Una è italiana, l'altra è messicana, ma la loro lontananza non è solo nelle origini. Dagli ingredienti dell'impasto alle farciture, passando per la preparazione, ecco perché le due specialità non sono uguali.
Piadina e tortilla sono due specialità che potrebbero essere facilmente confuse: sono entrambe realizzate con pochissimi ingredienti e nascono come un cibo di tutti i giorni per contadini e agricoltori che nel corso del tempo è diventato un popolare street food. La piadina arriva dalla Romagna, alla base ha un impasto di farina di grano tenero, acqua e sale che nella ricetta originale si caratterizza per la presenza dello strutto. La tortilla proviene dal Messico e si realizza con farina di mais bianco naturalmente senza glutine: la ricetta della tradizione non prevede l’utilizzo di nessun grasso animale o vegetale. Maggiore di diametro la prima, più piccola la seconda, sono entrambe un “pane povero” che ha acquisito sempre più visibilità, superando i confini nazionali. Vediamo nel dettaglio quali sono le differenze tra piadina e tortilla, per prepararle e utilizzarle al meglio in cucina.
Come ci dice il disciplinare “la Piada Romagnola o Piadina Romagnola ha origini antichissime e racconta la storia della gente di Romagna”. Si tratta di un simbolo di questo territorio conosciuto in versioni non codificate già ai tempi degli antichi Romani. Adesso se ne distinguono due tipologie: quella romagnola classica e quella alla Riminese, più grande, sottile e flessibile. La produzione si limita esclusivamente a diversi comuni delle province di Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena. Il nome piada si deve al poeta Giovanni Pascoli, che italianizzò il termine dialettale “piè”. Erano le azdore, le donne di casa, a prepararle ogni giorno a mano.
Anche le tortillas erano una prerogativa femminile, ma ci spostiamo da tutt’altra parte, nel tempo e nello spazio. La tortilla è un cibo già diffuso nelle civiltà precolombiane dei Maya e degli Aztechi del Mesoamerica, che poi si è legato in particolar modo alla cultura gastronomica del Messico: oltre a essere tra i piatti alla base della dieta di queste popolazioni veniva consumata anche durante i rituali religiosi. Sono stati i conquistadores spagnoli a tramandare il termine tortillas, in quanto ricordavano delle piccole torte (da non confondere con quelle di patate, che invece rientrano nel concetto di frittata).
La piadina classica vuole alla base dell’impasto di acqua e sale la farina di grano tenero, anche se le modifiche introdotte al disciplinare nel 2023 hanno ampliato la scelta, introducendo l’uso della farina di grano duro e di farro. Dettaglio importante quello che riguarda la presenza dello strutto, il grasso che caratterizza la piadina “di una volta”, e che può essere sostituito o affiancato dall’olio d’oliva (extravergine o meno). Tra gli ingredienti opzionali spuntano inoltre agenti lievitanti (si trova infatti spesso il bicarbonato di sodio) e l’olio di girasole.
Sale e acqua ricorrono anche nell’autentica tortilla messicana, che vede nella ricetta originale l’utilizzo della masa harina, ovvero la farina di mais bianco che subisce una particolare lavorazione, chiamata nixtamalizzazione: il chicco bollito viene fatto riposare in una soluzione di acqua e calce che e lo rende più digeribile e nutriente prima di subire la macinazione. Allo stesso modo si possono preferire altre tipologie di mais, come quello viola, per dare un colore differente all’impasto come fa la chef stellata Karime Lopez. In Messico il mais è un alimento talmente importante da essere nominato patrimonio immateriale dall’Unesco nel 2010. Sempre in Messico, specialmente quello del Nord, al confine con gli Stati Uniti, oltre alle tortillas de maiz sono note anche le tortillas de harina realizzate con la farina di grano duro. Nella tortilla non sono previsti lievito e olio di oliva, nonostante si possano trovare in alcune ricette casalinghe.
Neppure i dischi di impasto si ottengono allo stesso modo. Una volta formate a mano, le palline della piadina vengono stese con il matterello in diametri e spessori differenti a seconda della varietà che si sta preparando: la piadina romagnola classica ha uno spessore che va dai 4 agli 8 mm con un diametro variabile dai 15 ai 25 cm, mentre quella riminese è più fina (non più di 3 mm) e grande (da 23 a 30 cm). A questo punto, la tradizione vorrebbe la cottura sul testo romagnolo, ovvero una specie di padella piatta in terracotta che è stata progressivamente sostituita da quelle in ghisa o lamiera: la temperatura deve superare i 200 °C e il tempo non più di 4 minuti totali, pena la bruciatura.
Per appiattire le palline della tortilla, invece, ci si avvale di una pressa chiamata comal, in ghisa o in metallo, che quasi tutte le famiglie possiedono come oggetto “vintage”, magari ereditato dalle mamme o dalle nonne. In alternativa il panetto si appiattisce inserendolo tra due fogli di carta forno schiacciandolo a mano e rifinendo con il matterello oppure tra due piatti o due taglieri. Il risultato? Dischi più piccoli di quelli della piadina, tra i 15 e i 18 cm, e con uno spessore di circa 2-3 mm. La cottura anche qui è veloce, pochi minuti per lato in una padella piatta rovente.
Sia la piadina sia la tortilla sono ideali per essere farcite, perché si possono piegare o arrotolare e hanno un sapore piuttosto neutro. La piadina, grazie all’apporto di strutto o di olio d’oliva, tende a risultare più friabile e gustosa, ma questo perché la tortilla spesso si accompagna a cibi molto speziati. La piadina si presta a un assemblaggio di ingredienti: sempre di successo è l’abbinamento tra salumi e formaggi del territorio (prosciutto crudo e squacquerone in primis), ma non mancano versioni alternative, comprese rivisitazioni in chiave gourmet, tipo quella dello chef Massimo Bottura dove sono protagonisti un battuto di lardo di Mora Romagnola, aglio, rosmarino, pepe, e Parmigiano Reggiano 36 mesi grattugiato non troppo finemente.
Le tortillas, invece, diventano lo scrigno per accogliere preparazioni più elaborate con carni marinate e poi cotte come quella di pollo o di manzo, riso, fagioli, cipolle, formaggio e peperoni, e ancora guacamole e jalapeño, per essere portate in tavola in chiave quesadillas ed enchiladas. Sono anche la base su cui si presentano le huevos rancheros, una ricetta spesso servita a colazione con uova fritte e salsa di pomodoro piccante. Spazio anche a burritos, tacos e fajitas, icone della cucina tex-mex dove solitamente si utilizzano le tortilla di grano duro al posto di quelle di mais.