Pecorino romano e sardo sono molto simili, hanno piccole differenze su formato, stagionatura e provenienza del latte. Curiosità: sono entrambi fatti in Sardegna.
Si fa presto a dire pecorino ma non è così semplice come sembra. Innanzitutto cominciamo col dire che quasi tutto il pecorino, anche quello "romano", di romano non ha nulla. Potremmo addirittura parlare di una "truffa" semantica perché quasi tutto il pecorino romano in circolazione arriva dalla Sardegna. Andando ancor più nello specifico pensa che la Dop del pecorino romano, assegnata a questo formaggio nel 2001, prevede la Sardegna e la Toscana nella zona di produzione: "La zona di provenienza del latte destinato alla trasformazione del formaggio “Pecorino Romano” comprende l’intero territorio delle regioni della Sardegna, del Lazio e della provincia di Grosseto". La sede del consorzio, infine, è a Macomer, in provincia di Nuoro e non a Roma. Ma allora esiste davvero questa differenza? Perché parliamo di due pecorini diversi? Le differenze esistono e riguardano soprattutto la stagionatura e il sapore: il pecorino sardo ha una stagionatura molto variabile, quello romano è generalmente tra i 5 e gli 8 mesi; il gusto poi è abbastanza differente con quello sardo più dolce e burroso rispetto a quello romano, solitamente più salato e intenso. Proprio per questo motivo tendiamo a mangiare il pecorino sardo anche a fette, da solo, mentre quello romano è ideale da grattugiare. Vediamo però tutte le differenze punto per punto tra questi formaggi incredibili della nostra tradizione.
I pecorini sono formaggi molto apprezzati nella cucina italiana per il loro sapore distintivo e vengono utilizzati in una grande varietà di piatti, dalle paste ai piatti gratinati. La scelta tra i due dipende dai gusti personali e dalle preferenze culinarie. Ovviamente entrambi sono fatti con il latte di pecora e la prima distinzione da fare sui due prodotti è questa: il pecorino sardo può essere realizzato solo ed esclusivamente con pecore sarde, quello romano può avere latti laziali, della zona del grossetano o sardi.
Il pecorino, tutto, si distingue in tre categorie diverse in tempo di stagionatura: stagionato e semi stagionato, fresco e cotto. Il sapore, il profumo e la consistenza cambia a seconda del tempo di stagionatura. Questi sono i principali punti comuni tra i due pecorini.
Abbiamo già parlato della provenienza della materia prima ma le differenze sostanziali non si basano sul luogo di nascita e allevamento degli ovini.
Partiamo dalla tipologia perché il pecorino romano può essere lavorato direttamente crudo oppure sottoposto a termizzazione ad una temperatura massima di 68 °C per non più di 15 secondi, ed eventualmente inoculato con fermenti lattici naturali costituiti da un'associazione di batteri lattici termofili. La forma del pecorino romano è molto varia: hanno un'altezza tra i 25 cm e i 40 cm, un diametro tra i 25 e i 35 cm e un peso che può andare dai 20 kg ai 35 kg. Il pecorino sardo viene invece prodotto in due tipologie diverse: maturo o dolce. Il primo è cilindrico e va dagli 1,7 kg ai 4 kg, ha un diametro di 15-22 centimetri e un'altezza tra i 10-13 centimetri. La crosta è liscia e bruna nelle forme stagionate con una pasta bianca che diventa sempre più gialla a seconda della stagionatura. Nella versione dolce abbiamo un diametro un po' più piccolo ed è un po' più basso. La crosta è più liscia, sottile ed è anche più bianca, così come la pasta.
Abbiamo poi detto che il pecorino romano ha un sapore più forte e salato rispetto al pecorino sardo. A causa del suo gusto intenso, è spesso usato come condimento grattugiato anziché consumato da solo. Il sardo ha un sapore che può variare dal dolce al piccante, a seconda della durata della stagionatura. È spesso descritto come più dolce e burroso.
Sia il Lazio sia la Sardegna hanno una tradizione di allevamento ovino che si perde nella notte dei tempi. Il pecorino romano è legato storicamente e anche grammaticalmente al territorio laziale perché qui ha avuto origine ma in realtà si fa quasi tutto in Sardegna già da fine Ottocento.
La svolta l'abbiamo avuta nel 1884, anno in cui il sindaco di Roma (Leopoldo Torlonia) introduce il divieto di salagione del formaggio all'interno della città. I pizzicaroli, ovvero "salumieri" dell'epoca, si attrezzano inizialmente in periferia costruendo delle cantine di stagionatura e salagione ma nel frattempo fanno causa al Comune di Roma. Purtroppo per loro questa causa la perdono ed è un danno enorme all'economia cittadina. Pensa che la richiesta di pecorino è così ampia a metà Ottocento che i pastori sono costretti a comprare il latte da zone vicine (come Grosseto) per soddisfare il fabbisogno del mercato. Persa la causa i pastori decidono di emigrare in Sardegna favorendo così l'introduzione di nuove tecnologie e accrescendo notevolmente la produzione e la conseguente esportazione di questa varietà di formaggio. La maggior parte dei pecorinari si ritrovano a Macomer che ha dei prati perfetti per far pascolare le pecore e ospita già alcuni importanti imprenditori dell'isola. Questi vedono negli "invasori" una risorsa e trasformano le proprie produzioni del fiore sardo in pecorino romano attraverso l'edificazione di nuovi e moderni caseifici contribuendo così enormemente all'evoluzione economica e demografica del Marghine. Questo è l'unico motivo per cui la maggior parte del pecorino romano si fa in Sardegna. Cosa ancor più curiosa è che il formaggio più prodotto in Sardegna è proprio il pecorino romano. Oltre un secolo di produzione, tante rivisitazioni e scambi di idee che hanno portato questa eccellenza "continentale" sull'isola mediterranea e viceversa.