Polenta, legumi, ortaggi stagionali e pesce, soprattutto conservato. Scopriamo insieme i piatti di magro che si preparano tradizionalmente durante il periodo della Quaresima.
Inizia con il mercoledì delle Ceneri e termina con il giovedì santo, giorno che precede la domenica di Pasqua: la Quaresima è il periodo liturgico durante il quale i fedeli si preparano alla solenne festività. Attraverso la preghiera, la penitenza e il digiuno. Tempo di rinunce, dunque, e di astensione dal consumo di carne – in particolare il venerdì -, cibo lussuoso per antonomasia.
Il precetto, tuttavia, può essere esteso a tutti quegli alimenti o quelle preparazioni piuttosto ricchi ed elaborati. Cos'è possibile mangiare durante tale periodo? Il pesce, soprattutto quello più povero, cucinato in maniera semplice (vietati i crostacei più pregiati e i frutti di mare, poiché più costosi), verdure, cereali e legumi, non a caso definiti "la carne dei poveri"; ammessi, ma con moderazione, uova e latticini.
La carne, sia bianca sia rossa, va evitata durante tutti i venerdì del periodo quaresimale, compresi il venerdì santo e il mercoledì delle Ceneri. Oltre a osservare determinate regole a tavola, è importante che i cristiani non abusino di alcol e fumo, e si ritaglino uno spazio da dedicare alla riflessione e alla preghiera. Una tradizione antichissima e la cui trasgressione si pagava a caro prezzo. Basti pensare che, durante il regno di Carlo Magno, chi contravveniva a questa regola veniva condannato a morte. Per evitare punizioni, la vendita della carne venne poi vietata, e a quel punto verdure e pesci poveri iniziarono a farla da padroni.
Ma quali sono i cibi di magro della tradizione italiana? Tra tutti, spiccano il pane – ingrediente di riciclo per eccellenza -, la polenta nelle sue versioni più frugali e la pasta fresca semplice – confezionata con soli acqua e farina -, e quella ripiena con farce a base di erbe selvatiche; zuppe di legumi, minestre con le verdure che offriva l'orto stagionale, sughetti "finti", al posto del classico ragù di carne e infine pesce fresco ed essiccato, soprattutto aringa e baccalà.
Il pesce conservato riveste un ruolo di tutto rispetto: le alici sotto sale, per esempio, sono protagoniste di alcuni dei piatti simbolo della cucina campana. Come la frittata di scammaro, piatto quaresimale e variante di magro della celebre frittata di pasta: gli spaghetti, lessati al dente, vengono conditi con filetti di alici, olive, pinoli e prezzemolo, quindi rosolati in padella con pangrattato e un filo generoso di olio. Scammaro, dal dialetto napoletano scammarare, significa appunto "mangiar di magro".
Così come gli spaghetti poveri, ricetta appartenente alla tradizione contadina: qui la pasta viene semplicemente insaporita con un soffritto di aglio, cipolla e olio extravergine, a cui si aggiungono filetti di alici, peperoncino fresco e olive taggiasche, per un piatto che, a dispetto del nome, regala fragranze e aromi ricchi e irresistibili. Lo stesso dicasi per il baccalà, oggi il re delle tavole d'Italia, un tempo pesce povero dalle mille risorse e virtù.
Tante le preparazioni tradizionali che lo vedono protagonista: mantecato alla veneziana, in umido, alla livornese, con i ceci, alla ligure con le patate e in zimino: in quest'ultima ricetta, a onor del vero, si utilizza lo stoccafisso, ovvero il merluzzo essiccato all'aria, e lo si cuoce in uno squisito sughetto a base di pomodoro e bietole; dall'incontro con la polenta – alimento antico e da sempre presente sulle tavole degli italiani, anche le più sobrie – ne nasce un piatto unico corroborante e sostanzioso, irrinunciabile tanto oggi quanto ieri.
Appartenente alla cucina ligure e nato in tempi assai remoti, il cappon magro nasce con lo scopo di riutilizzare i pesci scartati oppure avanzati dai banchetti nobiliari; con gli anni si è via via arricchito di ingredienti sempre più pregiati e ricercati, trasformandosi così in un piatto talmente ricco e sontuoso da essere destinato ai pranzi di festa e alle occasioni speciali, servito come antipasto o secondo. Sintesi perfetta tra terra e mare, molluschi e crostacei si alternano a verdure (imprescindibile la presenza delle barbabietole) e gallette del marinaio, un pane secco della tradizione marinaresca, ammollato in origine nell'acqua salata.
Dulcis in fundo, impossibile non citare i maritozzi quaresimali, dei panini dolci tipici della cucina laziale e in particolare romana. Dalle origini molto antiche, addirittura risalenti ai tempi dei Romani, queste soffici brioche venivano arricchite con uvetta e canditi (la versione moderna prevede anche una golosa farcitura di panna montata) e offerte l'ultimo venerdì di marzo alle future spose dai propri fidanzati con un gioiello al loro interno.
A Firenze troviamo, invece, il pan di ramerino, un pane dolce di origine medievale, tipico della tradizione toscana. Associato successivamente alla simbologia toscana – il grano e l'uva passa rappresentano vita e comunione, mentre il rosmarino tiene lontani gli spiriti maligni – veniva venduto solo il Giovedì santo e poi benedetto durante la messa; nonostante oggi sia possibile trovarli nei forni durante tutto l'anno, rimangono strettamente legati al periodo della Quaresima e della Pasqua.
A Napoli si mangiano i quaresimali, fragranti biscottini simili per forma e consistenza ai celebri cantucci toscani, arricchiti con pezzetti di cedro candito e spezie varie, come cannella, vaniglia, noce moscata e chiodi di garofano. Confezionati con ingredienti poveri e senza burro, nel rispetto dei dettami prescritti dalla chiesa durante il digiuno quaresimale, in passato erano sfornati dalle monache nelle cucine dei conventi esclusivamente il mercoledì delle Ceneri.
Oltre a quella campana, troviamo altre versioni dei quaresimali, con leggere variazioni su tema: quella toscana, per esempio, in cui i biscotti vengono realizzati a forma di lettera dell'alfabeto e, ancora, quella ligure, più ricca e a base di marzapane, essenza di fiori d'arancio e zucchero fondente.