L'inflazione influisce tantissimo sull'aumento dei prezzi dei beni di prima necessità: gli italiani del 2022 sono più poveri rispetto a quelli del 2021 (che già non se la passavano benissimo). Vediamo numeri alla mano quanto l'inflazione abbia pesato sulle nostre tasche.
Ce ne siamo accorti tutti: quest'anno fare la spesa è diventato impossibile. I prezzi dei beni essenziali sono schizzati alle stelle, ci sono aumenti ovunque e in ogni campo, dal ristorante al cinema, passando ovviamente per i supermercati. Il carrello della spesa è diventato più pesante che mai. La colpa di tutto questo ha un nome che spaventa i più: inflazione.
Ma cos'è quest'inflazione e in che modo un vocabolo della finanza internazionale influisce sulla spesa che facciamo tutti i giorni? Cerchiamo di capire cosa sta succedendo intorno a noi.
Il termine "inflazione" deriva dal latino e significa, letteralmente, "gonfiare". In economia si traduce con l'aumento dei prezzi di beni e servizi che genera un calo del potere d'acquisto della moneta. Valore imprescindibile dell'inflazione è il tempo: si parla di questo vocabolo solo su rincari di ampia portata che si protraggono per un lungo periodo riducendo il potere d'acquisto. Questo significa che con 1 euro si possono acquistare oggi meno beni e servizi rispetto al passato. In altre parole, l’inflazione riduce il valore della moneta nel tempo.
Altra cosa importante da tenere a mente per le discussioni sull'inflazione che puoi vedere in tv: a differenza di altri grafici che parlano di numeri assoluti, per questa specifica voce gli statistici hanno messo a punto "un sistema". L'incremento dell'inflazione non è tutto uguale e varia in base all'importanza dei servizi: l'aumento dell'energia elettrica, del pane e del latte incidono molto di più dell'aumento degli orologi di lusso (tanto per fare un esempio) perché questi ultimi non sono beni di prima necessità.
Diamo subito la risposta a questa domanda: l'inflazione è la fetta più grossa degli aumenti di questi mesi, soprattutto sul cibo. Quest'anno la piaga è stata scatenata dalla pandemia (come dal 2020 dopotutto) e dalla guerra in Ucraina. In molti si sono chiesti il perché di aumenti tanto considerevoli, visto che il nostro Paese importa una minima parte di grano ucraino: è colpa dell'inflazione, non dell'importazione.
Stando all'indagine di Eurostat il prodotto più "impreziosito" è il burro, con aumenti fino al 28,5% rispetto allo scorso anno; seguono gli oli non d'oliva con un +19,8%; infine pane, uova e latte tra il 13% e l'8%. Le voci che portano a questo amento hanno a che fare con l'incremento dei costi base: acqua, elettricità, mangimi, fertilizzanti. Può sembrare inverosimile ma la situazione in Italia è anche migliore rispetto a tanti altri Paesi che hanno risentito molto di più dei rallentamenti dell'export di grano e frumento da Russia e Ucraina. Noi abbiamo una grande produzione interna che incrementiamo in larga parte con grani da Grecia e Canada per soddisfare l'oceanica richiesta dei consumatori. Un ruolo più importane ce l'ha avuto invece il mais, non quello per uso umano però: l'Italia importa quasi la metà dei mangimi di cui ha bisogno per l'alimentazione del bestiame, di questo 46% molto viene dall'Ucraina.
L'aumento dei costi ha potato a una flessione molto importane degli acquisti rispetto allo scorso anno: giugno 2022 segna un -3,8% di acquisti rispetto al 2021. La concatenazione dei fattori ha portato all'aumento generale dei prezzi e, di conseguenza, all'impoverimento di tutti noi: come detto in precedenza, lo stipendio è lo stesso, i prodotti sono aumentati, la moneta si impoverisce. Pensa che a giugno, per la prima volta in 20 anni, l'euro ha avuto lo stesso valore del dollaro proprio per questo motivo (nonostante l'inflazione americana sia a valori altissimi, superiori a quella italiana, gli USA al 9,1%, noi all'8%).
Lo sblocco dell'export ucraino dovuto all'accordo tra Nazioni Unite, Turchia, Ucraina e Russia per assicurare i traffici commerciali nei porti del Mar Nero può aiutare tantissime nazioni, soprattutto quelle più dipendenti dalle materie prime dell'Europa dell'Est. I Paesi interessati sono tra i più poveri al mondo e sono quelli che più stanno soffrendo in maniera indiretta questa guerra: le sommosse in Sri Lanka che stanno portando al colpo di Stato sono figlie anche dell'aumento spropositato del pane, e questo è solo uno di centinaia di esempi possibili.
Anche i Paesi privilegiati giovano dell'accordo: Francia, Germania e Spagna importano molti prodotti dall'Ucraina e questo porterà a uno sgravio nel medio termine; anche l'Italia ne giova perché arriveranno 1,2 miliardi di chili di mais per l'alimentazione animale, tantissimo grano tenero che serve alla panificazione e l'olio di girasole che è aumentato così tanto in questi mesi.
Non aspettarti crolli immediati al costo della spesa, serviranno mesi, ma questa è l'unica via che potrebbe portare a un carrello più sostenibile per le tasche di tutti gli italiani.