deve essere installata un’apposita cartellonistica, in italiano e inglese, per ricordare agli avventori le norme di comportamento da seguire;
per evitare assembramenti è prevista, se possibile, la separazione degli accessi in entrata e uscita, oltre al ricorso a sistemi di prenotazione telefonica e digitale con scaglionamento delle presenze;
assolutamente sconsigliato l’uso di appendiabiti in comune, il servizio guardaroba viene fornito solo se è possibile evitare il contatto tra gli abiti e gli altri oggetti personali dei diversi ospiti, ad esempio gli ombrelli;
i tavoli dovranno avere almeno un metro di distanza tra le persone sedute salvo gli ospiti che appartengono allo stesso nucleo familiare o soggiornino nella stessa camera o albergo;
il personale di sala dovrà, ovviamente, indossare le mascherine in tutti i casi ove non sia possibile mantenere il distanziamento di almeno un metro;
vietati buffet a self-service, mentre è consentito un servizio di selezione di cibi esposti distribuiti dal personale di sala;
si consiglia (quindi non è obbligatorio) l’adozione di menu digitali su dispositivi dei clienti o, in alternativa, si procede alla igienizzazione dei menu dopo ogni uso;
la biancheria da tavolo va sostituita ad ogni cambio di cliente, cosi come l’igienizzazione dei tavoli. Esattamente come nelle norme HCCP;
in bagno si potrà andare evitando assembramenti e, all'interno dei bagni, dovranno essere presenti prodotti igienizzanti;
per saldare il conto è preferibile usare sistemi di pagamento digitali (carte di credito, bancomat, ecc.). In ogni caso davanti alla cassa potranno essere collocate barriere di protezione in plexiglas.
Le regole per i bar
Le linee guida per i bar sono minori perché ricalcano quelle adottate per i ristoranti.
Ingressi contingentati, affissione cartelli informativi, forme di segnalamento a terra, presenza di dispenser con gel igienizzante;
il servizio al banco deve avvenire con il distanziamento interpersonale di almeno un metro;
tassativamente escluso il fai-da-te, i prodotti in vendita (paste, pizzette, cracker, ecc.) dovranno essere serviti dal personale, possibilmente con servizio ai tavoli. Anche qui distribuiti in modo da garantire la distanza di almeno un metro tra i frequentatori;
i tavoli vanno puliti e disinfettati ad ogni cambio di cliente. Si incentivano il take away e la consegna a domicilio;
per quanto riguarda servizi igienici e sistemi di pagamento, anche per i bar valgono le stesse regole dei ristoranti;
le procedure di sicurezza adottate nei locali interni vanno applicate anche per la gestione degli spazi esterni (dehors), con particolare attenzione per il corretto distanziamento tra i tavoli e la loro pulizia e disinfezione.
Le criticità del protocollo dell'Emilia-Romagna
Tra i tanti documenti presentati in queste settimane, quello dell'Emilia-Romagna è sicuramente il più permissivo. Molto più permissivo anche rispetto a quello calabrese: la Calabria è stata la prima regione italiana ad aprire, tra un vespaio di polemiche e l'accusa del ministro Boccia con minaccia di ricorso al Tar. La Calabria ha però attuato norme di sicurezza più stringenti rispetto a queste appena descritte.
Fa strano perché la Calabria ha avuto complessivamente 1.140 casi di Covid-19, con un calo vicino allo zero da circa tre settimane. L'Emilia-Romagna è la terza regione più colpita d'Italia, con circa 27 mila casi accertati. Forse le regole permissive sono un po' troppo permissive e bisognerà vedere come reagiranno le persone, provate da questa tragedia molto più duramente rispetto alle regioni meridionali.
Inoltre il protocollo emiliano-romagnolo è l'unico a non aver avuto un parere da un ufficio tecnico-scientifico al suo interno. L'unico che si avvicina all'ambito medico è quello della Direzione generale cura e della persona, salute e welfare della Regione; l'Inail invece si rifà all'Istituto Superiore di Sanità e all'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Se le regole resteranno queste e quindi Conte non impugnerà il decreto, la ristorazione italiana potrebbe tirare un bel sospiro di sollievo e ripartire, pur col freno a mano tirato, ma con molte più possibilità di sopravvivenza.