Il pesto si realizza triturando, polverizzando e amalgamando gli ingredienti nel mortaio; il battuto, invece, prevede rigorosamente l'utilizzo del coltello. Ecco tutto quello che c'è da sapere a riguardo.
Pesto e battuto sono due preparazioni in cui ci si può imbattere leggendo i passaggi di una ricetta. Il primo si lega soprattutto a quello genovese, tanto che spesso viene utilizzata la parola “pesto” senza nessun altro tipo di indicazione a riguardo. Il famoso condimento a base di basilico, pecorino, parmigiano, pinoli, olio extravergine d’oliva, aglio e sale è infatti la salsa pestata per antonomasia, ma non è l’unica. Il secondo, invece, entra in scena specialmente come insaporitore, e si riferisce in generale a un trito di verdure, lardo ed erbe aromatiche da utilizzare in ricette che prevedono lunghe cotture, tipo zuppe e sughi. Anche per il battuto, però, la definizione non è univoca, in quanto gli ingredienti che lo compongono sono variabili: per esempio, può essere anche di olive, per realizzare la classica tapenade. Le differenze maggiori tra i due si riscontrano sia nella tecnica per ottenerli, sia nell'uso in cucina. Scopriamo quali sono.
A rendere simili pesto e battuto è senza dubbio il fatto che entrambi sono preparati a crudo, sminuzzando i vari ingredienti per poi impiegarli nel modo che si desidera. A fare la differenza, però, è il metodo con cui si raggiunge il risultato: nel pesto si usa il mortaio, mentre nel battuto il coltello.
Il mortaio può essere in marmo, in legno o in metallo e serve appositamente per spezzettare, polverizzare e poi amalgamare. L’azione che si pratica è proprio quella di pestare all’interno di questo contenitore dal fondo tondeggiante erbe aromatiche, frutta secca, ortaggi avvalendosi del pestello, ottenendo così texture cremose. In tante ricette di salse pestate, al mortaio si sostituisce il frullatore, in quanto più veloce e più pratico da utilizzare, nonché più facile da avere a disposizione.
Oltre quello alla genovese, “pesti” della tradizione sono la salsa di noci ligure, oppure il pesto alla trapanese, con pomodori e mandorle, anche se ormai ne esistono varianti di ogni genere, a seconda della stagionalità (tipo il pesto di zucchine e quello di radicchio) e delle tendenze del momento, basti pensare al pesto di pistacchi e quello di cavolo viola.
Tutte queste salse morbide e avvolgenti sono ideali per condire la pastasciutta, essere spalmate su crostini o fungere da topping finale per dare un twist a un piatto, pizza gourmet compresa. Sebbene il pesto alla genovese sia un must anche nelle lasagne, il consiglio per valorizzare al meglio le proprietà di questi condimenti in purezza è quello di aggiungerli a fuoco spento, così che il calore non alteri profumi e colori.
Per quanto riguarda il battuto, invece, si ottiene tritando i vari ingredienti che lo compongono rigorosamente con il coltello. Quando si parla di battuto solitamente ci si riferisce a un insieme di elementi che avrà la funzione principale di insaporitore da aggiungere all’inizio di una ricetta. Uno dei battuti più usati è quello di lardo con erbe (prezzemolo, salvia rosmarino etc.), aglio e spezie: tagliando finemente il grasso con gli aromi e passandolo sulla parte piatta del coltello acquista una consistenza quasi cremosa, ideale per sostituire o arricchire un soffritto o per dare una spinta di gusto a una zuppa di legumi.
Comunemente, anche carota, cipolla e sedano ridotti a cubetti più o meno spessi vengono definiti battuto di verdure quando si uniscono a lardo o pancetta come base per sughi che hanno bisogno di cotture prolungate, una su tutte quella del ragù. Ed essendo che battuto fa rima con coltello, può essere anche di soli odori tritati, o definire il taglio con cui sminuzzare sottilmente i diversi componenti della tapenade, la salsa provenzale con olive, capperi, acciughe e olio extravergine d’oliva, ottima come guarnizione di tartine.
Una menziona speciale la merita il pesto modenese, ovvero la cunza, un battuto di lardo e rosmarino che si può fare sia con il mortaio sia con il coltello: da gustare sulle tigelle calde o nei borlenghi, le tipiche crêpes emiliane farcite con cunza sciolta e parmigiano reggiano.