Parma e San Daniele sono due prosciutti crudi buonissimi, vere eccellenze. Spesso li confondiamo ma le differenze sono tante: stagionatura, salatura e sapore soprattutto.
Sono così buoni che possono essere gustati "lisci", accompagnati dal vino, come ingredienti in squisite ricette: Prosciutto di Parma e San Daniele sono i due veri giganti della norcineria italiana. Sceglierne uno solo è impossibile: hanno una tradizione secolare che si perde nelle pieghe del Medioevo, un gusto unico e raffinato, apprezzato in tutto il mondo. Il Prosciutto di Parma e il Prosciutto di San Daniele sono due dei prosciutti crudi più famosi e pregiati d'Italia. Entrambi sono prodotti tradizionali con una lunga storia e sono protetti da indicazioni geografiche, il che significa che devono essere prodotti in specifiche regioni italiane e seguire rigorose regole di produzione per poter portare il nome. Pur essendo entrambi prosciutti, non hanno così tanti punti in comune. Entrambi seguono una lavorazione tradizionale che include la salatura a secco, l'asciugatura all'aria e la stagionatura, processi essenziali per sviluppare il sapore, la texture e l'aroma distintivi dei crudi; entrambi hanno il marchio Dop ed entrambi possono usare dei maiali provenienti da allevamenti italiani da dieci regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise); non contengono conservanti o additivi chimici. Sono molte di più le differenze anche se tendiamo (troppo) spesso ad associare i due prosciutti a un prodotto unico. Vediamo insieme tutto ciò che c'è da sapere su Prosciutto crudo di Parma e Prosciutto San Daniele.
Questi sono i due prosciutti crudi italiani per antonomasia ma è importante sapere che esistono molte tipologie di prosciutto crudo, artigianali o prodotte in massa e più o meno diffuse in tutta Italia. Prima di addentrarci nelle differenze proviamo a risolvere a un'annosa questione: è meglio il Prosciutto di Parma o il San Daniele? È una domanda ricorrente a cui è impossibile rispondere, perché la risposta giusta sarebbe: il prosciutto migliore è quello che più ti piace. Dobbiamo anche dire che molti sono convinti che uno sia un tipo di prosciutto e l'altro sia una marca ma non è affatto così. Sono due tipologie che seguono un disciplinare molto stringente.
La più importante ed evidente differenza tra i due prodotti sta nella provenienza geografica. È vero che si possono utilizzare carni provenienti da 10 regioni italiane ma il Prosciutto di Parma può essere poi lavorato e stagionato solo in un'area della provincia di Parma posta ad almeno 5 km dalla via Emilia, a sud di essa, sino ad un'altitudine di 900 metri, delimitata a est dal torrente Enza e a ovest dal torrente Stirone. In parole povere la produzione si estende su tutta la provincia parmense fino ai confini con il reggiano e il consorzio conta quasi 150 aziende aderenti.
Il San Daniele viene invece realizzato solo all'interno dell'omonimo comune, in Friuli Venezia Giulia: San Daniele del Friuli, in provincia di Udine. Ci sono solo 31 aziende nel consorzio e sui prosciutti certificati viene impresso a fuoco il marchio del consorzio di tutela, che comprende il codice identificativo del produttore.
Avendo la stessa materia prima ed avendo (almeno potenzialmente) maiali provenienti dalle stesse regioni, la vera differenziazione nella lavorazione sta nel metodo di salatura. Questa è una delle fasi più delicate di tutto il processo produttivo. La salatura di un San Daniele Dop avviene esclusivamente a secco, con il sale marino. Per il Prosciutto di Parma c'è una salatura doppia invece: la parte esterna è trattata con sale umido, quella interna a secco. Non ci sono conservanti, sostanze chimiche o additivi vari in nessuno dei due prodotti. Facciamo presente che la doppia salatura non comporta un maggior quantitativo di sale nel Prosciutto di Parma ma solo un altro metodo di lavorazione. Secondo disciplinare le percentuali di sale nei due prosciutti sono pressoché identiche.
La salatura diversa porta a una forma diversa: il San Daniele è più allungato e schiacciato perché la coscia viene pressata durante la fase di salatura così da permettere al condimento di penetrare più in profondità e in maniera più omogenea. Altra differenza immediata è la presenza dello zampino, che nel salume friulano è presente. Si dice che il San Daniele abbia una forma "a chitarra", caratteristica imprescindibile per questo salume. Il Prosciutto di Parma è più tondo e termina con un gambo corto.
Abbiamo detto che nel San Daniele è presente lo zampino e da questa caratteristica è facilmente riconoscibile in salumeria o al supermercato. Questa differenza non è solo estetica: la presenza dello zoccolo aiuta il prosciutto a espellere l'umidità. Il San Daniele viene appeso per la zampa così da permettere al sale di scorrere verso la parte inferiore, per questo motivo quella della zampa è la parte più dolce del prosciutto. Tutto questo non avviene nel Prosciutto di Parma anche perché c'è una doppia salatura che permette una omologazione del prodotto già a monte.
