Il Laboratorio Folkloristico, cocktail bar in provincia di Napoli, presenta il nuovo menu con due grandi protagoniste: le mele sorbe e le mele ghiaccio. Cosa sono? Dei frutti dimenticati: due varietà di mele "inutili" per la grande distribuzione e che sono in via di estinzione. Con questa nuova drink list il trio di giovani prova ad aprire uno spiraglio ai piccoli produttori locali.
In un mondo che prova a essere sempre più ecosostenibile non possiamo fare a meno di riscoprire la biodiversità della natura. In questo scenario entrano in gioco i "frutti dimenticati", ovvero quelle piante molto antiche che sono state abbandonate o messe da parte per favorire colture più produttive e adatte alle logiche industriali. Molte di queste piante sono tenute in vita solo dalle università per preservarle dall'estinzione e in quest'ottica si è inserito il nuovo progetto del Laboratorio Folkloristico, un cocktail bar di Pomigliano d'Arco, in provincia di Napoli. Il nuovo menu del locale ha due grandi protagoniste: le mele sorbe e le mele ghiaccio. Cosa sono? Dei frutti dimenticati: due varietà di mele "inutili" per la grande distribuzione, ormai in via di estinzione, coltivate solo da piccoli produttori locali.
Il trio composto da Enzo Monda, Francesco Manna e Vincenzo Pagliara ha fatto una serie di ricerche per ritrovare alberi o piante e sfruttare i frutti che vanno al macero, perché invenduti, per creare qualcosa di nuovo nel mondo della mixology e invogliare le persone a cercare altro oltre alle solite cose da supermercato. Vediamo nel dettaglio cosa sono i frutti dimenticati e come sono utilizzati dai tre giovani imprenditori.
Quante volte abbiamo sentito i nostri nonni nominare frutti strani e sconosciuti come la corniola o le corbezzole? Quante volte li avete sentiti lamentarsi perché oggi gli ortaggi non hanno più sapore? Vogliamo rassicurarvi: non sono in preda ai deliri dell'età, hanno davvero ragione loro. Negli ultimi decenni ci sono state tantissime varietà di frutta e verdura mandate volontariamente verso il baratro commerciale a causa dell'aspetto, della forma, del sapore. Gli istituti di agraria tengono in vita queste piante per preservare i semi e la biodiversità della natura ma, di fatto, è come se fossero "inutili": nessuno acquista i loro frutti, nessuno li mangia e quindi finiscono a terra, a marcire. Queste piante sono importanti, hanno accompagnato per secoli la nostra alimentazione, spesso hanno proprietà eccellenti dal punto di vista organolettico ma purtroppo il mercato la fa da padrone.
In Italia abbiamo avuto due esempi di frutti dimenticati e "ritrovati" negli ultimi anni grazie alla buona volontà di chef, bartender e gelatieri in particolare: la pesca tabacchiera e la nespola (che purtroppo arranca ancora) erano in "via d'estinzione" ma sono state recuperate e oggi si trovano spessissimo in giro. Il gusto particolare ha riconquistato una buona fetta di pubblico spingendo i coltivatori a dare una nuova opportunità a queste piante. Il nuovo menu del Laboratorio Folkloristico è visto proprio in questo senso: spingere i coltivatori, i clienti e i colleghi a cercare qualcosa di diverso.
Il progetto che porta alla riscoperta dei frutti dimenticati nasce "un po' di tempo fa" ci dice Vincenzo Pagliara, uno dei tre soci del locale. Il bartender di Acerra, la città della mammarella, ha riscontrato un "problema" nel menu, andando a creare una necessità: "Noi abbiamo il limite, per così dire, della territorialità e quindi siamo costretti a usare solo alcuni frutti. Lavorando sulla stagionalità in Campania il ciclo è sempre uguale, non c'è molto in cui spaziare facendo due menu all'anno. Ho cominciato a cercare frutti diversi dal normale che potessero fare al caso nostro. Ho trovato degli scritti sulla biodiversità regionale e le aziende che collaborano con la facoltà di Agraria della Federico II, dei veri custodi di questi semi antichi".
Il trio "folklorista" si reca così dai contadini che curano queste varietà senza mercato e instaurano una collaborazione con l'Azienda Agricola Del Duca di Sala Consilina, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. L'impresa è gestita dal professor Calicchio e da suo figlio, "ha oltre 200 varietà di frutti antichi che usano per attività vivaistica, studio e per salvaguardare la specie" ci dice Pagliara. Il mercato di questi prodotti è infinitesimale: una parte li tengono per il proprio fabbisogno, un'altra l'hanno data in esclusiva al bar pomiglianese. Il bartender della prima stagione di "Cookist da bere" ha creato "un calendario stagionale" insieme ai Calicchio in cui "capiamo quando, quanti e quali frutti ci sono sugli alberi, utilizzandoli fino a esaurimento scorte. Il menu è partito con due varietà di mele sconosciute, le ‘sorbe' e le ‘ghiaccio', ma cambierà continuamente".
La strada giusta tracciata da nespole e tabacchiere è proprio l'unione tra gli enti, come può essere l'università, i piccoli produttori e gli imprenditori: portare una nuova visione del mondo che ci circonda per realizzare qualcosa di speciale e dare valore a ciò che abbiamo. Proprio per mettere al centro del progetto il frutto dimenticato i drink proposti "sono mono-ingrediente, quindi utilizziamo tutte le parti del prodotto in un'ottica di zero waste. Base alcolica, aromatizzanti o modificanti provengono tutti dallo stesso frutto dimenticato, lavorato con le tecniche che abbiamo sviluppato in questi due anni di attività. Il cocktail non ha un nome se non quello del frutto: ci faremo distillati, succhi, liquori. Giocheremo con i prodotti per mostrare quante cose possiamo fare con quello che, a tutti gli effetti, è uno scarto. A questo aggiungeremo dei reportage fotografici e video per avvicinare i clienti alle realtà agricole. Vogliamo sensibilizzare le persone al consumo della frutta, in particolare di questo tipo di frutta: fuori mercato, strana, insolita. Faremo vedere a tutti gli utenti che la frutta non deve essere per forza della stessa misura, non deve essere per forza lucida e brillante, anzi dimostreremo che un prodotto agricolo più è bruttino, e casereccio, più ricco sarà il suo sapore. Ci sono troppi passaggi nell'industria che influenzano il gusto finale", per questo motivo i nostri nonni non riconoscono più gli ortaggi quando li mangiano.
Non è per nulla facile pensare a un ingrediente che copra tutte le parti necessarie per la costruzione di un drink. La sfida del Laboratorio Folkloristico sta proprio in questo: mettere al centro della proposta qualcosa di sconosciuto per farlo apprezzare davvero al pubblico. Vincenzo Pagliara vuole creare un'esperienza e una sensazione: "Ogni sorso del drink dovrà essere come un morso a uno di questi frutti sconosciuti, solo così le persone potranno incuriosirsi e magari cercare questo prodotto al di fuori del bar".
Nonostante il valore simbolico e tutto il lavoro che serve per realizzare un cocktail con un ingrediente solo, il trio ha deciso di tenere più basso il prezzo di questi speciali drink rispetto agli altri del menu: 6 euro, a confronto di una media che si aggira attorno ai 9 euro. La volontà è chiara fin dall'apertura dopotutto: il Laboratorio non sarebbe stato un semplice bar, ma un fulcro culturale, artistico e divulgativo dell'intera provincia di Napoli, il tutto con un piglio unico nel suo genere. Due anni dopo possiamo dire che i tre giovani bartender stanno riuscendo nell'impresa.