Si tratta dei due materiali più diffusi per realizzare i formati di pasta: una lavorazione che, però, non dà gli stessi risultati sul prodotto finito. Ecco perché sono diversi e se è corretto farne una questione di qualità.
Non c’è dubbio che gli italiani siano dei grandi consumatori di pasta, come non c’è dubbio che negli ultimi anni ci sia anche una maggiore curiosità su come viene prodotta e perché, a parità di ricette, marche diverse portano a risultati diversi. Uno dei momenti clou della lavorazione della pasta è la trafilatura, ovvero quella fase in cui l’impasto di semola di grano duro e acqua prende le forme che conosciamo (penne, fusilli, spaghetti), diventando pasta a tutti gli effetti. Questa operazione si realizza fondamentalmente in due modi: con una trafilatura al bronzo o al teflon. Della prima viene esaltata la rugosità del prodotto finito, perfetto per catturare i condimenti, mentre la seconda è quella che viene maggiormente utilizzata nell’industria, perché più economica e veloce. Vediamo quali sono tutte le differenze.
La trafilatura è una delle fasi della lavorazione della pasta: si tratta del momento in cui il mix di semola di grano duro e acqua viene fatto passare attraverso degli inserti (dette matrici) che ne danno la forma. Il processo avviene per estrusione, dove l’impasto tramite pressione scivola nelle sagome forate e viene spinto verso l’esterno. La pasta è tagliata nella giusta lunghezza da delle lame rotanti, che si muovono più o meno velocemente a seconda del formato che si è scelto. Le matrici non sono tutte uguali: hanno fogge diverse in base al prodotto finito, che sia penne, rigatoni, bucatini o linguine, ma sono anche fabbricate con materiali differenti. I due più utilizzati sono, appunto, il bronzo e il teflon, che non portano allo stesso risultato.
Quella della trafilatura al bronzo è la metodologia più antica con cui si compie questa operazione. Il bronzo è una lega metallica composta da rame e stagno, utilizzata in quanto porta diversi vantaggi, primo fra tutti quello di garantire un’ottima resistenza al calore: in questo modo non si corre il rischio che vi sia una deformazione della matrice al momento dell’estrusione, garantendo una uniformità del prodotto. Ciò significa che gli inserti che danno la forma alla pasta possono essere di bronzo oppure rivestiti di bronzo. Quali sono le caratteristiche di un prodotto che esce da queste trafile? Di norma per usare questo tipo di lavorazione si ha bisogno di una buona semola di partenza: una materia prima iniziale di qualità può essere il presupposto di un prodotto finale altrettanto di qualità, con un profilo nutrizionale migliore e che regge bene la cottura. La pasta si presenta di un colore giallo opaco, è porosa e ruvida, in quanto nel passaggio incontra una certa resistenza, dato che la superficie del bronzo è abrasiva: peculiarità che la portano a trattenere meglio sughi e condimenti. Tutto ciò implica anche un costo superiore rispetto alla pasta trafilata al teflon.
Partiamo innanzitutto capendo che cos’è il teflon, che viene impiegato nella stessa modalità del bronzo, per creare matrici attraverso le quali l’impasto prende la forma prescelta. Il suo nome scientifico è politetrafluoroetilene (PTFE) e uno degli usi più comuni è proprio in cucina, come rivestimento delle pentole antiaderenti, al fine di non far attaccare i cibi. Questo già ci porta a capire che il teflon ha una superficie molto più liscia del bronzo, che l’impasto di semola e acqua quindi passerà a maggiore velocità e che la pasta finale risulterà levigata, quindi non rugosa al tatto come la precedente e di un giallo paglierino più intenso. Questo materiale si è imposto dagli anni ‘70 in poi, ovvero quando la produzione di pasta ha raggiunto grandi volumi di richiesta e servivano rapidità ed economicità: le sagome di teflon costano meno di quelle di bronzo e, in più, non necessitano di una materia prima eccellente. Proprio per questo, spesso la lavorazione al teflon viene associata all'essiccazione ad alte temperature, mentre quella al bronzo all'essiccazione lenta, due dettagli che insieme possono determinare la qualità della pasta: la prima coppia è sinonimo di una fattura medio-bassa, la seconda, invece, richiama a una produzione artigianale, pronta a rifornire anche i ristoranti stellati.
La divisione tra trafilatura al bronzo e trafilatura al teflon è così manichea? In realtà no (ce lo diceva anche una passata inchiesta di Report), perché nonostante i reclami sulle confezioni non è detto che, per esempio, gli stampi di bronzo siano sinonimo di qualità di tutta la filiera di produzione o che un’essicazione veloce sia peggiore di quella lenta. Ci sono delle paste trafilate al teflon, inoltre, che non subiscono per forza un’asciugatura veloce e per questo mantengono maggiormente le proprietà organolettiche della semola di grano duro. Ciò che sarebbe importante è avere descritte, come per ogni prodotto in commercio, informazioni chiare e non ingannevoli, affinché il consumatore possa regolarsi nell’acquisto nel modo più trasparente possibile.