I prezzi dei gelati sono in continuo aumento: eppure in pochi immaginano che, nella media, sono ancora al di sotto di quello che dovrebbe essere il costo più corretto secondo due professionisti come Stefano Dassie e Simone De Feo, tra i 30 e i 40 euro al chilo.
Chiunque sia dedito allo scroll dei social, in particolare Instagram o TikTok, si sarà certamente imbattuto in un trend: c’è una persona pronta a uscire di casa, ma nel momento stesso in cui mette il piede fuori dalla porta scatta il conteggio delle spese che farà, arrivando a cifre che la fanno desistere, così da rintanarsi di nuovo tra le mura domestiche. Non si tratta solo di cedere alle tentazioni dello shopping: ciascuno di noi può dire di aver avvertito questa sensazione anche pensando di andare a bere un caffè al bar, di gustarsi una pizza o un gelato. Prodotti che in Italia per lungo tempo hanno mantenuto prezzi popolari, proprio perché tradizionalmente considerati tali, e che negli ultimi tempi sembrano appartenere a un’altra categoria: non più dei “diritti inalienabili”, ma piaceri da concedersi una volta ogni tanto.
Dopo la tazzina di caffè e la margherita, i riflettori sono puntati sul gelato: secondo i dati del C.r.c (Centro di formazione e ricerca sui consumi) pubblicati lo scorso luglio dal laboratorio Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) si parla di rincari tra il 20 e il 30% rispetto al 2021, con il cono piccolo che arriva a 5 euro nel centro di Roma. Stabilire dove finisce l’adeguamento al mercato e inizia la speculazione comporterebbe una vera e propria inchiesta, mettendo sul piatto della bilancia inflazione, differenza del costo della vita nelle città, portata delle materie prime, aumento della domanda e altre variabili. Abbiamo però interpellato due tra i maggiori professionisti del settore per avere un’idea più chiara su quanto dovrebbe essere il prezzo giusto del gelato artigianale secondo chi lo fa, ovvero chi ci mette mani, conoscenza ed esperienza: Stefano Dassie, della storica gelateria di Treviso a gestione familiare Dassie – Vero Gelato Artigianale, con sedi nella marca, ma anche a Milano e Las Palmas e Simone De Feo, anima, insieme a Monica Fantuzzi, dei due store della rinomata Cremeria Capolinea a Reggio Emilia.
Ebbene sì, la risposta che arriva dai due gelatieri è proprio questa, con cifre che praticamente si equivalgono. Per Stefano Dassie, il costo di un chilo di gelato dovrebbe essere “tra i 30 e i 35 euro, arrivando fino a 40", con quello di una porzione da 100 grammi di 4 euro. Nella realtà? "A Milano riesco a venderlo a 28 euro al chilo e 3 euro la pallina, perché ho la fortuna che una città così grande è già preparata a determinate spese, mentre in una città come Treviso, per lo stesso prodotto, devo decidere di abbassare il mio margine di guadagno per venderlo a 2,30 euro (24 al chilo) in centro e 2 euro (20 al chilo) in provincia: parliamo della stessa quantità di prodotto, della stessa qualità e fatto dalle stesse mani”.
Della medesima opinione è Simone De Feo: “L’ideale al kg sarebbe tra i 35 e i 40 euro, sicuramente. E, di conseguenza, 100 grammi attorno ai 4 euro. Adesso io sono a 24 euro al chilo, ma in procinto di aumentare un po'. E la porzione da 100, che in verità sono 110 grammi, attorno ai 3 euro”.
