Non solo finferli e champignon: dall'Oriente negli ultimi anni sta arrivando un carico di funghi molto interessante. Alcuni sono già popolari, altri ancora di nicchia. Tra shiitake, enoki, maitake, orecchio di Giuda (e non finisce qui) andiamo alla loro scoperta.
Quando si parla di funghi commestibili c’è una parte del mondo che ne sfoggia varietà quasi infinite, alcune utilizzate fin dai tempi antichi in chiave curativa prima ancora di sfruttare le ottime qualità organolettiche. L’Asia, infatti, è una delle patrie d’elezione dei miceti, in particolar modo della loro coltivazione, quando possibile estesa poi anche all’estero. Dagli shiitake agli enoki, passando per i miracolosi reishi, diverse tipologie sono ormai molto conosciute (anche come integratori alimentari): probabilmente non così tanto da fare concorrenza ai prelibati porcini, ma ampliando il ventaglio di piatti da portare in tavola nella stagione autunnale. Facciamo la conoscenza di alcuni funghi asiatici, tra benefici e usi in cucina.
Lo shiitake è un fungo originario dell’Asia Orientale, in particolare Cina e Giappone, che ha acquisito grande popolarità, tanto da essere il secondo fungo più coltivato al mondo dopo gli champignon. Il suo nome giapponese deriva da “shii”, che indica la varietà botanica dei Castanopsis, alberi dove cresce sui ceppi tagliati in decomposizione e “take” che significa “fungo”. Il cappello dello shiitake è marrone scuro con degli inserti più chiari. Uno dei suoi punti di forza è il sapore umami, che unito alla consistenza carnosa lo rende perfetto da consumare sia fresco sia essiccato. È comunemente usato nelle zuppe giapponesi come quella di miso, in quanto ingrediente base del brodo dashi: lo si vede quindi nei piatti a base di noodles e in stufati coreani vegetariani, con tofu e kimchi. Si tratta di un fungo noto per le sue proprietà benefiche, utilizzato anche a livello curativo: oltre a essere ipocalorico, ricco di vitamine e sali minerali, contiene tutti gli amminoacidi essenziali ed è un alleato del microbiota intestinale e del fegato, con azione depurativa.
L'enoki è un fungo che incuriosisce nell’aspetto: arriva dal Giappone, dalla Cina e dalla Corea e resiste molto bene alle basse temperature. Si distingue facilmente per il lungo gambo sottile e il cappello simile a un bottone entrambi di colore bianco candido o avorio, caratteristiche tipiche di questi funghi quando sono coltivati. Crescono in mazzetti da un'unica base (ed è così che si trovano in commercio) e si gustano freschi: hanno un sapore delicato, ma riconoscibile, tra il fruttato e il nocciolato e sono piacevolmente croccanti: si fanno cuocere direttamente nel brodo, per esempio nel sukiyaki, saltati nel wok con altre verdure, oppure usati come ripieno in dei classici involtini del Sol Levante, che li vede foderati di pancetta o manzo e cotti in padella, ideali come finger food. L'enoki ha poche calorie, contiene sali minerali, vitamine del gruppo B e D e antiossidanti.
Conosciuti come wood ear o funghi neri, sono miceti lignicoli che provengono principalmente dalle foreste subtropicali della Cina: per la loro forma appiattita e la consistenza cartilaginea, tra il gommoso e il croccante, ricordano un orecchio umano (la leggenda vuole sia proprio quello dell’apostolo rimasto attaccato all’albero dove si era impiccato). Il colore varia dal marrone al nero, soprattutto quando vengono disidratati e venduti in buste. Hanno un sapore tendenzialmente neutro e sono ampiamente usati nella cucina cinese e vietnamita: aggiungono una texture particolare alle zuppe e ai piatti stir-fry. L’orecchio di Giuda si utilizza anche come rimedio naturale, conosciuto per le proprietà anticoagulanti e venduto in erboristeria in compresse o in polvere biologica per i suoi effetti rilassanti.
Da consumare quando è cotto, il maitake è un altro fungo molto apprezzato per i suoi benefici, oltre a essere usato anche in cucina. Il suo nome in giapponese significa “fungo della danza” per il suo aspetto, che lo vede alla base degli alberi sotto forma di cappelli ondulati di colore grigio-bruno sovrapposti in modo molto coreografico. Si tratta di una varietà autunnale che ama le zone a clima temperato caldo: lo si trova specialmente in Cina e in Giappone, ma anche coltivato negli Stati Uniti occidentali, come la California. In veste di fungo curativo, è un alleato della salute per via della presenza di beta-glucani, che rafforzano il sistema immunitario e mantengono stabili i livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue: per questo lo si acquista anche in farmacia o erboristeria come integratore alimentare. Dal punto di vista del suo impiego in cucina, ha un sapore terroso: lo si fa solitamente rosolare in piatti di verdure o di riso, oppure fritto in tempura, perché diventa molto scenografico.
