Coloro che non possono permettersi almeno un pasto completo ogni due giorni sono sempre di più: ecco qual è il quadro del nostro Paese e perché è importante intervenire.
In Italia circa l'8,4% della popolazione – pari a 4,9 milioni di italiani – non può permettersi un'alimentazione sana e completa: un dato che pesa di più se si è disoccupati o inabili al lavoro e con una bassa istruzione e/o si risiede al Sud. Malgrado l'Italia si percepisca da sempre come un Paese avanzato la sperequazione fra chi sta bene e chi non riesce a mettere insieme pasti completi è sempre più preoccupante.
La povertà alimentare è un fenomeno complesso e multifattoriale che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, Italia compresa: si manifesta quando le persone non hanno accesso a cibo sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare i propri bisogni fisiologici. Il rapporto pubblicato da ActionAid – “I numeri della povertà alimentare in Italia a partire dalle statistiche ufficiali” – parla chiaro: il 8,4% dei residenti con almeno 16 anni di età (dati 2021), è in una condizione di povertà alimentare, ovvero 4,9 milioni di persone. La deprivazione alimentare materiale o sociale viene misurata come l’impossibilità di fare un pasto completo almeno una volta ogni due giorni e con l’impossibilità di uscire con amici o parenti per mangiare o bere qualcosa almeno una volta al mese.
L’impossibilità di mangiare fuori casa con parenti o amici almeno una volta al mese ha riguardato invece 2,9 milioni di persone, cioè il 5,8% degli italiani sopra i 16 anni. Una crescita di un punto percentuale dei tassi di deprivazione materiale e sociale – 500mila persone per ciascun indice – rispetto al 2022 e un’inversione di tendenza dopo anni di calo.
A guidare la classifica per aiuti distribuiti è Roma con 152.572 persone, segue Palermo con 115.796, al terzo posto Catania con 81.699; al quarto posto Napoli e i suoi 73.609 beneficiari, Milano è quinta con 62.157, Torino ha visto 49.713 persone chiedere pacchi alimentari, Genova poco sotto con 43.138, all’ottavo posto Reggio Calabria con 31.341, Firenze al nono con 21.452, infine Bologna al decimo con 20.195 persone.
Nel 2023, le città di Catania (27,4%), Reggio Calabria (18,5%) e Palermo (18,4%) presentano i tassi più elevati di beneficiari rispetto alla popolazione residente. Al contrario, nelle città del Centro-Nord, l'accesso agli aiuti alimentari appare meno consistente. Milano e Roma, sebbene presentino un numero assoluto elevato di beneficiari (rispettivamente oltre 62mila e 152mila), mostrano percentuali relativamente basse: il 4,5% e il 5,5% della popolazione residente. Venezia, con una percentuale di beneficiari del 3,1%,risulta la città con il tasso più basso tra quelle analizzate.
Quali sono i fattori che hanno portato a questa situazione? La crisi economica degli ultimi anni ha eroso il potere d'acquisto delle famiglie, rendendo più difficile l'accesso a un'alimentazione sana. Le disparità economiche e sociali influenzano significativamente l'accesso al cibo, con le famiglie più povere e quelle con figli a carico maggiormente a rischio. L'inflazione e l'aumento dei costi delle materie prime hanno reso il cibo meno accessibile per molte famiglie: probabilmente il fattore che ha pesato di più. Infine, la pandemia da Covid-19 ha aggravato la situazione, aumentando la disoccupazione e la precarietà lavorativa e creando un quadro dal quale fatichiamo a uscire anche dopo 4 anni dallo scoppio della pandemia.
Questo dato indica che l'8,4% della popolazione italiana vive in una condizione di insicurezza alimentare, ovvero non ha accesso costante a cibo sufficiente, sicuro e nutriente per soddisfare le proprie esigenze fisiologiche. Le persone in questa situazione sono costrette a fare scelte alimentari compromesse, optando per prodotti meno costosi ma spesso meno nutrienti, o riducendo le porzioni. Un'alimentazione inadeguata ha conseguenze negative sulla salute, aumentando il rischio di carenze nutrizionali, obesità, malattie croniche e un generale peggioramento dello stato di benessere.
Chi vive in condizioni di povertà alimentare spesso si sente emarginato e isolato, con un impatto negativo sulla propria autostima e sulla qualità della vita; nei bambini, inoltre, la malnutrizione può causare ritardi nello sviluppo fisico e cognitivo, con conseguenze a lungo termine sull'apprendimento e sulla produttività. Non dimentichiamo che il diritto al cibo è un diritto fondamentale riconosciuto a livello internazionale dall'articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Tutto questo, oltre a essere disumano, va a pesare sul sistema sanitario nazionale, un sistema che è sicuramente da migliorare, ma anche da tutelare. Un'alimentazione di qualità, infatti, significa meno malattie e meno spese per il nostro SSN. La povertà alimentare genera costi elevati per il sistema sanitario, assistenziale e sociale, a causa delle maggiori spese per cure mediche e assistenza.