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19 Marzo 2025 12:31

Quanto tempo passiamo a tavola? Secondo l’Oecd la Francia al primo posto, l’Italia seconda

Stare insieme a tavola è uno dei momenti della giornata che rafforza i legami, lo sappiamo bene in Italia dove trascorriamo in media un tempo molto alto durante i pasti. A spiegarcelo è una statistica dell'Ocse che ci vede, in una classifica, solo dietro alla Francia.

A cura di Enrico Esente
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Quanti minuti passi ogni giorno a tavola? Ognuno gestisce il tempo libero nel modo in cui preferisce ma, se c'è una cosa che di sicuro noi italiani non trascuriamo, è lo stare insieme mentre consumiamo i pasti. A dircelo è una statistica dell'Oecd (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) pubblicata da Statista, un portale che raccoglie i dati di istituzioni che si occupano di ricerche in ambito economico e statale. Secondo lo studio Oecd condotto sulle abitudini di diversi paesi, l'Italia è seconda solo ai cugini francesi per tempo speso a tavola.

Banchettare è una cosa seria: Francia al primo posto, Italia seconda

Secondo i dati Oecd riportati da Statista, i francesi sono la popolazione che più predilige stare a tavola. In media nel Paese Transalpino si trascorrono circa 2 ore e 13 minuti: un autentico record mondiale. Segue l'Italia con le sue 2 ore e 11 minuti. Terzo posto per Grecia e Spagna con 2 ore e 7 minuti.

La cosa che si evince, osservando le prime posizioni di questa curiosa classifica, è che a occuparle siano tutti Paesi mediterranei dove le abitudini alimentari sono in effetti simili. Passiamo in media praticamente il doppio del tempo rispetto ai cittadini statunitensi e canadesi che, all‘ultimo posto della classifica, a tavola ci trascorrono solo 1 ora e 2 minuti. Secondo un report del Dipartimento dell'agricoltura americano, chi vive negli Stati Uniti tende a cucinare sempre meno e a ricorrere più spesso al cibo pronto. Al quarto posto, c'è il primo Paese non europeo: la Corea del Sud con una permanenza media a tavola di circa 1 ora e 45 minuti. Dietro segue la Cina con 1 ora e 40 minuti mentre, al sesto posto, si ritorna in Europa con la Germania con 95 minuti di permanenza media.

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Il sondaggio rivela quindi che gli italiani dedicano  almeno una trentina di minuti in più al giorno allo stare a tavola rispetto alle medie degli altri paesi. Ma cos'è che mangiamo più spesso? Secondo uno studio del Crea (Centro di ricerca alimenti e nutrizione) i cereali e i derivati sono tra gli alimenti più consumati. A tavola c'è sempre almeno un piatto di pasta e del pane, mentre si consumano all'incirca 166 grammi di frutta, 147 di verdure e 9 di legumi. Queste sono quantità inferiori rispetto a quanto raccomandato dagli esperti.

Sì allo slow food, no al fast food

Lo stile di vita frenetico delle grandi città metropolitane, nel corso degli anni ha certamente influito sulle pratiche alimentari dei cittadini che le vivono quotidianamente. Ritmi serrati, poco tempo libero da dedicare ai pasti e chiare ripercussioni su alcuni momenti fondamentali della nostra vita, come il sonno e l'alimentazione, che per causa di forza maggiore vengono sottovalutati.

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Ciò che l'Oecd ha fatto, attraverso questo sondaggio sulla quantità di tempo trascorso a tavola, apre a un ragionamento sulle radici culturali. Nei Paesi mediterranei lo stare a tavola, la convivialità, il piacere di condividere pasti è un'abitudine ben radicata tanto che l'Unesco ha deciso di riconoscere proprio la dieta mediterranea tra i Patrimoni immateriali dell'umanità.

In Paesi come Italia, Francia, Grecia e Spagna il pasto riveste un ruolo che va oltre il concetto del cibo stesso. È durante i momenti a tavola che si rinsaldano i rapporti, che c'è il dialogo, che si instaurano vecchi e nuovi legami. Anche negli ambienti lavorativi, lo stare insieme a tavola potrebbe avere effetti positivi come costruire un team affiatato, imparando ad approcciare meglio con un collega o un superiore. Trascorrere più tempo mentre si mangia, inoltre, potrebbe favorire pasti più equilibrati, mentre quelli veloci potrebbero portare a scelte alimentari meno salutari e a interazioni sociali meno qualitative. 

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Quello che i piatti non dicono
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