Il prosciutto cotto è il salume che accompagna generazioni di italiani nei viaggi lungo la penisola: un panino in auto durante una sosta è un ricordo indelebile per tutti. Vediamo tutto ciò che c'è da sapere su questo salume dal color rosa pastello: la sua storia, come viene prodotto e le classificazioni ufficiali dei disciplinari.
Il prosciutto cotto è uno dei salumi più famosi d’Italia, uno di quei prodotti che tutti hanno provato almeno una volta nella vita. Accompagna da sempre la vita degli italiani, è riconoscibile all’estero perché apprezzato in tutto il mondo, anche se da noi viene visto sempre con sospetto, come un prodotto di qualità inferiore. Poco importa perché cosa c’è di più bello che mangiare un panino col prosciutto cotto in riva al mare con la propria metà o alla fine del primo tempo, in uno stadio stracolmo, quando si guarda la partita della squadra del cuore? Nulla, ed è per questo che al prosciutto cotto sono legati tantissimi ricordi piacevoli.
Come spesso accade per le cose che si danno per scontate, non ci interroghiamo a fondo su un prodotto. Vediamo dunque tutto ciò che c’è da sapere su questo salume dallo splendido color rosa, con una lunga storia alle spalle e tante piccole curiosità interessanti.
Partiamo dal principio: il prosciutto cotto per definirsi tale può derivare esclusivamente dal taglio anatomico di riferimento, che si chiama infatti "prosciutto". Esattamente come avviene per il prosciutto crudo, anche qui c’è la similitudine con la spalla di maiale cotta.
Quali sono le differenze? In nessun caso può essere utilizzato il termine "prosciutto cotto" per definire specialità salate ottenute da altre parti anatomiche del suino, ivi compresa la spalla. Una cosa importante da tenere a mente è che nessuno dei due è migliore dell’altro, sono semplicemente diversi.
Altra cosa molto importante da tenere a mente la scrive direttamente il Ministero dello sviluppo economico: il prosciutto cotto è un salume non insaccato e parzialmente ricoperto da cotenna. Si divide in tre tipologie distinte:
Tali denominazioni disciplinano la produzione e la vendita del prosciutto cotto su tutto il territorio italiano.
I prosciutti, sia cotti che crudi, sono alimenti dalle origini molto antiche, risalenti addirittura all’antica Roma. Grazie ai tanti ritrovamenti, non ultimi agli Scavi di Pompei e di Ercolano, sono state trovate tracce di gambetti e vere e proprie ricette sull’elaborazione della carne di maiale.
Non è da escludere che la nascita del prosciutto cotto sia addirittura più antica dell’Impero Romano stesso perché, pur essendo un salume, può essere visto anche come un grosso arrosto. I primi a cuocere il maiale in sezioni anatomiche sono stati i popoli del Nord, prima ancora che nascesse l’Impero: non è quindi da escludere che i legionari abbiano acquisito le prime nozioni sulla preparazione del prosciutto cotto dai galli, dai longobardi o da altre popolazioni barbare assorbite gradualmente nel territorio.
Se ci pensate ancora oggi i migliori prosciutti cotti provengono dal Nord Italia: Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. La tradizione non tradisce mai.
In sintesi, per ottenere un prosciutto cotto occorre disossare le cosce di maiale e salarle con una salamoia composta da aromi, sale e una bassissima dose di nitriti per conservare il prodotto. Successivamente avviene la zangolatura, ovvero il "massaggio" alla coscia per distribuire la salamoia tra i tessuti; la pressatura negli stampi e la cottura a vapore. Ci sono anche varianti di prosciutto arrosto, la cui produzione cambia solo per il metodo di cottura.
La lavorazione del prosciutto cotto non è molto lunga, prevede però ben 7 fasi distinte. A differenza del crudo, essenzialmente una coscia di suino stagionata, il cotto non ha ossa, è vagamente rettangolare e ha un colore molto diverso dalla carne a cui siamo abituati, anche dalla carne cotta. Perché tutto questo? Proprio per via della lavorazione.