La questione territoriale non è importante solo per la tradizione, anzi: in linea teorica è possibile imparare a fare questi prosciutti in tutto il mondo. Ciò che rende veramente unici i due prodotti sono clima e condizioni ambientali uniche dei due territori in cui stagionano. La fase di stagionatura è fondamentale ed è l'ingrediente segreto dei prosciutti: il tempo.
Le due lavorazioni sono diverse: il San Daniele deve riposare almeno 13 mesi dall'inizio della lavorazione; il Prosciutto di Parma ha invece due diverse fasi di stagionatura, la prima avviene nelle scalere e i salumi si asciugano in maniera naturale all'interno di stanze enormi con finestre contrapposte. Solo dopo 7 mesi così vengono trasferiti nelle cantine dove stagionano fino a 12 mesi. Dopo un anno di lavorazione viene apposto il marchio ma ciò non esclude stagionature più lunghe. Solitamente il San Daniele ha il proprio meglio tra i 18 e i 20 mesi di stagionatura; il Prosciutto Crudo è al massimo dopo 24 mesi di stagionatura.
Lo zampino è così caratteristico che il marchio del San Daniele Dop è proprio una coscia con lo zampino stilizzata. Il marchio del consorzio impresso sulla cotenna del Prosciutto di Parma è invece una corona a cinque punte.
In degustazione entrambi i prosciutti devono avere delle caratteristiche comuni, su tutte la presenza di grasso. Il grasso ci deve essere: diffida dai prosciutti crudi magri. Quello di copertura deve essere almeno di un centimetro e mezzo, quello interno, la cosiddetta marezzatura, deve essere presente in sottili striscioline che "tagliano" la fetta. Questa cosa è molto importante perché significa che la coscia è stata selezionata per diventare una riserva e reggere lunghe stagionature. Senza grasso la carne non può stagionare a lungo e quindi anche 12 mesi potrebbero essere troppi. Il grasso deve presentarsi bianco, venato da leggere striature di colore rosa chiaro. La carne deve avere colore rosso-rosato omogeneo, soprattutto nel San Daniele. Un suggerimento importante che possiamo darti è di guardare la "posizione" del grasso sulla fetta, prima del taglio: più è centrale, meglio è perché è lì che passa la vena femorale dei maiali.
Nel San Daniele la fetta non è fibrosa, è molto morbida e deve sciogliersi in bocca in maniera omogenea, senza sfibrarsi. La fetta non deve essere né untuosa né umida. Il profumo deve essere intenso e deve ricordarci quello della cantina, della crosta di pane o di frutta secca tranne che nella parte dove si trova il grasso perché qui l'odore tende a virare verso il latte.
La sapidità e la dolcezza sono molto equilibrati, tranne che nel gambo dove il prosciutto risulta più dolce. In bocca la fetta deve essere vellutata, asciutta e di facile masticabilità.
Discorso diverso per il Prosciutto di Parma dove la fetta deve essere umida. Il profumo deve ricordarci quella della carne stagionata e il sapore deve essere più tendente al dolce con una leggera nota salata. Occhio però che questo vale solo come "primo impatto", all'assaggio: in masticazione la dolcezza deve lasciare rapidamente il posto alla sapidità senza dimenticare comunque che un buon prodotto è tale solo se in equilibrio sensoriale. Anche in questo caso la fetta deve risultare morbida e non deve assolutamente impastarsi. Ultimo suggerimento sul grasso, valido per entrambi i prosciutti: deve sciogliersi abbastanza velocemente sulla lingua se è di qualità.
Il marketing ci trae in inganno perché da anni siamo subissati da campagne pubblicitarie che ci dicono una frase a tambur battente: "Quello dolce è il crudo di Parma" e siamo sicuri che tu l'abbia letta con la suadente voce della réclame. In realtà il San Daniele è generalmente più dolce del Prosciutto di Parma perché quest'ultimo ha il sale umido che si assorbe più lentamente rispetto alla lavorazione a secco. La questione però è del tutto aleatoria perché la risposta davvero giusta è: dipende dalla stagionatura.
In senso assoluto le quantità di sale sono identiche, secondo disciplinare: il San Daniele ha "sale (cloruro di sodio) non inferiore al 4,3% e non superiore al 6,0%", il Prosciutto di Parma ha "4,2% – 6,0%" come percentuali di sale nel prodotto. Non è solo la quantità di sale a determinare la sapidità del prosciutto, anzi. A incidere maggiormente sul prodotto finito è la stagionatura: più è lunga più il prodotto avrà un gusto maturo. Il San Daniele è generalmente più dolce perché in vendita si trova spesso un prodotto stagionato per meno tempo, che ha quindi un sapore più fresco e meno sapido. Se vuoi un prosciutto più o meno dolce non ti consigliamo di sceglierlo in base al consorzio ma in base alla stagionatura.