Nell’immaginario collettivo si è portati a pensare che un gelato di qualità costi di più per via di prodotti alla base più ricercati. Nella pratica, è un po' diverso: “il costo della materia prima non è più così determinante come magari poteva esserlo 15 o 20 anni fa. Chi fa un gelato utilizzando materie prime esclusive rispetto a chi ne fa uno di scarsa qualità ha sicuramente una differenza di impatto sul food cost, che però, esagero, è di 50-60 centesimi al chilo”. Spiega De Feo. “Ci sono altri fattori che incidono maggiormente, anche per 10-15 euro al chilo. Ti faccio un esempio: la nocciola, come la facciamo noi, è uno dei gusti per cui spendo di più. La nocciola realizzata da un concorrente, che usa una materia prima scadente, basi pronte, etc, andrà a costare soltanto 50 centesimi in meno. Tutti e due, invece, abbiamo una struttura da dover mantenere che è molto onerosa: costi fissi, tra cui anche il personale, gli affitti e l'energia elettrica”. Rispetto a quest’ultima, continua il proprietario di Cremeria Capolinea “l’aumento è lampante e a bilancio si fa sentire: cinque anni fa spendevo, non so, 1500 euro al mese, adesso mi trovo a versarne circa 4000”.
Stefano Dassie ci fornisce qualche proporzione: “in una pallina di gelato a incidere sul suo prezzo sono per il 25-30% la materia prima, un altro 10-15% è dato dall'affitto, poi abbiamo un personale che con il livello contributivo corrisponde al 30-35%, arrivando anche al 40-45%”. Continua: “L'artigiano non produce a modalità industriale, con macchine che devono realizzare determinati chili di gelato in tot di tempo: non ha logicamente questa preparazione e quindi è portato, pur di mantenere la freschezza, ad accendere la macchina anche più volte durante la giornata, cosa che comporta l’uso di più energia, un bisogno di personale per più ore. Per andare incontro al consumatore decide di aprire la sua gelateria dalle 10:30 del mattino a mezzanotte: significa avere persone per due turni. Infine, c’è anche una questione di stagionalità: per quanto si voglia bene al gelato, si lavora molto bene da marzo a ottobre, mentre gennaio, febbraio, novembre e dicembre tecnicamente cerchi di tenere aperte le gelaterie per dare un servizio, ma si compra di meno, con i costi che salgono”.
C’è da dire che nel 2024 il prezzo del cacao è arrivato alle stelle (mai così alto in 40 anni), causando non poche difficoltà a entrambi: “L'anno scorso il burro di cacao costava 15-16 euro al chilo. Adesso ha raggiunto dei picchi di 87 euro. Acquistare 100 kg di burro di cacao fanno 8700 euro: non me lo posso permettere io, ma non se lo può permettere nessuno che fa il mio lavoro in Italia” dice De Feo, e conferma Dassie: “il cacao che negli ultimi 6 mesi è aumentato del 600% ha avuto una grande ripercussione nel mondo non solo del gelato, ma anche delle cioccolaterie e pasticcerie, e già era un ingrediente caro. Quando fai un gelato ricchissimo di cacao e di cioccolato, lo schizzare del prezzo inizia a essere un problema”.
Perché se un gelato artigianale dovrebbe costare tra i 30 e i 40 euro al chilo, non lo si vende a quel prezzo? Simone De Feo ci dice che è “una questione culturale prima di tutto, appunto perché siamo abituati ad avere un prezzo abbastanza popolare, che però negli anni è sempre meno popolare. E purtroppo è una cosa che subisce tantissimo l'Italia, legata all’abbassamento del potere d’acquisto da 20 anni". Per Stefano Dassie bisognerebbe prendere coraggio, un po’ come si è già fatto ultimamente con “l’aumento del prezzo dei gelati per via dell’alzarsi dei costi di zucchero, latte, cacao, cosa di cui tutti i cittadini sono consapevoli” e apre a un certo ottimismo, osservando che “fortunatamente, al giorno d'oggi il consumatore italiano è abbastanza acculturato su quello che è un gelato buono o meno rispetto agli anni 2000, e quindi decide di spendere qualcosa più”. Infine, De Feo si augura una maggiore unione della categoria: “ognuno guarda al suo orticello, con i concorrenti che sono nemici e non possibili alleati per raggiungere insieme un obiettivo”.