Il ragù alla bolognese è uno dei piatti più famosi al mondo. Nato in Francia come stufato, arriva in Italia grazie al trasferimento del Papa al Vaticano e alla corte Angioina di Napoli. La versione storica prevedeva l'uso dei maccheroni, nel '900 l'esplosione del culto della tagliatella. Il ragù bolognese è uno dei sughi che meglio simboleggiano la gastronomia italiana.
Il ragù bolognese è uno dei sughi più famosi al mondo. In Italia è intoccabile, sacro, da preservare insieme alla Basilica di San Petronio: ma anche all’estero è famosissimo grazie alla narrazione che lo accompagna.
La storia del ragù alla bolognese affonda le radici nel Basso Medioevo ma la sua diffusione in Italia è cominciata solo nel ’800, mentre agli inizi del ’900 ha iniziato a viaggiare in tutto il mondo. Questo perché il ragù alla bolognese è una ricetta semplice da fare, con ingredienti che si trovano (e si trovavano) facilmente anche nel resto del globo. Soprattutto negli Stati Uniti gli emigranti italiani hanno reso questo condimento uno dei più amati della cucina italo-americana con un’unica differenza: in America la ricetta si prepara con gli spaghetti, in Italia è tradizionalmente servito con le tagliatelle all'uovo, ma è usato anche per condire altri tipi di pasta come le lasagne al forno (arricchito con la besciamella) e il tipico piatto povero del passato, la polenta.
La sua storia inizia nel Basso Medioevo, intorno al XII secolo in Francia, lì dove con il termine ragoût un tempo si definivano gli stufati di carne e verdure cotti a fiamma bassa per lungo tempo. Ancora oggi la traduzione letterale di ragoût dal francese non indica la salsa, ma proprio lo stufato.
All’inizio tutto ciò che veniva cotto a fuoco lento era ragoût. Non parliamo di una ricetta nata per caso, ma di uno dei "punti esclamativi" della storia della gastronomia: il ragoût è il piatto per eccellenza della tradizione medievale francese, popolare e non, perché veniva cucinato sia dalle fasce meno abbienti sia dalla corte, ovviamente con ingredienti e tagli di carne diversi.
In Italia arriva grazie a due eventi storici di straordinaria importanza: la Cattività Avignonese e l’arrivo degli Angioini a Napoli.
La storia del ragù in Italia dal 1300 in poi si divide in due strade parallele, una porta verso Napoli, l’altra verso lo Stato Pontificio. La preparazione si diffonde attraverso le cucine della corte angioina (e poi borbonica) napoletana e quelle cardinalizie del Vaticano, ma è ancora un metodo di cottura della carne con notevoli varianti e ingredienti diversi. La cosa certa è che questa preparazione è ancora un piatto a sé stante, non un condimento.
Questo lo sappiamo grazie all’arte: il ragoût è infatti descritto in numerose opere e, soprattutto, dipinto dagli artisti rinascimentali. In particolare Botticelli lo dipinge nel Nastagio degli Onesti, una serie di 4 pannelli che illustrano altrettanti episodi della novella scritta da Boccaccio nel Decamerone. Probabilmente commissionati da Lorenzo il Magnifico, il ragoût è raffigurato in ben 2 di questi pannelli, il Banchetto nel bosco conservato al Museo del Prado di Madrid, e le Nozze di Nastagio degli Onesti, conservato a Palazzo Pucci di Firenze. Per ben 300 anni questo è il ragù, né più né meno, almeno in base ai reperti.
Bisogna attendere il 1773 e il famoso "cuoco galante", Vincenzo Corrado, per scoprire che è nata una variante napoletana dello stufato francese. Lo chef descrive per la prima volta un piatto in cui il ragoût non è una pietanza singola, ma un condimento. Pochi anni dopo Francesco Leonardi, autore de L’apicio moderno descrive la prima ricetta dei "Maccheroni alla Napolitana".
Si tratta ancora di una versione embrionale della ricetta: i maccheroni dopo la cottura vengono conditi con pepe e parmigiano, con sugo di vitello e fatti riposare sopra la cenere calda prima di servirli. Non invitantissimo, vero? Nella seconda versione del ricettario, Leonardi inserisce una nota importante per la storia della gastronomia: consiglia di aggiungere il sugo di pomodoro alla carne stufata. È una svolta ma è ancora un piatto per pochi eletti, tant’è che Puccini nella celebre Bohème lo cita, ma lo usa ancora solo come un intingolo. Negli anni successivi le diverse versioni del ragù conquistano tutta la penisola con parecchie varianti locali sia negli ingredienti del sugo, sia nella pasta.
A Bologna si sviluppa la versione con i maccheroni alla bolognese, senza pomodoro ma con carne di vitello, pancetta di maiale, brodo di carne e l’onnipresente triade di sedano, carota e cipolla. Nel 1891 l’uscita de "La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene", il celebre libro di Pellegrino Artusi che per primo racconta cosa siano i maccheroni alla bolognese. Lo scrittore di Forlimpopoli suggerisce anche alcune aggiunte per arricchire questo sugo come tartufo, fegatini di pollo, funghi secchi e soprattutto la panna che, con il latte, resterà a lungo un dubbio per i cuochi bolognesi. Oltre alla preparazione, Artusi si domanda se questo sugo non sia più gustoso se servito con le tagliatelle o con le lasagne "alla bolognese". Aveva ragione lui. La prima fonte scritta, invece, che riporta una ricetta del ragù servito come condimento per la pasta è un manoscritto di fine Settecento, redatto da Alberto Alvisi, cuoco del Cardinal Barnaba Chiaramonti, vescovo di Imola e futuro papa Pio VII
La trasformazione definitiva del ragù alla bolognese avviene a ridosso della Prima guerra mondiale: i maccheroni sono più difficili da trovare vista la crisi e i bolognesi sostituiscono questo formato con le tagliatelle all’uovo fatte in casa. Nel secondo Dopoguerra, l’ultima trasformazione per la ricetta che è sostanzialmente invariata fino ad oggi: l’arrivo della carne di manzo.
La cosa bella della cucina italiana è che le ricette tradizionali hanno delle piccole variazioni di famiglia in famiglia, ma il ragù alla bolognese è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale e quindi la ricetta è depositata alla Camera di Commercio.
Tritate finemente la pancetta e lasciatela sciogliere in un tegame di terracotta o alluminio spesso. Successivamente unite il brodo con il sedano, la carota e la cipolla, tutto tritato fino, e lasciate appassire dolcemente. Unite la carne macinata e mescolate bene facendola rosolare finché non sfrigola. Il composto va poi bagnato col vino e mescolato delicatamente finché il vino non sarà completamente evaporato. Unite la passata o i pelati e coprite con un coperchio lasciando sobbollire lentamente per circa due ore, aggiungendo all'occorrenza del brodo. Verso la fine della cottura aggiungete il latte per donare cremosità e smorzare l'acidita del pomodoro. A fine cottura aggiustare di sale e pepe a seconda del proprio gusto.