Il nameko è un fungo tradizionale giapponese, ma si coltiva anche in altre parti dell'Asia orientale: in Cina si chiama huázĭ mó. Lo si riconosce per il suo colore giallo-arancione e per la leggera viscosità che ricopre il cappello e che si mantiene anche durante la cottura: via libera a zuppa di miso, noodles e piatti unici in stile nabemono, con gli ingredienti a crudo che vanno man mano cotti nel brodo. Lo si acquista anche in salamoia, e si può preparare pure trifolato in padella. Paragonato a un fungo italiano, potremmo dire che somiglia ai chiodini o ai pioppini.
I funghi di paglia, detti anche funghi di muschio o straw mushrooms, sono originari delle regioni tropicali e subtropicali dell'Asia sud-orientale, in particolare di Thailandia, Vietnam e Cambogia, dove vengono coltivati a temperature che superano i 35 °C: quando sono giovani hanno un cappello di colore grigio chiaro-marroncino che somiglia a una campana e un gambo bianco, di forma cilindrica e piuttosto carnoso. Il loro sapore ricorda quello della rapa, lievemente piccantino. Possono essere commercializzati freschi, ma più generalmente si acquistano in scatola sottolio o in salamoia, oppure essiccati. Sono una buona fonte di ferro, zinco, acido folico e fibre.
Il termine shimeji si riferisce a un gruppo di funghi appartenenti al genere Hypsizygus, di cui fanno parte le due varietà commestibili più note: il Buna-shimeji, o fungo di faggio marrone, che ha il cappello di colore marrone con una superficie attraversata da venature più chiare e il Bunapi-shimeji, ovvero il fungo di faggio bianco, dalla colorazione candita appositamente ottenuta, con un gusto molto delicato e dolce. Entrambi sono originari del Giappone e della Cina, dove vengono ampiamente coltivati e sono molto versatili in cucina: possono essere usati in piatti stir-fry con pesce, carne e verdure e nelle zuppe. Dopo la cottura la consistenza resta tenace, cosa che li rende particolarmente apprezzati.
Se c’è un fungo al quale vengono attribuite proprietà miracolose questo è il Ganoderma lucidum, conosciuto come língzhī in Cina e reishi in Giappone. Ma non solo: si chiama anche “fungo dell’immortalità” o “fungo degli imperatori”: da sempre la sua storia è legata a quella della medicina tradizionale cinese. Cresce principalmente su alberi di latifoglie nelle foreste umide, il suo cappello è ampio, piatto e di colore rossastro, che sembra sempre lucido (da qui il nome). A differenza degli altri funghi, non viene usato per il suo sapore (che è amarognolo), ma per le sue proprietà terapeutiche (in Italia rientra tra gli integratori alimentari). Il reishi viene consumato in veste di estratto o polvere in tisane e infusi caldi, in quanto è noto per essere un potente adattogeno, utile per rafforzare il sistema immunitario e migliorare il benessere generale.
Concludiamo con uno dei funghi più costosi al mondo, se non il più costoso, visto che può raggiungere i 1000 dollari al chilo: nel periodo di massima disponibilità si “scende” a 100, ma è del 2023 la notizia che tre funghi del peso di meno di 200 grammi sono stati battuti all’asta per 5.900 euro. Facciamo così le presentazioni del matsutake, un miceto antichissimo che arriva dal Giappone e che a prima vista potrebbe sembrare un porcino, ma per il suo profumo intenso e la sua scarsità, lo si associa maggiormente a un tartufo nero pregiatissimo e raro. Chi se lo può permettere? A volte gli chef della haute cuisine, ma sempre in quantità limitatissime: il fungo non è coltivabile, cresce spontaneo solo in simbiosi con il pino rosso locale che, complice un parassita, ne ha drasticamente ridotto gli esemplari.
Abbiamo visto che i funghi asiatici possono essere cucinati in molti modi diversi, a seconda della loro consistenza e del sapore. Una delle tecniche più popolari è quella di ricavare dei brodi gustosi ed eleganti, grazie alla particolare nota umami: usali per ramen e zuppe casalinghi, meno complicati nei passaggi degli originali, ma sempre di grande effetto. Sono perfetti anche come ripieno di ravioli o nei piatti saltati in padella, dove vengono brevemente soffritti con olio di sesamo, di arachide, salsa di soia e aglio, mantenendo una texture più o meno croccante a seconda della varietà: tra le nostre ricette prova i gyoza e gli “yi-mein”, ovvero i noodles della lunga vita. Alcuni si prestano a essere trifolati anche in modo tradizionale, oppure fritti. Quando secchi, vale la regola di reidratarli in acqua tiepida, così da poterli impiegare in sughi e risotti.